Musicista (Marino 1605 - Roma 1674). Nel 1623 cantore al duomo di Tivoli, nel 1625 organista; dal 1628 al 1629 maestro di cappella a S. Rufino di Assisi, dal 1629 in poi a Roma, maestro di cappella a S. Apollinare presso il romano Collegio germanico-ungarico. Tra le sue composizioni rimaste, si trovano messe e mottetti, in stile polifonico barocco, cantate sacre, sia monodiche sia polifoniche, e cantate da camera e canzonette, tendenti al virtuosismo canoro e largamente imitate in tutta Europa; cantate su argomenti storici, in stile recitativo, con arie; cantate lirico-narrative (l'elemento lirico nelle arie, il narrativo nei recitati); oratorî o Historiae, in stile ora monodico ora polifonico, per voci (un solista per ogni personaggio e coro con parti narrative, meditative, attive) e organo e strumenti diversi. Il genio del C. si rivela soprattutto nell'oratorio (Abraham et Isaac; Balthazar; David et Ionathan; Diluvium universale; Extremum Dei iudicium; Ezechia; Felicitas beatorum; Historia divitis; Iefte; Iob; Ionas; Iudicium Salomonis; Lamentatio damnatorum; Lucifer; Martyres; Vir frugi et pater familias); l'espressione musicale vi è potente, varia per melodie e ritmi, drammatica ove occorra, e talora elevata a somme altezze patetiche e mistiche. Arte profonda e chiara nel tempo stesso, costruita in architettura armoniosa e solidissima. Mirabile la prontezza delle varie evocazioni e descrizioni d'ambiente e di scene, mirabile la drammaticità incisiva e sintetica delle narrazioni e dei recitativi. Semplice ed efficace l'armonia. Il C. ebbe molti allievi e seguaci (A. Scarlatti, A. Cesti, M. A. Charpentier, ecc.)