MARGOTTI, Giacomo.
– Nacque a Sanremo l’11 maggio 1823 da Francesco Andrea, presidente del tribunale di commercio, e da Maddalena Vittini. Ricevuti i primi rudimenti d’istruzione da un precettore privato, completò gli studi presso il collegio civico di cui era direttore spirituale don Giacomo, fratello del padre. Nel novembre 1841 entrò come seminarista nel convento agostiniano di Ventimiglia, dove seguì con profitto gli studi. Ottenne il diaconato nel 1844 e il 22 maggio 1845 lasciò Sanremo per completare gli studi universitari presso la casa di S. Ambrogio a Genova, dove l’8 giugno conseguì il baccellierato e a metà luglio la laurea in teologia. Nel novembre del 1845 entrò alla R. Accademia ecclesiastica di Superga, di cui era rettore il teologo G. Audisio, per perfezionarsi in teologia e diritto. Il 28 marzo 1846 l’arcivescovo di Torino, L. Franzoni, lo ordinò sacerdote. Nel marzo del 1848 gli fu affidata la parrocchia di S. Siro a Sanremo, ma l’editto albertino sulla libertà di stampa, emanato in quel mese, lo indusse a entrare nella carriera giornalistica.
Era stato Audisio a progettare la pubblicazione di un giornale che fosse portavoce intransigente delle istanze cattoliche; il primo numero uscì il 4 luglio 1848 con la testata L’Armonia della religione con la civiltà e con il motto fortiter et suaviter proposto dal M.; il manifesto annunciava ai lettori che il giornale sarebbe stato indirizzato «al clericato non meno che al laicato, essendo di tutti patrimonio comune e supremo la religione». Dapprima bisettimanale, trisettimanale poi, L’Armonia, benché ispirata a principî essenzialmente conservatori, aveva inizialmente una sfumatura moderata dovuta alla presenza di esponenti del cattolicesimo liberale che riuscirono a collocarla su posizioni di collaborazione critica con le istituzioni. Il giornale era espressione di un gruppo facente capo al marchese C.E. Birago di Vische, proprietario e direttore, a L. Moreno, vescovo di Ivrea, e ad Audisio, che ne era direttore effettivo; tra i collaboratori figuravano il teologo G. Alimonda, futuro arcivescovo di Torino, il marchese F. Invrea, il marchese Gustavo Benso di Cavour, fratello di Camillo, e A. Rosmini Serbati.
Per tutto il 1848 L’Armonia seguì le vicende della guerra contro l’Austria mantenendo un atteggiamento patriottico a sostegno della monarchia e richiamando i sacerdoti al loro dovere di cittadini in difesa della patria in difficoltà. Il M., che in quel periodo collaborava attivamente con lo Smascheratore, pur non facendo ancora parte della redazione dell’Armonia vi pubblicò il 13 dicembre un articolo su «La Costituzione», in cui si dichiarava fiducioso che una libertà moderata potesse garantire prosperità alla nazione. Non ancora dedito al giornalismo militante, il M. preferiva difendere il pensiero cattolico con opuscoli in cui non risparmiava critiche al ministero Rattazzi e ai deputati, fatti oggetto di arguti profili, poi raccolti in un opuscolo pubblicato con lo pseudonimo di Giuseppe Mongibello. La chiamata del M. all’Armonia avvenne per iniziativa di Moreno, che aveva notato le doti del giovane sacerdote. Anche dietro insistenza di Audisio, il 18 sett. 1849 il M. entrò nel giornale con l’incarico di redattore di cronaca e con un compenso di 1500 franchi l’anno.
Il suo ingresso all’Armonia avvenne mentre era in atto una polemica con la liberale Gazzetta del popolo, che non aveva risparmiato attacchi al foglio cattolico, passato, dopo la sconfitta piemontese nella guerra, su posizioni intransigenti, e che, in occasione dei funerali di Carlo Alberto di Savoia, aveva accusato di eccessiva freddezza Audisio che li aveva celebrati il 14 ott. 1849 nella basilica di Superga; ne seguì un’inchiesta parlamentare la quale, pur sollevando Audisio da ogni accusa, non impedì che fosse destituito dall’incarico di rettore dell’Accademia ecclesiastica e che si dimettesse anche dalla direzione del giornale, lasciando il posto al M., rivelatosi il migliore fra i suoi collaboratori.
I toni polemici impressi dal M. al giornale si avvertirono subito, sia nella condanna rivolta alla fine del 1849 alla «banda democratica» che a suo dire aveva sconvolto la nazione, sia nel manifesto con cui per l’anno successivo espresse l’intenzione di mettere «a nudo le origini, la missione e le conseguenze di alcune false dottrine, le quali si pongono a base della odierna civiltà, e con le quali taluno vorrebbe inaugurato il risorgimento italiano» (Lucatello, p. 314). La battaglia proseguì con l’attacco, nel 1850, alle «leggi Siccardi» definite scismatiche, ingiuste e offensive del sentimento religioso. I toni toccarono livelli talmente alti, investendo non solo la politica ecclesiastica «ma tutti gli aspetti del liberalismo piemontese» (Candeloro, p. 85), da far incorrere il giornale in una serie di sequestri, denunce, multe, fino all’arresto, nel marzo 1850, dell’arcivescovo di Torino, Franzoni, condannato a un mese di carcere per avere rivolto al clero l’invito a non tener conto della legge, che aboliva il foro ecclesiastico. Per protesta L’Armonia uscì con un numero di solo mezzo foglio, mentre il M. pubblicava due opuscoli polemici contro quello che aveva definito «l’anno della violenza, delle menzogne e dei sofismi; delle vessazioni». I due opuscoli apparvero uno (Viaggio dell’arcivescovo di Torino e del vescovo di Asti alla terza Camera subalpina) nel 1849, l’altro nel 1850 sotto forma di strenna dello Smascheratore e con il titolo La tabaccheria nazionale: in entrambi l’autore, abbandonata la forma accademica, assumeva i toni pungenti e arguti della satira politica. Fu proprio la svolta imposta dal M. all’Armonia a guastare i rapporti con G. di Cavour che, in seguito a una lettera pubblicata il 28 ag. 1850 a sostegno del fratello Camillo, si vide rifiutare la possibilità di pubblicare la risposta dello statista, che uscì invece nel Risorgimento. Poco dopo, un articolo dell’aprile del 1851 (I carabinieri italiani e la rivista dello Stato) in cui il M. attaccava duramente la politica nazionale spinse G. di Cavour a lasciare il periodico che, rimasto nelle mani del M. e di Birago di Vische, e sotto il patronato del vescovo di Ivrea, si accostò sempre più alle posizioni del cattolicesimo intransigente e vide salire la tiratura oltre le 3000 copie; fu aggiunto allora un quarto numero dedicato ai documenti storici. Nel 1855, infine, L’Armonia divenne quotidiano.
Tra il 1850 e il 1853 il M. aveva collaborato anche con La Campana, giornale comico-serio, il cui motto era «Cattolici col Papa, liberali col Re», dando a tal punto libera voce al suo sarcasmo da impensierire Moreno, che gli impose di scegliere tra L’Armonia e l’irrispettoso giornale.
Oltre all’attività giornalistica, copiosa fu la sua produzione di libelli: nel 1852, in occasione delle celebrazioni centenarie del miracolo eucaristico, pubblicava uno scritto dal titolo Ricerche critiche sul miracolo (Torino); l’anno successivo diede alle stampe un vivace opuscolo contro Angelo Bianchi (detto Aurelio Bianchi-Giovini), con i particolari di una condanna riportata da Bianchi, direttore dell’Opinione, per diffamazione nei confronti della Chiesa (Alcuni cenni biografici intorno ad Angelo Bianchi dedicati al giornale «Il Parlamento», ibid. 1853). Pubblicò inoltre, nel 1857, due strenne di carattere polemico, La ciarla, almanacco parlamentare per l’anno 1856 (ibid.), satira contro gli abusi del parlamentarismo dedicata a Camilllo Benso conte di Cavour «figlio e padre della ciarla che ciarlando divenne ministro, e ministro si conserva ciarlando», e La batracomiomachia politica (ibid.), raccolta in forma di almanacco di citazioni da scritti contro G. Mazzini, V. Gioberti e C. di Cavour firmata con lo pseudonimo di Giuseppe Mongibello. L’aspra polemica politica alimentata da tali scritti fu all’origine di una serie di lettere minatorie al M., e poi dell’aggressione da lui subita il 27 genn. 1856 mentre tornava a casa.
In quel clima la capacità di mobilitazione dei clericali aumentò notevolmente. Se ne ebbe prova con le elezioni del 15 e 18 nov. 1857, nelle quali il M. si candidò nel collegio di Oristano: in piena campagna elettorale L’Armonia (25, 26, 27, 29 settembre) pubblicò l’elenco dei deputati della V legislatura con l’indicazione del comportamento da loro tenuto nei confronti della legge sul matrimonio del 1852, della modifica del codice penale del 1854 e della soppressione delle congregazioni religiose del 1855. Il M. fu eletto con 398 voti su 1156 aventi diritto, di cui 665 votanti, ma la sua elezione fu invalidata, insieme con quella di altri quattro canonici, per inosservanza dell’art. 98 dell’editto del 1848, che inibiva la deputazione agli ecclesiastici aventi cura di anime: il giornale rispose ipotizzando (18, 24 dic. 1857; 8 genn. 1858) un tentativo di ridurre la pattuglia dei conservatori alla Camera.
Costretto a lasciare i lavori parlamentari, il M. continuò la sua battaglia dalle pagine del giornale; e quando la sua elezione fu annullata, il 5 giugno 1858 dedicò al proprio caso due articoli (Elezione, sospensione e morte del deputato di Oristano e In morte del deputato Giacomo Margotti) in cui giudicava ormai compromessa la collaborazione dei cattolici alla formazione del nuovo Stato e apriva la strada all’astensionismo. Le elezioni del 27 genn. 1861, immediatamente precedenti la proclamazione del Regno d’Italia, videro il totale disinteresse dell’Armonia, che dedicò all’avvenimento solo due articoli, l’8 e il 26 gennaio, nei quali il M. invitata all’astensione i cattolici con la formula «né eletti né elettori» alla cui base poneva la sfiducia totale nelle istituzioni, da lui giudicate inique e falsamente liberali. Nata come reazione polemica all’annullamento delle elezioni del 1857, l’assenza dei cattolici dall’agone politico diventava per lui protesta contro la soppressione del potere temporale e opposizione allo Stato liberale.
Nel 1858, di ritorno da un viaggio in Inghilterra, il M. pubblicò il volume Roma e Londra (Torino) nel quale, mettendo a confronto lo stile di vita delle due capitali, sosteneva la tesi secondo la quale l’azione svolta dal governo pontificio per Roma e per l’Italia in materia di rinnovamento politico e sociale era paragonabile a quello che il progresso civile aveva realizzato in Inghilterra. A suo dire l’azione di governo di Pio IX aveva infatti favorito e promosso la causa nazionale, mentre la critica di malgoverno e di arretratezza mossa allo Stato pontificio poteva essere confutata, essendo in contrasto col grado di avanzamento civile che vi regnava.
Nel biennio 1859-60 non scemò la virulenza della battaglia dell’Armonia, che indisse una raccolta di offerte per il papa spogliato dei suoi beni, e nel giugno 1859 subì quattro mesi di sospensione per aver aspramente commentato il «grido di dolore» al quale, secondo L’Armonia, il Piemonte aveva risposto imponendo alla penisola sconvolgimenti e sovversione.
Durante la sospensione il M. tenne su Il Piemonte una rubrica di «cose da ridere e cose da piangere» e con due articoli su Napoleone III pubblicati il 20 e il 22 settembre procurò al gerente del giornale 4 mesi di carcere e 300 lire di multa. All’inizio del 1860 L’Armonia riprese le pubblicazioni con una nuova serie di attacchi a C. di Cavour volti a confutare il principio di sovranità popolare esercitato con i plebisciti.
Nel 1861 Moreno cercò di ricondurre il giornale su una linea più moderata, ciò che convinse il M. ad affidare agli opuscoli le sue polemiche più aspre. Al cospetto della situazione determinatasi in Italia con la nascita del Regno, argomento obbligato erano la sopravvivenza del Papato temporale e il rapporto tra lo Stato e la Chiesa.
Nel 1855 il M. aveva dato alle stampe Alcune considerazioni intorno la separazione dello Stato dalla Chiesa in Piemonte (Torino) con cui, replicando a uno scritto di P.C. Boggio su La Chiesa e lo Stato in Piemonte dal 1000 al 1854 uscito l’anno prima, sottolineava il ruolo progressivo della Chiesa, capace di armonizzare la civiltà e la religione. Analogamente, ne Le vittorie della Chiesa nel primo decennio del pontificato di Pio IX (ibid. 1857; trad. in francese e tedesco), le riforme operate dal Papato e i benefici prodotti in ambito religioso e politico dalla sua azione servivano a rigettare l’accusa di oscurantismo rivolta alla Chiesa di Roma. Con le Memorie per la storia dei nostri tempi dal congresso di Parigi del 1856 ai primi giorni del 1863 (I-VI, ibid. 1863-65) il M. si cimentava nella ricostruzione di avvenimenti contemporanei.
Dal 1863 erano iniziati i dissensi con i proprietari del giornale: anche a seguito dei frequenti sequestri, il vescovo di Ivrea era ormai apertamente contrario alla linea di intransigenza assunta dal M.; tuttavia sarebbe stata la morte del marchese Birago di Vische, principale sostenitore del M. all’interno della redazione, a convincerlo a lasciare il giornale per fondarne uno proprio. L’11 ott. 1863 insieme con il fratello Stefano, corrispondente da Parigi, e con don D. Emanuelli il M. scrisse a Moreno e agli eredi del marchese Birago per annunciare il proposito di lasciare la direzione del giornale entro novembre. Il 15 ottobre, su L’Armonia, il M. dava notizia dello scioglimento, dopo 15 anni, della redazione e della nascita di un nuovo giornale, L’Unità cattolica, giornale degli antichi scrittori dell’Armonia da lui diretto. Due giorni dopo si aprì la campagna di abbonamenti per la nuova testata e l’atto determinò da parte dei proprietari dell’Armonia il licenziamento anticipato dei tre dissidenti.
Il 29 ottobre, nel primo numero dell’Unità cattolica, i direttori M. ed Emanuelli scrivevano che l’unità da essi invocata era quella «di pensiero sotto il sublime magistero del Romano Pontefice». Negli anni successivi alla pubblicazione del Sillabo il giornale si accreditò come uno fra i più autorevoli interpreti del cattolicesimo intransigente, dicendosi avverso alla linea conciliatorista dei cattolici liberali, antiliberale e antifrancese, estraneo alla concezione di uno Stato nazionale laico.
Coerentemente con la difesa del potere temporale, dopo il 20 sett. 1870 il giornale uscì sempre listato a lutto in segno di protesta. Il 29 ott. 1878, alla vigilia delle elezioni politiche, il M. pubblicò ne L’Unità cattolica un articolo su Il suffragio universale in Italia ed i doveri del popolo cattolico, che diede il via a un acceso dibattito al quale parteciparono giornali di vario orientamento.
L’ideatore della formula «né eletti né elettori» rilanciava il tema del voto politico ai cattolici come argine e controffensiva alla politica della Sinistra e, pur dichiarandosi scettico sull’ipotesi di una possibile riconciliazione con le istituzioni, sollecitava l’organizzazione politica dei cattolici.
Il M. morì nella sua casa torinese il 6 maggio 1887, dopo una breve malattia.
Il giorno dopo il suo giornale gli dedicò un numero speciale in cui era elogiata, insieme con le sue doti professionali, la dirittura morale con la quale aveva servito la Chiesa, che gli era stata sempre riconosciuta anche dagli avversari politici.
Altri scritti del M., tutti editi a Torino: Nascita, vita e morte del ministero Rattazzi, 1849; Panorama politico, ossia la Camera subalpina in venti sedute, 1849 (con lo pseud. di G. Mongibello); Un sacrificio sulla tomba di Carlo Alberto, 1849 (stesso pseudonimo); La Giovane Italia e l’abate Vincenzo Gioberti, 1849; Il vescovo di Saluzzo, ossia Daniele nel lago dei leoni, per Giacomo Ferrero, detto «Mongibello», 1850; Panegirico del conte Giuseppe Siccardi, ministro di Grazia e Giustizia in Piemonte, 1851 (stesso pseudonimo); Processo di Nepomuceno Nuytz, professore di diritto canonico nell’Università di Torino, 1852; Le consolazioni del nostro santo padre Pio IX nelle feste celebratesi in Trento dal 20 al 29 giugno 1863 compiendosi il terzo secolo dopo la chiusura dell’ecumenico concilio tridentino, 1863; Pio IX ed il suo episcopato nelle diocesi di Spoleto ed Imola, 1877; Appunti autografi del teologo Giacomo Margotti, 1905.
Fonti e Bibl.: Del teologo G. M., in La Civiltà cattolica, s. 13, VII (1887), pp. 5-19; G. M., in L’Illustrazione italiana, XIV (1887), 21, pp. 367-370; Relazione di una lunga udienza accordata da s.s. Leone XIII al sacerdote G. M. il 20 sett. 1882, Torino 1906; Il teologo sacerdote G. M.: note biografiche, Torino 1906-07; V. Pareto, Lettere a Maffeo Pantaleoni 1890-1923, a cura di G. De Rosa, Roma 1962, I, p. 185. Si vedano inoltre: R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa. Dal ritorno di Pio IX al XX settembre, Roma 1907, I, pp. 239 s.; II, pp. 49, 55, 258, 268; T. Buttini, Don G. M. e la nascita della «Campana», in Riv. d’Italia, XVII (1914), pp. 600-611; E. Soderini, Il pontificato di Leone XIII, Milano 1932-33, I, p. 354; II, p. 15; A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1948, ad ind.; B. Montale, Lineamenti generali per la storia dell’«Armonia» dal 1848 al 1857, in Rass. stor. del Risorgimento, XLIII (1956), pp. 475, 478-484; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1961, ad ind.; E. Lucatello, Don G. M. direttore dell’«Armonia», in Giornalismo del Risorgimento, Torino 1961, pp. 299-339; M. Deambrosis, Conciliatoristi e riformisti italiani dell’Ottocento, in Rass. stor. del Risorgimento, XLIX (1962), p. 288; G. Licata, Giornalismo cattolico italiano (1861-1943), Roma 1964, pp. 60-64; Id., Il giornalismo cattolico italiano nel decennio 1860-70, in Il giornalismo italiano dal 1861 al 1870. Atti del V Congresso dell’Ist. nazionale per la storia del giornalismo…, Torino 1966, p. 164; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia dalla Restaurazione all’età giolittiana, Bari 1966, I, ad ind.; V. Castronovo, La stampa italiana dall’Unità al fascismo, Bari 1976, p. 52; A. Galante Garrone - F. Della Peruta, La stampa italiana del Risorgimento, Roma-Bari 1979, ad ind.; V. Castronovo - N. Tranfaglia, La stampa italiana nell’età liberale, ibid., p. 47; M. Macchi, G. M. e il dramma del Risorgimento italiano, Pinerolo 1982; M.F. Mellano, Cattolici e voto politico in Italia. Il «non expedit» all’inizio del pontificato di Leone XIII, Casale Monferrato 1982, pp. 8-190; F. Bartoccini, Roma nell’Ottocento, Bologna 1985, ad ind.; A. Giovagnoli, Don M. e l’astensionismo, in Il Parlamento italiano 1861-1988, I, Milano 1988, pp. 227 s.; Storia di Torino, VI, La città nel Risorgimento (1798-1864), a cura di U. Levra, Torino 2000, pp. 515, 517, 522, 542, 567, 817; VII, Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), a cura di U. Levra, ibid. 2001, pp. 197 s., 222, 233 s., 490, 1027; A. De Gubernatis, Diz. biografico degli scrittori contemporanei, s.v.; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, p. 624; N. Bernardini, Guida della stampa periodica italiana, pp. 697-700; Diz. del Risorgimento nazionale, I, I fatti, p. 53; Enc. cattolica, VIII, s.v.; Enc. Italiana, XXII, sub voce.