Scelsi, Giacinto
Compositore, nato a La Spezia l'8 gennaio 1905, morto a Roma il 9 agosto 1988. Studiò composizione a Roma con G. Sallustio, poi a Ginevra con E. Köhler, che lo introdusse, tra l'altro, al pensiero musicale di A. Skrjabin, e a Vienna con W. Klein (1935-36), dove conobbe la tecnica dodecafonica. Fino al 1950 soggiornò a più riprese a Parigi, a Londra e in Svizzera, e intraprese diversi viaggi in Africa e in Estremo Oriente, esperienze rilevanti per il prosieguo della sua parabola artistica. Negli anni Quaranta, nel corso di una forte crisi personale e di salute, si dedicò allo studio del pensiero orientale e si allontanò progressivamente dai metodi tradizionali di composizione propri della cultura occidentale, dodecafonia compresa. Si stabilì definitivamente a Roma nei primi anni Cinquanta; negli anni Sessanta collaborò con il gruppo di Nuova Consonanza. Condusse una vita estremamente ritirata e schiva e rimase fino alla morte quasi sconosciuto in Italia, mentre acquisì all'estero, dai primi anni Ottanta, notorietà e riconoscimenti, anche se tardivi. A partire dal 1947 pubblicò sei volumi di poesie in francese e un'autobiografia.
Nella prima fase, S. utilizzò in parte tecniche di tipo tradizionale in composizioni come i Quattro poemi per pianoforte (di data incerta, tra 1936 e 1939), che mostrano l'influsso della Scuola di Vienna, o la Ballata per violoncello e pianoforte (1943 o 1945); altri brani sono tuttavia già segnati dal ricorso all'improvvisazione, come le Suite nr. 2 (1934) e nr. 5 (1935), e Hispania (1939) per pianoforte. Fin dai primi anni elaborò i propri procedimenti creativi basati soprattutto sull'improvvisazione, per mezzo della quale 'fissava' le idee. Solo in un secondo momento, attraverso registrazioni, le improvvisazioni venivano trascritte, prevalentemente da altri compositori, tanto che pochi mesi dopo la sua morte questi trascrittori sollevarono un'aspra polemica dichiarandosi i 'veri' autori dei brani di S. (Tosatti 1989). S. considerava il proprio ruolo come quello del medium attraverso il quale la musica doveva fluire, piuttosto che del compositore nel senso tradizionale; approdò così a un linguaggio e a una concezione della composizione del tutto originali, che rendono di difficile applicazione le usuali categorie analitiche come tema, sviluppo, serie, armonia, ritmo, melodia. La forma musicale appariva come un processo quasi di tipo organico, non come sintassi logica, e la ricerca si concentrò fondamentalmente sullo sviluppo del suono e sulle altezze, con frequenti ricorsi ad andamenti microtonali che giustificano, ma in parte ne sono anche conseguenza, la preferenza accordata, almeno a partire dalla metà degli anni Cinquanta, agli strumenti ad arco e a fiato e alla voce, rispetto al pianoforte. Dalla pratica improvvisativa su uno specifico strumento o con la voce derivano infatti possibilità e sfumature di altezze, suono, articolazione, che vengono poi trasposte anche in altri contesti. Nascono in questo quadro brani per strumento solo, come Pwyll per flauto (1954); Divertimento nr. 2 per violino (1954); i Quattro pezzi per tromba (1956); Manto per viola (1957). A partire da Trio à cordes (1958), il ricorso a un organico maggiore sviluppa poi più chiaramente la dimensione polivocale dei processi improvvisativi, sempre dominati dallo sviluppo di un unico suono, come nei Quattro pezzi per orchestra (ciascuno su una nota sola) (1959); Hurqualia per quattro batteristi, timpani e orchestra (1960); Hymnos per organo e due orchestre (1963); Konx-om-pax per coro e orchestra (1969); Pfhat per coro, organo e orchestra (1974). I due ultimi brani citati portano inoltre il segno della stretta collaborazione con il soprano M. Hirayama che, come altri numerosi musicisti, affiancava S. nell'elaborazione delle improvvisazioni. Molti i brani per voce sola o per coro che videro la luce a partire dagli anni Sessanta: da ricordare Hô. Cinq mélodies per soprano (1960); i venti Canti del capricorno per voce femminile e strumenti (1962-72); Yilam per coro femminile (1964); Uaxuctum per sette batteristi, timpani, coro e orchestra (1966); Litanie per due voci femminili all'unisono o voce e nastro (1975). Dalla collaborazione con altri musicisti sono nati Krishna e Rada per flauto e pianoforte (1986) e Mantram per contrabbasso (1987).
bibliografia
Giacinto Scelsi, hrsg. H.-K. Metzger, R. Riehn, München 1983.
V. Tosatti, Giacinto Scelsi c'est moi, in Il Giornale della musica, 1989, 35.
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M. Porzio, Scelsi e il suono organizzato. La musica come primo movimento dell'immobile, in M. Guatterini, M. Porzio, Milloss, Busoni e Scelsi: neoclassico, danza e musica nell'Italia del Novecento, Milano 1992, pp. 93-112; Giacinto Scelsi: im Innern des Tons: Symposion Giacinto Scelsi, Hamburg 1992, hrsg. K. Angermann, Hofheim 1993.
Giacinto Scelsi, viaggio al centro del suono, a cura di P.A. Castanet, N. Cisternino, La Spezia 1993.
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