Genova
Città della Liguria. Centro principale dei liguri genuates, G. si sviluppò come emporio marittimo a partire dal 5° sec. a.C.; la ricca necropoli, e altri ritrovamenti, mostrano gli intensi rapporti che ebbe col mondo greco, etrusco e punico. Nel 218 a.C. vi sbarcò Publio Cornelio Scipione per fronteggiare l’invasione di Annibale nella Valle Padana; nel 205 fu distrutta dai cartaginesi per essere stata fedele ai romani; costituì nel 2° sec. una base delle operazioni militari dei romani contro i liguri. Divenne, non sappiamo quando, municipio (Genua). Oltre che base navale fu centro importante di traffico dopo la costruzione delle vie Postumia (148 a.C.) e Aemilia Scauri (109 a.C.). Sede vescovile probabilmente sin dal 3° sec., G. fu conquistata nel corso della guerra greco-gotica (535-553) da Belisario e rimase a lungo bizantina, anche dopo la invasione longobarda. Tra il 642 e il 644 se ne impadronì Rotari e nel successivo periodo longobardo la città riacquistò lentamente la sua importanza marittima in funzione di capoluogo del ducato di Liguria; in età carolingia fu sede di contea e si segnalò nella lotta contro i pirati saraceni, le cui incursioni danneggiarono gravemente la città nel 930 o 931, 934 e 935. Con la dissoluzione dell’impero carolingio, la contea di G. divenne la Marca Obertenga; rappresentati da un visconte (da Ido, che appare nel 952, derivò la più antica nobiltà genovese degli Embriaci, Vento, Spinola ecc., che dominarono ben presto sulle valli del contado), i marchesi Obertenghi dovettero tuttavia riconoscere ai genovesi, sin dal 958, consuetudini e possessi tradizionali e lasciare fin dall’inizio al vescovo parte delle responsabilità amministrative entro le mura cittadine, ricostruite a difesa contro gli arabi nel 10° secolo. Nel 1056 l’accordo tra il vescovo e la nobiltà d’origine viscontile e la conseguente rinuncia dei marchesi alla propria giurisdizione diedero origine all’autonomia cittadina, mentre le antiche compagnie (compagnie commerciali di rione) si trasformarono in organismi amministrativi e militari autonomi, sino a formare nel corso del sec. 11°, con la loro finale convergenza in un unico organismo rappresentativo, il libero Comune. Questo si affermò rapidamente come grande potenza commerciale, fondando il proprio sviluppo sull’indipendenza politica (prima dai marchesi, poi dall’impero), sull’incontrastato possesso delle coste liguri e sul controllo dei valichi verso l’interno: premesse necessarie alla progressiva conquista dei mercati dell’Occidente. Nel frattempo le compagnie organizzarono, in alleanza coi pisani, le prime imprese marinare nel Mediterraneo e alla fine del secolo, col successo delle crociate private (1097; 1098-99 di Guglielmo Embriaco) e della prima crociata ufficiale del Comune (1° ag. 1100), diedero inizio all’espansione coloniale genovese nel Medio Oriente. Fino al 1162 la politica del comune si fondò sull’alleanza coi normanni; nel 1162 un trattato stipulato con Federico Barbarossa assicurava a G. l’infeudazione della Riviera; nello stesso anno venne costruita una nuova cinta di mura, a testimonianza della crescente espansione della città. Con Enrico VI (1191-97) i genovesi parteciparono alle spedizioni che diedero alla casa di Svevia il possesso della Sicilia, rimanendo tuttavia delusi nelle proprie aspirazioni, finché, all’inizio del 13° sec., durante la minorità di Federico II, G. poté affermare la sua egemonia sull’isola, per farne la base del suo predominio nel Mediterraneo centrale, in concorrenza coi pisani, che a lungo le contesero il dominio sulla Sardegna e sulla Corsica, e in antitesi con quello di Venezia sul Mediterraneo orientale. Nel frattempo, con l’istituto della podestà, al disopra del consolato collegiale ed ereditario (1191), si tentava di equilibrare lo scontro interno alle forze cittadine; ma pochi anni dopo, con la definitiva vittoria del Comune sui feudatari del contado costretti a inurbarsi, le discordie si aggravarono, esprimendosi politicamente nell’antagonismo fra i partiti guelfo (i Rampini) e ghibellino (i Mascherati). Il primo prevalse durante il regno di Federico II, che vide G., alleata a Venezia e al pontefice, soccombere per mare presso l’Isola del Giglio (1241), poi risorgere rapidamente e imporre la sua volontà nel Concilio di Lione (indetto dal genovese Innocenzo IV), nel 1245. Dopo la morte dell’imperatore (1250), contro il dominio delle vecchie e nuove casate feudali (Fieschi, Grimaldi, Doria, Spinola) guelfe o ghibelline, si affermò la borghesia che nel 1257, capeggiata da Guglielmo Boccanegra, istituì il capitano del Popolo. Ma il tentativo compiuto dal Boccanegra di usare i poteri dittatoriali per un governo al disopra delle classi sociali venne frustrato, e la magistratura del capitano del Popolo abbattuta (1262; ma ebbe ancora esistenza saltuaria sino al 1447, quando fu definitivamente abolita). Intanto, dopo il Trattato del Ninfeo (1261), continuava la guerra con Venezia, che si concluse nel 1263 con la sconfitta genovese a Settepozzi e la tregua di Cremona. Nel 1270 s’instaurò, per un quindicennio, la «diarchia» dei capitani del Popolo Oberto Doria e Oberto Spinola, mentre la potenza marittima della città si affermava sovrana nel Mediterraneo, contro gli Angioini, la Chiesa e la Repubblica di Pisa: quest’ultima, sopraffatta nella battaglia navale della Meloria (6 ag. 1284), fu costretta nel 1300 alla pace definitiva che consacrava il dominio di Genova nel Tirreno. Anche Venezia fu sconfitta nelle acque delle Curzolari, l’8 sett. 1298; ma la vittoria non poté essere sfruttata politicamente dai genovesi, spossati dallo sforzo militare compiuto, nella Pace di Milano, conclusasi grazie alla mediazione di Matteo Visconti (1299). Nel 1311 la città si diede in signoria all’imperatore Arrigo VII; ma già nel 1318 i guelfi, guidati dai Fieschi e dai Grimaldi, s’impadronirono del potere, con l’aiuto di Roberto re di Napoli (che neutralizzò ancora un ritorno offensivo dei ghibellini, capeggiati dagli Spinola e dai Doria e soccorsi da Castruccio Castracani, nel 1324). Il 23 sett. 1339 il movimento antinobiliare si concluse con la nomina a signore e doge a vita di Simone Boccanegra; iniziava così il periodo dei dogi perpetui, che sarebbe durato sino al 1528, turbato dalle lotte tra le famiglie nobiliari che, sebbene escluse dal dogato, continuarono ad avere un peso determinante nella politica cittadina, portando in essa le contrastanti influenze di Milano e di Francia. La sconfitta di La Loiera (Alghero), inflitta da veneziani e aragonesi alla flotta genovese, indusse G. a darsi in signoria a Giovanni Visconti di Milano (1353); intanto i re d’Aragona le tolsero il possesso della Sardegna. Cacciati i Visconti già nel 1356, si affermò il governo popolare; il quale non riuscì a superare il confronto armato con Venezia nella guerra di Chioggia (1378-81), a conclusione della quale la Pace di Torino, se lasciava Tenedo ai genovesi, li trovava allo stremo delle loro forze. Così, dal 1396 al 1409, si ebbe il dominio francese (governatorati di A. Adorno e di J. Boucicault) e dal 1421 al 1436 la signoria viscontea; intanto G. perse le colonie, abbandonate a sé stesse, e la vittoria di Ponza (1435) contro Alfonso il Magnanimo d’Aragona non cambiò la situazione; la caduta di Costantinopoli in mano turca (1453) chiuse invece la grande politica coloniale della Repubblica che, sebbene rimanesse sempre emporio preminente del commercio mediterraneo, specie con le coste iberiche e africane, cessò di esistere come potenza navale. Fallito il tentativo francese, nel 1459-61, d’impadronirsene, dal 1464 al 1466 si ebbe in G. la signoria di Francesco I Sforza, al quale il Banco di s. Giorgio aveva ceduto anche (1463) il governo della Corsica (l’isola, in stato di continua ribellione, fu nuovamente ceduta al Banco venti anni dopo); i duchi di Milano si mantennero in G. pur tra congiure e rivolte sanguinose, sino al 1499 (tranne nel decennio 1478-88), quando i Fieschi consegnarono la città ai francesi di Luigi XII (sino al 1506). G. seguì da allora in poi le fasi alterne delle lotte franco-imperiali per il predominio in Italia, durante le quali venne saccheggiata spietatamente dalle truppe imperiali (1522) e il celebre ammiraglio Andrea Doria, passando dalla parte francese a quella di Carlo V, ottenne il riconoscimento dell’autonomia alla città, di fronte alla quale si presentò in veste di liberatore (sett. 1528). Fu allora introdotta una nuova Costituzione (dei dogi biennali), con prevalenza della vecchia aristocrazia, ma con larga parte alla nuova di origine borghese, iscritta al liber civitatis. Andrea Doria poté mantenere il suo potere all’interno contro le congiure di G. Luigi Fieschi (1547) e di Giulio Cybo, e l’indipendenza della repubblica contro le pretese di Carlo V; ma i suoi successori non seppero impedire l’occupazione spagnola del marchesato di Finale (1598), che G. avrebbe riacquistato solo nel 1713; e a fatica riuscirono a recuperare la Corsica sollevatasi sotto Sampiero da Bastelica (1564). In seguito, il pericolo più grave per l’indipendenza della Repubblica fu costituito dalle mire annessionistiche dei Savoia: ma Carlo Emanuele I tentò invano di conquistare la città nel corso della guerra della Valtellina e del pari fallirono le congiure, promosse dai Savoia, di G.C. Vachero (1628) e di R. Della Torre (1672), quest’ultima nel corso della guerra tra G. e Carlo Emanuele II, terminata favorevolmente per G. con la mediazione di Luigi XIV (1673). Nel 1684 la città, che aveva rifiutato di disarmare la propria flotta secondo le intimazioni della Francia, resistette eroicamente al bombardamento ininterrotto cui la sottopose dal mare, tra il 18 e il 28 maggio, la flotta francese; ma, isolata diplomaticamente, l’anno successivo dovette cedere alle richieste del re e inviare il suo doge a umiliarsi a Versailles. Cominciò da questo momento un lungo periodo di legami sempre più stretti con la Francia. La Corsica insorse nel 1729 e rimase in armi quarant’anni, con alterne vicende e con l’intervento austriaco prima (durante la guerra di successione polacca, fino al 1737) e francese più tardi; nel frattempo l’alleanza con i franco-spagnoli durante la guerra di successione austriaca conduceva nel 1746 all’occupazione della città da parte degli imperiali, che dovettero però uscirne per la rivolta popolare, secondo la leggenda iniziata da Balilla, il 5 dicembre dello stesso anno. Aiutata dai francesi, G. poté resistere successivamente all’assedio austriaco e ottenere in compenso, per la Pace di Aquisgrana (1748), il riconoscimento del possesso della Corsica; ma il successo dell’insurrezione di Pasquale Paoli determinò infine la cessione dell’isola alla Francia, il 15 maggio 1768. Nel maggio-giugno 1797 la Repubblica aristocratica finì, sotto la pressione di Bonaparte. Da allora la nuova repubblica democratica seguì le sorti della politica francese: il governo di L.E. Corvetto, l’assedio del 1800 sostenuto da A. Massena, la riorganizzazione amministrativa di C. Saliceti e infine la diretta annessione all’impero costituirono i principali momenti di questo periodo storico. Il Congresso di Vienna, fatto fallire il tentativo di G. Serra di restaurare la vecchia repubblica, assegnò G. ai Savoia che l’occuparono ai primi del genn. 1815. Il gretto e oppressivo conservatorismo dell’amministrazione piemontese fece della città, nei decenni seguenti, un centro di azione antigovernativa, talvolta sfociante nel radicalismo repubblicano (1849-50). Sotto Cavour, G. perdette il porto militare, rimanendo tuttavia il principale emporio marittimo del Piemonte: e tale rimase anche dopo l’incorporazione nel nuovo Stato italiano (1861), potenziando in esso la sua naturale funzione economica, attraverso un rapido progresso industriale e commerciale. Occupata militarmente dai tedeschi dopo l’8 sett. 1943, G. fu la prima città dell’Italia settentrionale a insorgere contro l’occupazione il 24 apr. 1945, costringendo la guarnigione tedesca alla resa incondizionata prima dell’entrata delle truppe alleate, avvenuta il giorno 27.
Furono colonie commerciali, consistenti in una parte di città o in un quartiere abitati da mercanti; indipendenti dai governi locali, furono amministrate dal console o viceconsole o visconte eletto sul luogo o inviato dalla madrepatria; sorsero tutte per privata iniziativa di mercanti o di società mercantili (le celebri maone). Nel sec. 15° allo Stato o alla maona si sostituì nel governo delle colonie il Banco di s. Giorgio, che si occupò anche della difesa militare ed ebbe le funzioni d’armatore di flotte. L’espansione coloniale genovese ebbe inizio con la concessione, fatta da Boemondo di Taranto, di larghi privilegi commerciali ad Antiochia, in cambio degli aiuti durante l’assedio della città nella prima crociata (1097-98); per il concorso militare fornito a Baldovino re di Gerusalemme per l’acquisto di Cesarea (1100), i genovesi ottennero la terza parte di Cesarea, Arsuf, Acri e un quartiere in Gerusalemme e in Giaffa; più tardi fondarono colonie, tra l’altro, a Tripoli e a Tiro. Questa rimase il centro principale e la sede del console genovese in Siria, anche dopo la caduta di Gerusalemme (1187). Le colonie di Siria attiravano una parte notevole del commercio carovaniero dell’Asia centrale e orientale (armi, broccati, mussole, sete, essenze, indaco e porpora ad Antiochia; perle e oro ad Acri; canna da zucchero a Tiro e Beirut). Alla metà del 13° sec., con la rovina degli Stati cristiani in Siria e l’avanzata turca, le colonie in quella regione andarono perdute e incominciò lo spostamento dell’attività colonizzatrice di G. verso le coste dell’Asia Minore, in competizione con Venezia e Pisa; col Trattato del Ninfeo (1261), la Repubblica pose le basi della sua potenza coloniale nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero con la fondazione di quella che sarebbe stata poi Pera e Galata (Costantinopoli), anello centrale della catena di possedimenti che condussero la Dominante fino al Mar d’Azov. Le colonie di Cipro, Chio e Caffa (nella penisola di Crimea, chiamata dai genovesi Gazaria) costituirono le basi fondamentali dell’espansione commerciale di G.; la più avanzata verso Oriente era la colonia di Tana (Azov), da dove i genovesi si spingevano verso il Caucaso. Ma i mongoli di Tamerlano prima e i turchi poi, avanzando verso l’Occidente, s’impossessarono delle colonie europee; caduta Costantinopoli (1453), G. perse Galata; Trebisonda cadde in mano turca nel 1461, Caffa nel 1475; caddero anche le colonie nel Mar Egeo; sopravvisse solo Chio, che divenne turca nel 1561. Bugia e Ceuta in Africa settentrionale erano da lungo tempo perdute.