geologia
La scienza che studia la Terra
Ripercorrere a ritroso le tappe della geologia conduce in ultimo a considerare le radici del rapporto dell'uomo con l'ambiente in cui vive. Un percorso intellettuale bimillenario, alimentato dal confronto tra forza del mito e pensiero razionale, ha preparato il terreno per la nascita delle moderne scienze della Terra. L'ampiezza e le caratteristiche delle problematiche affrontate fanno, oggi, di questa disciplina un campo fondamentale sia per l'approfondimento della conoscenza della natura sia per la tutela e il miglioramento della qualità della vita sul Pianeta
Da sempre l'uomo si è dovuto confrontare con la natura: per difendersi dagli eventi naturali dannosi; per conoscere il territorio dove poter costruire i villaggi e sviluppare le attività agricole e poi artigianali; per reperire materie prime necessarie alla costruzione di armi, manufatti e abitazioni. La necessità di osservare l'ambiente, in particolare la superficie terrestre e le sue forme, nasce con questo tipo di esigenze.
Anche se il termine geologia ‒ la scienza che ha come oggetto di studio la struttura, la forma e l'evoluzione della Terra ‒ è relativamente recente, già in tempi molto antichi fiorirono considerazioni su fenomeni di natura geologica.
In epoca greco-romana cominciarono interpretazioni dei fenomeni naturali che fino ad allora erano stati spiegati ricorrendo all'intervento di varie divinità. Per un lungo arco di tempo, circa 2.000 anni, le interpretazioni di tipo naturalistico si accompagnarono comunque a rappresentazioni condizionate da pregiudizi mitico-religiosi, alimentati, anche in epoca cristiana, dalla tradizione biblica.
Terremoti, eruzioni vulcaniche, origine delle montagne, dei minerali e dei fossili sono stati argomento delle dissertazioni dei filosofi greci presocratici. Aristotele fu poi il primo a dedicare un'intera opera, i quattro libri sulla Meteorologia, ai "fenomeni che si verificano secondo natura". Con la sua autorità di pensiero, egli inaugurò una tradizione, fertile anche in epoca romana (per esempio le Questioni naturali di Seneca), che grazie all'intervento degli studiosi arabi (Avicenna in particolare) giunse fino al Medioevo.
Bisogna tuttavia attendere la seconda metà del 16° secolo affinché cominci a farsi strada un metodo di studio simile a quello moderno. Il tedesco Georg Agricola, un naturalista a tutti gli effetti, nell'introduzione alla sua opera sull'estrazione dei minerali, De re metallica (L'arte dei metalli), dichiara: "Io non ho scritto cosa niuna la quale io non habbia veduta, o letta, o con accuratissima diligenza esaminata". Quando Nicola Stenone, nel secolo successivo, ricostruendo le vicende geologiche della Toscana, afferma: "lo stato attuale di una certa cosa svela lo stato passato della medesima cosa", il lungo percorso che conduce a una disciplina scientifica autonoma è quasi del tutto compiuto.
L'affermazione di Stenone si può considerare equivalente a quella che sintetizza il principio dell'uniformismo (o attualismo): "Il presente è la chiave del passato". Questo principio, impostosi definitivamente nel 19° secolo, rappresenta un concetto fondamentale per la geologia moderna. I fenomeni geologici avvengono con gradualità e in tempi lunghi; le condizioni che li determinano sono in senso lato cicliche, ciò che oggi è causa di effetti geologici lo è stato anche nel passato. Fu lo scozzese Charles Lyell a formulare in modo sistematico questi argomenti nel suo Principles of geology ("Principi di geologia"), il primo testo di geologia, pubblicato nel 1833.
D'altronde da Stenone a Lyell il contesto scientifico era completamente cambiato. Nella seconda metà del Settecento la nascita in Europa di varie accademie minerarie, sollecitata anche dalla necessità di sostenere l'espansione dell'industria del carbone, aveva favorito la diffusione degli insegnamenti sulle 'teorie della Terra'. In Gran Bretagna, James Hutton, anche lui scozzese, attraverso rilevamenti sul terreno aveva già sviluppato gli elementi dell'attualismo; nel 1807 era stata fondata la Geological society di Londra; nel 1815 era stata pubblicata una carta stratigrafica e litologica dell'Inghilterra e del Galles. Nello stesso periodo, in Francia, gli studi di anatomia comparata di Georges Cuvier avevano ampliato gli orizzonti della paleontologia dei vertebrati.
L'osservazione del diverso contenuto di fossili in alcune successioni stratigrafiche diede origine a una teoria, poi chiamata del catastrofismo, secondo cui il corso delle vicende geologiche del Pianeta era controllato da periodici eventi catastrofici (inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche). Il dibattito tra sostenitori del catastrofismo e dell'uniformismo fu serrato. Le implicazioni erano innumerevoli, e non soltanto di carattere scientifico (il catastrofismo consentiva, per esempio, di collocare in qualche modo il diluvio universale biblico). Prevalse tuttavia il principio dell'uniformismo, grazie alle molteplici prove a sostegno della lunga età della Terra e alle teorie dell'evoluzionismo biologico; l'uniformismo peraltro presentava anche il vantaggio di non escludere la categoria degli eventi catastrofici tra le cause degli effetti geologici.
Verso la fine del 19° secolo il nuovo ruolo della geologia consisteva nel raccogliere e coordinare i risultati ottenuti dalle altre discipline scientifiche sui vari aspetti del pianeta Terra. Si ottennero informazioni riguardo alla sua struttura interna grazie alla sismologia e allo studio della propagazione in profondità dello onde sismiche, e si svilupparono le prime grandi sintesi sull'origine delle catene montuose, come quella prodotta dal geologo austriaco Eduard Suess per le Alpi, avvalendosi di dati stratigrafici e tettonici.
Prima che si affermassero le moderne teorie orogenetiche, il problema dell'origine delle terre emerse fu uno dei più dibattuti. I modi vari in cui studiosi appartenenti a differenti epoche cercarono di spiegare la morfologia della superficie terrestre (geomorfologia) si possono, in ultima analisi, ricondurre a due categorie. La prima, quella del nettunismo, raccoglie tutte le teorie che fanno derivare le terre emerse da un precedente oceano primordiale. La seconda, quella del plutonismo, comprende invece tutte le teorie che si riconducono all'azione generatrice di forze provenienti dall'interno della Terra. Il dualismo tra nettunismo e plutonismo ha di fatto attraversato tutto il periodo precedente l'epoca della scienza moderna. Questo confronto si è giocato nel tempo utilizzando argomentazioni progressivamente più 'sperimentali'. Nel periodo ellenico si sosteneva un'ipotesi plutoniana ricorrendo all'azione di un generico fuoco e, di contro, nel tardo ellenismo, si proponeva un'ipotesi nettuniana in cui le terre emergevano per evaporazione delle acque oceaniche. Alla fine del Settecento un'interpretazione nettuniana applicava il concetto di precipitazione da soluzione chimica per spiegare l'ordine di segregazione dei materiali della crosta terrestre, primo dei quali doveva essere il granito; un'altra teoria, invece, attribuiva la formazione di questa roccia alla fuoriuscita dalle viscere della Terra di materia liquefatta, in un certo senso plutonianamente. Anche se queste argomentazioni, alla luce delle attuali conoscenze, possono sembrare elementari, considerate nel contesto in cui maturarono non lo sono affatto.
Studiare la Terra nel suo complesso significa conoscere i vari sistemi che la costituiscono. Atmosfera, idrosfera, biosfera, litosfera presentano evidentemente caratteristiche diverse, la più banale delle quali è il differente stato di aggregazione della materia (aeriforme, liquido, solido). Questi sistemi sono in relazione tra loro attraverso scambi di materia e di energia (si pensi, per esempio, al rapporto tra biosfera e litosfera nel processo di formazione degli idrocarburi, oppure a quello tra biosfera e atmosfera che ha condotto all'aumento della concentrazione dell'ossigeno in atmosfera). Studiare la Terra significa anche ricostruire la sua evoluzione nel tempo e analizzare le cause e gli effetti dei cambiamenti in atto nelle sue parti. La portata di questi obiettivi è tale da richiedere il contributo di molte discipline scientifiche: mineralogia (minerali), petrografia (rocce), sedimentologia e geochimica investigano la natura fisico-chimica dei materiali che costituiscono la litosfera; paleontologia, paleoecologia, paleogeografia e geocronologia ripercorrono le tappe evolutive del Pianeta nel corso del tempo (ere eologiche); la geodinamica, con le sue varie discipline geofisiche e con lo studio della deformazione delle rocce (geologia strutturale), si occupa dei movimenti e delle trasformazioni che hanno origine all'interno del Pianeta; la geomorfologia, lo studio delle acque (idrologia) e quello dei ghiacciai (glaciologia) si interessano invece dei fenomeni che hanno origine e si manifestano sulla superficie terrestre. Alla geologia contemporanea, o meglio alle scienze della Terra, come si preferisce oggi denominare le scienze geologiche per evidenziarne l'ampiezza del campo di ricerca, rimane il compito di esprimere una visione d'insieme delle conoscenze sul Pianeta.
La scoperta di metodi per analizzare i dati raccolti direttamente sul terreno ha permesso alla geologia di superare la fase solamente descrittiva e ha consentito l'evoluzione della disciplina. Probabilmente Lyell ne era consapevole quando, attraverso lo studio delle colate laviche dell'Etna e delle registrazioni storiche delle sue eruzioni, riuscì a valutare l'età del grande vulcano siciliano. Ancora oggi, i dati rilevati sugli affioramenti rocciosi sono di fondamentale importanza per gli studi geologici: per esempio, nella geologia strutturale, le fasi che scompaginano la geometria originale delle formazioni rocciose si possono ricostruire attraverso misure effettuate sulle tracce (linee e superfici) delle deformazioni negli strati. Tuttavia, il prepotente sviluppo tecnologico verificatosi negli ultimi decenni mette a disposizione dei geologi un considerevole corredo di strumenti e dispositivi d'indagine, di misura e di elaborazione. Minerali, rocce e fossili possono essere esaminati nella loro struttura elementare con il microscopio elettronico; le condizioni di pressione e di temperatura dell'interno della Terra sono riprodotte in laboratorio con l'ausilio della cella a incudine di diamante; il campo magnetico terrestre si misura dettagliatamente con uno strumento che sfrutta alcune proprietà dei nuclei atomici.
I satelliti artificiali in orbita terrestre e le misurazioni elettroniche a distanza (telemetria) consentono di rilevare le caratteristiche fisico-chimiche delle masse superficiali (telerilevamento), mentre tecniche avanzate di perforazione permettono di sondare i primi chilometri della crosta terrestre. Inoltre, il progressivo sviluppo della rete sismica mondiale, costituita da osservatori muniti di sofisticati sismometri e potenti calcolatori elettronici, ha letteralmente aperto una finestra sull'ignoto facendo luce sull'interno della Terra. Probabilmente, questo è il più brillante successo della geologia e, parallelamente, un caso esemplare di metodo scientifico moderno applicato alle scienze della Terra. In esso la fase sperimentale, nella fattispecie la raccolta di una enorme quantità di dati sismici, si integra con quella numerica, basata sulla soluzione di complesse equazioni fisico-matematiche.
Oltre ad approfondire la conoscenza della struttura del Pianeta sul quale viviamo e della sua evoluzione, le scienze della Terra assumono oggi un ruolo determinante per diverse scienze applicate. Il ricco patrimonio di teorie, dati e modelli della geologia rappresenta le solide fondamenta di una teoria globale della Terra di cui possono beneficiare anche le discipline con finalità utilitaristiche per l'uomo. Conoscere la geologia delle parti superficiali della crosta terrestre e le caratteristiche meccaniche dei materiali che la costituiscono è, per esempio, necessario per la progettazione e per la realizzazione di ponti, viadotti, gallerie, dighe, centrali nucleari e impianti industriali.
La ricerca (prospezione) e la coltivazione delle materie prime e delle fonti energetiche fossili (carbone, idrocarburi) richiede poi lo studio delle condizioni geologiche che favoriscono la formazione dei giacimenti minerari. Infine, il monitoraggio di fenomeni geologici quali terremoti, vulcani e frane consente di prevenirne i rischi.
Le carte geologiche sono uno strumento di lavoro essenziale nelle scienze della Terra. Esse rappresentano caratteristiche - struttura, forma e rapporti geometrici - delle rocce che formano i livelli superficiali della crosta terrestre. Sono la sintesi di attività di rilevamento effettuato sul territorio e di analisi di laboratorio, e costituiscono il termine di riferimento per una serie di attività umane (costruzione delle grandi opere; reperimento delle materie prime; gestione e prevenzione dei rischi naturali). Nelle due dimensioni del foglio geologico, la morfologia della superficie terrestre si traduce in curve di livello, la variazione del materiale roccioso si esprime con differenze di colorazione, l'inclinazione degli strati rispetto alla superficie è fornita dall'andamento della linea dei limiti di strato rispetto alle curve di livello e da simboli specifici. Altri simboli sono utilizzati per rappresentare elementi tettonici (faglie, pieghe e sovrascorrimenti), fossili, cave e sorgenti idriche. La chiave di lettura di tutti gli elementi simbolici (segni e colori) è raccolta in una legenda, mentre una colonna stratigrafica offre lo schema della successione degli strati rocciosi, dal più antico, in basso, al più recente, in alto. Inoltre, la presenza di una o più sezioni geologiche, spaccati verticali della crosta secondo direzioni di particolare significato locale, mostra la giacitura e la struttura tettonica degli strati in profondità.
Il termine geologia è composto dall'unione di due parole greche e significa "discorso sulla Terra", nel senso di "studio della Terra". Comparve per la prima volta in un testo del 1473, ma aveva un significato del tutto diverso. Richard di Bury, vescovo di Durham ed eminente figura politica dell'Inghilterra del 14° secolo, fu anche scrittore e infaticabile bibliofilo. Nel suo Philobiblon, un testo sull'importanza dei libri e sul modo di classificarli, egli utilizza il termine in riferimento alla giurisprudenza, intesa come "dottrina delle cose terrestri" e contrapposta alla teologia ("studio delle questioni divine"). Fu poi il dotto naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi, nel 1603, il primo a utilizzarlo nel significato moderno attribuendo ad alcuni suoi appunti il titolo Geologia ovvero de fossilibus.