Tiepolo, Giambattista
Il grande interprete degli splendori dell’aristocrazia veneziana
Giambattista Tiepolo è il maggiore artista della pittura veneta del Settecento. Col suo stile rapido e una tecnica ricca e luminosa, esegue scene celebrative che inquadrano gli spazi immensi di chiese, ville e palazzi, dimostrando di essere l’erede della grande tradizione pittorica veneta del Cinquecento
Giambattista Tiepolo, nato nel 1696 a Venezia in un ambiente estraneo all’arte – il padre era un piccolo armatore –, entra nel 1710 nella bottega di Gregorio Lazzarini, uno dei maggiori artisti del momento. Sette anni dopo risulta iscritto alla fraglia – ossia la corporazione – dei pittori veneziani come artista indipendente.
Più che al maestro Lazzarini, che forse trova superato, Giambattista guarda ai grandi protagonisti del Cinquecento veneto. Sempre aggiornato sulle ultime tendenze artistiche, Tiepolo ha la stupefacente capacità di osservare attentamente e assorbire con naturalezza le intonazioni stilistiche dai più differenti pittori – contemporanei o del passato, veneti o internazionali –, rielaborandole poi attraverso la propria sensibilità e una tecnica rapida.
Passa così da una pittura tenebrosa dai colori intensi e contrastati – simile a quella del contemporaneo Giovan Battista Piazzetta –, tipica delle opere giovanili, a una maniera più chiara e luminosa affine a quella del Veronese, riscoperto attraverso l’esempio di Sebastiano Ricci.
Una caratteristica della pittura barocca (Barocco) sono i cieli aperti, dipinti sulle volte. I pittori ‘sfondano’ il soffitto con uno spazio immaginario, popolato di figure in scorci stupefacenti, e rendono la superficie dipinta ancora più immateriale grazie a una intensa fonte luminosa. Si creano prospettive vertiginose, e l’osservatore non distingue più fra spazio illusorio e reale, fra pittura e architettura, anche per l’inserimento di elementi in rilievo.
L’idea di espandere lo spazio illusionistico in quello reale è ripresa da Giambattista Tiepolo: nelle sue volte straordinarie il virtuosismo e lo scherzo visivo rispondono alle esigenze della nobiltà del tempo, abituata più al divertimento e allo svago che agli affari e alla politica. Con grande abilità tecnica, Tiepolo sviluppa al massimo negli affreschi lo stile illusionistico e decorativo per celebrare i fasti dei committenti, mediante allegorie e allusioni a personaggi storici o mitologici.
Fra le numerose opere dipinte a Venezia, gli affreschi di Palazzo Labia raffigurano bene la capacità di creare spazi immaginari, con impianti e composizioni che sembrano perdersi all’infinito. Per le invenzioni delle architetture dipinte, fin dalle sue prime opere Tiepolo si avvale della collaborazione del pittore scenografo Gerolamo Mengozzi Colonna. Questo genere di mestiere era svolto da artisti – chiamati quadraturisti – specializzati nella messa in opera di complesse prospettive. La felice e duratura collaborazione fra il pittore e il quadraturista verrà interrotta solo dalla partenza del Tiepolo per la Spagna.
Nel corso della sua vita lunga e operosa Tiepolo ha saputo intessere una fitta trama di rapporti con protettori illustri, anche internazionali. «Li pittori devono procurare di riuscire nelle opere grandi, cioè in quelle che possono piacere alli signori nobili, e ricchi perché questi fanno la fortuna de’ professori, e non già l’altra gente, la quale non può comprare quadri di molto valore», scrive, con grande senso pratico, al vertice della sua brillante carriera.
Nell’Europa del 18° secolo la fama del Tiepolo non conosce confini. Il maestro ottiene commissioni dal doge, dalle famiglie nobili veneziane – come i Valmarana, i Labia, i Rezzonico e i Pisano –, dal principe vescovo di Würzburg Carlo Filippo – per il quale affresca assieme ai figli Giandomenico e Lorenzo la Residenza – e perfino dal re di Spagna Carlo III. Il pittore sessantaseienne parte accompagnato dai figli per Madrid, dove realizza la Gloria della Spagna per la sala del trono del nuovo Palazzo Reale e dove morirà nel 1770.