JELLINEK, Georg
Giurista tedesco, nato a Lipsia il 16 giugno 1851, morto a Heidelberg il 12 gennaio 1911. Studente a Vienna, Heidelberg, Lipsia, fu per breve tempo nell'amministrazione dell'Impero austriaco. Professore straordinario a Vienna nel 1883, ordinario a Basilea nel 1889, si trasferì l'anno seguente a Heidelberg, dove rimase fino alla morte.
L'opera con cui lo J., già noto per importanti contributi scientifici, conseguì uno dei primi posti tra i giuristi del suo tempo è il System der subjektiven öffentlichen Rechte (Friburgo in B. 1892; trad. it. di G. Vitagliano, con prefazione di V. E. Orlando, Milano 1912). Il problema dei diritti pubblici subiettivi è centrale e la sua soluzione rappresenta la premessa d'ogni costruzione di diritto pubblico. Primo C. F. von Gerber offrì un esame sistematico dei diritti pubblici dell'individuo da un punto di vista strettamente giuridico, ma senza tentarne una fondazione critica; epperò non mancò chi, dopo di lui, ebbe a negarne di nuovo la possibilità (Bornhak) o a limitarne la portata (Laband, Mayer). Nuovi sviluppi è facile rinvenire in Jhering e in altri, sebbene nessuno cerchi in quell'argomento il centro del sistema di diritto pubblico, come fece il J. Ogni diritto, osserva egli, è rapporto tra subietti; se lo stato ha diritto sui cittadini, il rapporto in cui si sostanzia il diritto del primo implica diritti dei cittadini verso lo stato: questo può adempiere la sua obbligazione solamente limitando rispetto ai sudditi la sua attività. "La sovranità dello stato è un potere obiettivamente limitato, che si esercita nell'interesse generale. Esso è una potestà esercitata sopra persone, che non sono in tutto e per tutto subordinate, cioè a dire sopra uomini liberi". Lo stato si autolimita in primo luogo riconoscendo al soggetto una zona di libertà che esclude l'imperium (status negativo, status libertatis); quindi riconoscendo allo stesso la capacità giuridica di pretendere che il potere pubblico si adoperi in suo favore, in quanto gli concede pretese giuridiche positive (status positivo, status civitatis); infine attribuendo al cittadino la capacità di agire per conto dello stato stesso (status attivo, status activae civitatis). In questi status si compendia la posizione dell'individuo di fronte allo stato: prestazioni allo stato, libertà dallo stato, pretese verso lo stato, prestazioni per conto dello stato: sempre lo stato pone e consacra il diritto limitando sé stesso.
Più vasto respiro ha l'opera Das Recht des modernen Staates, di cui l'autore ha dato alle stampe solo l'Allgemeine Staatslehre (Berlino 1910), distinta in Allgemeine Soziallehre des Staates (sola trad. it., M. Petrozziello con introd. e capitoli aggiunti di V. E. Orlando, Milano 1921) e Allgemeine Staatsrechtslehre, ove la mente del J. chiarisce come lo studio dello stato sia ben complesso e come sia fallace l'assunto della dommatica che pretende esaurirlo nelle sue costruzioni e come l'indagine sociale e storica riveli solo un aspetto del vasto mondo della fenomenologia statale. Alla Allgemeine Staatslehre avrebbe dovuto seguire la Spezielle Staatslehre, con riferimento allo stato e al diritto germanico, che la morte non gli permise di compiere.
Altre opere: Die sozial. ethische Bedeutung von Recht, Unrecht und Strafe, Vienna 1878; Die rechtliche Natur der Staatenverträge, Vienna 1880; Die Lehre von der Staatenverbindungen, Vienna 1882; Gesetz und Verordnung, Friburgo in B. 1887; Die erklärung der Menschen- und Bürgerrechte, Lipsia 1895; Das Recht der Minoritäten, Vienna 1898; Ausgewählte Schriften, Berlino 1911, voll. 2.
Bibl.: E. Landsberg, Geschichte der deutschen Rechtswissenschaft, III, ii, testo pp. 828-29, note p. 407; S. Romano, La teoria dei diritti pubblici subbiettivi, in Trattato di diritto amministrativo a cura di V. E. Orlando, I, Milano s. a., pp. 137-43; L. Miranda, Da Hegel a Croce, da J. a Chiovenda, Bari 1921, pp. 69-75; T. A. Castiglia, Il concetto di stato secondo G. J., estr. da Studi sassaresi, Sassari 1926.