CALVI (de Calvis), Giacomo
Nacque presumibilmente a Roma nell'ultimo quarto del secolo XIV da una delle famiglie di più antica nobiltà del rione Monti. Non sappiamo quali siano stati i suoi studi né quando egli abbia preso gli ordini. La prima notizia che abbiamo di lui risale al 2 sett. 1408, quando il C. giunse a Roma da Siena, dove aveva probabilmente esercitato qualche ufficio presso la corte papale di Gregorio XII che si trovava in quel periodo nella città toscana. Qualche giorno dopo, il C. veniva nominato canonico di S. Pietro e assumeva la carica di vicario dell'arciprete della basilica, che in quel momento era il cardinal Antonio Calvi suo zio. L'8 settembre il C. riuniva il capitolo della basilica e dava lettura ufficiale della bolla di Gregorio XII relativa all'obbedienza che i canonici dovevano sia all'arciprete sia al suo vicario.
Le notizie che Antonio di Pietro dello Schiavo (che fu canonico di S. Pietro in quegli anni) ci fornisce sugli anni del vicariato del C. fanno pensare che egli abbia incontrato notevoli difficoltà di vario genere. Il 22 maggio 1409 il C. fece arrestare Giovanni Cottolano beneficiatus della basilica sotto l'accusa di aver attentato alla sua vita, accusa rivelatasi poi peraltro infondata; nel settembre dello stesso anno, quando egli nominò Pietro Puciarelli camerario delle vigne, incontrò la resistenza di gran parte del clero della basilica. Ma oltre a queste difficoltà interne, il C. si trovò già dall'inizio del suo vicariato a fronteggiare una serie di gravi problemi generati dalla turbolenta situazione della città di Roma, teatro delle lotte tra le due opposte fazioni dei partigiani di Ladislao di Napoli e di Luigi II d'Angiò. Nel settembre 1409 i partigiani di Ladislao avevano messo a sacco la zona della cosiddetta portica di S. Pietro costringendo gli abitanti a cercare rifugio nella basilica, creando così notevoli problemi logistici e rendendo addirittura problematica la celebrazione delle messe nella chiesa. Nell'ottobre successivo entrò in Roma l'esercito di Luigi d'Angiò e nel corso della battaglia tra i soldati e i partigiani di Ladislao la basilica fu colpita e parte dei tetti del complesso basilicale fu fortemente danneggiata.
Il 28 genn. 1410 il C. prese parte all'ambasceria inviata dal Comune di Roma a Bologna presso Alessandro V per chiederne il ritorno nella città; il papa si limitò a inviare a Roma, come cardinal vicario, Pietro Frias, il quale però non riuscì a ristabilire la pace. Nei primi mesi del 102 il C. fu impegnato nei problemi organizzativi per l'allestimento all'interno della basilica dell'aula conciliare destinata ad accogliere nel febbraio dell'anno successivo quel concilio voluto da Giovanni XXIII che, dopo poche sedute, si risolse in un fallimento. Nel giugno del 1413 entravano in Roma le truppe di Ladislao, scomunicato dal papa, che saccheggiavano la portica di S. Pietro, la sacrestia e le abitazioni di alcuni prelati, mentre lo stesso pontefice era costretto a fuggire. Probabilmente anche il C. lasciò la città in questo momento o poco dopo; Ladislao lo proclamò ribelle insieme con altri e lo sostituì nel canonicato con un figlio di Giacomo Orsini. Già il 14 marzo di quell'anno, peraltro, il C. era entrato a far parte della Camera apostolica come clericus numerarius, secondo quanto testimoniano i registri editi dal Göller. Con questa qualifica lo troviamo citato più volte negli anni successivi sino al 1418, quando in un documento del 20 novembre (Krarup-Lindbaek) egli appare come thesaurarius. Ricoprì tale carica, sembra senza interruzioni, sino al 1448, anno in cui Niccolò V, verso la fine di maggio, lo nominò soldanus de curia, cioè giudice ordinario di Roma e prefetto delle carceri di Tor di Nona, ufficio a cui competeva un compenso mensile di circa 20 fiorini e il titolo di familiaris del papa. Come il suo predecessore, Giovanni de Suessa, il C. ricoprì anche la carica di defensor officiirontzenariorum artis fluminis de urbe, cioè, a quanto pare, di tutore degli interessi dei mulattieri che trainavano le barche lungo il Tevere sino al porto fluviale di Roma. Il Giorgi e il Moroni sostengono che nel gennaiodel 1452 il C., in qualità di soldano, fece arrestare Stefano Porcari, ma la notizia è smentita da Paolo dello Mastro.
Dopo questa data, comunque, non abbiamo più alcuna notizia del C.; la sua morte, secondo il Liber anniversariorum della basilica vaticana, avvenne il 18 settembre di un anno che, anche se non precisato dalla fonte, possiamo ragionevolmente collocare poco dopo il 1450.
Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 432, cc. 169v, 212v; Antonio di Pietro dello Schiavo, Diario romano, in Rerum It. Script., 2 ed., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, adIndicem; Il mem. di Paolo di Benedetto di Cola delloMastro, a cura di M. Pelaez, in Arch. della R. Soc.rom. di st. patria, XVI (1893), p. 100; P. M. Baumgarten, Aus Kanzlei und Kammer, Freiburg 1907, p. 89; Necrologi e libri affini della provincia romana, a cura di P. Egidi, I, Roma 1908, p. 253; O. von Mitis, Curiale Eidregister, in Mitteil. des Instituts für Osterr. Geschichtsforschung, Ergänzungsband, VI (1901), p. 448; A. Krarup-J. Lindbaek, Acta pontificum Danica, II, København 1907, pp 278 n. 1270, 332 s. n. 1396; H. V. Sauerland, Urkunden und Regesten zur Gesch. der Rheinlande aus dem Vatikanischen Archiv, VI, Bonn 1913, p. 423 n. 1035; E. Göller, Aus derCamera Apostolica der Schismpäpste, in Römische Quartalschrift, XXXIII(1925), pp. 99, 102; H. Finke, Acta Concilii constanciensis, VI, Münster 1928, p. 229; U. Künne, Repertorium germanicum, III, Berlin 1935, pp. 28 s.; Epistolae pontificiae ad concilium florentinum spectantes, a cura di G. Hoffmann, II, Roma 1944, p. 111; III, ibid. 1946, p. 68; F. Baix, La Chambre apostolique et les "Libri annatarum" de Martin V (1417-1431), I-II, Bruxelles-Rome 1947-1955, pp. CCCLXXVI s., 51; P. Partner, The Papal State under Martin V, London 1958, ad Indicem;D. Giorgi, Vita Nicolai V, Romae 1752, p. 129; R. Martorelli, Storia del clero vaticano, Roma 1792, pp. 209 s.; A. Cametti, La torre di Nona e la contrada circostante dal Medio Evo al secolo XVII, in Arch. della R. Società romana di storia patria, XXXIX (1916), p. 429; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, LXVII, p. 162.