Balla, Giacomo
L'artista che ha voluto ricostruire l'universo
Giacomo Balla, formatosi tra Torino e Roma, è uno dei maggiori rappresentanti del futurismo, un movimento artistico che impone di stare al passo con il progresso e con la vita moderna. Balla auspica che forme nuove penetrino dappertutto: nelle case, nei locali, nel vestiario, perfino nella natura
Nel 1915 Balla afferma di voler "ricostruire l'universo rallegrandolo", riproducendo le forme del mondo naturale con materiali come il cartone, la lamiera, il legno.
Lo afferma in un manifesto che si chiama Ricostruzione futurista dell'universo, in un periodo in cui si dedica all'ideazione di fiori e piante artificiali in legno colorato, alla creazione di congegni meccanici e musicali, giocattoli, vestiti, scenografie teatrali, mobili e interi arredamenti, ispirati al gusto del futurismo. Si tratta di uno stile innovativo, che richiama con le forme e i colori le esperienze della velocità, del movimento, della vita cittadina. Balla è talmente appassionato di queste idee che chiama le sue figlie Elica e Luce. Ma qual è la sua storia?
Giacomo Balla nasce nel 1871 a Torino, una città molto attenta ai progressi della scienza e della tecnica. Dal padre, chimico industriale e fotografo dilettante, eredita la passione per la fotografia e le sue prime opere pittoriche risentono dell'influenza di questa tecnica nell'uso di certe inquadrature. Nel 1895 si trasferisce a Roma (dove morirà nel 1958). Qui si interessa ai temi popolari, al mondo dei poveri, al paesaggio urbano, come mostrano la serie delle Macchiette e le vedute romane del Parco dei daini a Villa Borghese. In questo periodo usa uno stile che si può definire divisionista, con applicazioni sulla tela di tocchi di colore non mescolato (diviso), che da lontano danno l'idea di una tinta omogenea, mentre da vicino sembrano un mosaico di piccole macchie colorate. Balla in questi anni diventa una guida nell'ambiente artistico italiano e i giovani pittori Boccioni e Severini si recano da lui per apprendere la tecnica pittorica.
Nel febbraio del 1910, insieme con altri artisti innovativi, firma il Manifesto dei pittori futuristi. Nello spirito di questo movimento, Balla cerca di rendere in pittura l'idea del dinamismo della vita moderna, della velocità dei nuovi mezzi di trasporto, degli effetti della luce, non solo naturale, ma anche artificiale.
Assai interessato agli sviluppi della tecnologia, Balla è al corrente degli esperimenti che scienziati e artisti compiono sulla possibilità di catturare il movimento con nuove tecniche, come il fotodinamismo di Antonio Giulio Bragaglia e la cronofotografia di Étienne-Jules Marey, che analizza le fasi del movimento di un corpo o di un oggetto mediante immagini successive. Balla studia l'automobile in corsa, interessato alle sensazioni nuove che una macchina produce nell'uomo che la osserva e alle modificazioni che avvengono anche nello spazio intorno.
In che modo riesce Balla a rappresentare in pittura elementi che non sono visibili a occhio nudo, come la scia della corsa o lo spostamento dell'aria? Osservando il dipinto Velocità astratta (L'auto è passata) del 1913 ci rendiamo conto che Balla cerca di rendere visibile l'idea del moto attraverso un sistema di figure geometriche: triangoli, cerchi, spirali, linee oblique sono gli equivalenti del movimento che ne ricompongono sinteticamente la sensazione.
Proprio prima della guerra, fra il 1912 e il 1914, Balla realizza una serie di opere, chiamate Compenetrazioni iridescenti, in cui forme triangolari di diverso colore danno una sensazione armoniosa di luce e di movimento.
Nella sua carriera, Balla si è occupato, oltre che di pittura, di arredamento (il locale Bal Tic-Tac a Roma), di decorazione, di scenografia (il balletto Fuoco d'artificio con musiche di Stravinskij), di fotografia e di cinema, sempre nel suo stile colorato, fantasioso e pieno di ritmo.