FREGOSO (Campofregoso), Gian Galeazzo
Figlio di Spinetta (I) e della sua seconda moglie Ginevra di Gian Galeazzo Manfredi, signore di Faenza, nacque, probabilmente a Genova, intorno al 1420. Il 3 ag. 1425, in seguito alla morte del padre, la sua tutela veniva assunta dalla madre e dallo zio paterno Tommaso. L'infanzia e l'adolescenza del F. si svolsero probabilmente a Sarzana, feudo di Tommaso. Troppo giovane per partecipare alle lotte che riportarono nel 1436 Tommaso al dogato, non sembra aver preso parte alle continue guerre che agitarono la Repubblica fino al 1442, e nelle quali furono invece attivi i suoi fratelli, Nicolò e Spinetta (II). Durante gli anni del regime degli Adorno probabilmente rimase, almeno per un certo periodo di tempo, a Sarzana, governata dal fratello Spinetta e dalla zia materna Marzia Manfredi, moglie di Tommaso.
È soltanto in seguito all'ascesa al potere del cugino Giano, nel gennaio del 1447, che il F. sembra prendere parte attiva alla vita politica della Repubblica di Genova. L'11 giugno 1448 compare con la qualifica di signore di Ameglia nella ratifica del compromesso tra gli uomini di Sarzana e di Ameglia per una questione di confine. Il 18 luglio dello stesso anno, nell'atto di vendita del feudo di Sarzana a Giano Fregoso, Tommaso lo nominava beneficiario della somma di 8.285 lire.
Il 5 maggio 1449 la galea del F. fu assoldata a stipendio pubblico per combattere contro i pirati catalani. Sempre nello stesso anno, secondo la maggior parte delle fonti, il F. sarebbe stato inviato dal doge Ludovico Fregoso a sedare una ribellione in Corsica, con il titolo di governatore. Fallito il tentativo di contrastare l'opposizione degli isolani, il F. avrebbe rinunciato a ogni pretesa sull'isola nel 1453, ratificando, dietro versamento di un indennizzo, la cessione della Corsica al Banco di S. Giorgio. È tuttavia probabile, come afferma la Borlandi (pp. 375 s.), che tali vicende siano da attribuire non al F. figlio di Spinetta, bensì al cugino suo omonimo, Galeazzino, figlio di Prospero Fregoso.
Il 21 sett. 1450 Pietro Fregoso, sostituitosi al cugino Ludovico nella carica di doge di Genova, nominò il F. capitano e vicario di Spezia con decorrenza dal 1° agosto precedente. Forse in considerazione dei continui atti di ostilità da parte dell'ex doge, Pietro cercò peraltro di interporsi, nel maggio del 1451, nelle trattative matrimoniali che avrebbero dovuto condurre il F. a unirsi con una delle figlie di Palamede Gattilusio, suocero dello stesso Ludovico.
Nominato il 19 febbr. 1453, insieme con la zia materna Marzia, erede universale di Tommaso Fregoso, il F. occupò Savona alla morte di questo e si rivelarono ben presto vani i tentativi del doge di recuperare la città, sulla quale continuerà a esercitare la carica di governatore, fino a tentare di farne una signoria indipendente da Genova.
A partire da questo momento, si approfondirono le divergenze tra il doge e il F., il cui nome figurava sempre più frequentemente associato con quello dei fuorusciti, al punto che lo stesso Pietro fu indotto a sostituirlo con il cugino Galeotto nella carica di vicario di Spezia. Nell'ottobre del 1453 il F. intercettò un messaggero di Ludovico Fregoso, latore di lettere che provavano in maniera inequivocabile il tradimento dell'ex doge e di sua madre Caterina Ordelaffi. Nel successivo mese di marzo, accolse tuttavia presso di sé a Savona i cugini Lazzaro, Paolo Benedetto e Martino Fregoso, rei di tradimento contro il doge, nonostante gli ordini in contrario inviatigli da questo.
Negli anni 1454-55 si schierò apertamente contro il doge, alleandosi con Ludovico Fregoso, con Giovanni Filippo Fieschi e con Alfonso d'Aragona. Le guerre civili in atto nei territori della Repubblica impedirono però a Pietro Fregoso di ridurre Savona e il suo governatore all'obbedienza. Nonostante le ripetute ambascerie inviategli dai Genovesi, il F. cedette la città al re di Francia Carlo VII che, divenuto nel 1458 signore di Genova, lo investì nuovamente del governo di Savona.
Anche sotto il nuovo dominio il F. non tardò però a manifestare tendenze autonomistiche. Nel febbraio del 1459, contro i patti stipulati e nonostante gli ordini emanati dal governatore Giovanni d'Angiò, il F. si recò con truppe armate in Val Polcevera; rifiutatosi di tornare indietro, venne dichiarato ribelle. Fu forse questa circostanza a indurre il F. a porsi sotto la protezione milanese. Il 17 ott. 1460 vendeva Ameglia a Francesco Sforza e il successivo 20 ottobre riceveva la lettera di nomina a podestà di Pavia, carica conferita per la durata di due anni, a partire dal 1° apr. 1461.
Nel marzo del 1461 partecipò, insieme con Ludovico, Galeotto e Paolo Benedetto Fregoso, alla lotta per la conquista del dogato genovese, in seguito alla ribellione della cittadinanza contro i Francesi. Il 16 marzo il doge eletto, Prospero Adorno, rilasciava un salvacondotto per il F. e per gli altri Fregoso, affinché abbandonassero la Val Bisagno e si recassero oltre il Magra.
Salito al potere Ludovico, il F. venne mandato, nell'agosto del 1461, come ambasciatore al duca di Milano, che aveva richiesto la partecipazione genovese a una lega contro la Francia. Incaricato di rispondere che Genova non poteva intraprendere nuove guerre finché non avesse concluso un accordo con l'Aragona, anche in considerazione degli stretti rapporti che univano molti cittadini di Genova ai Francesi, tuttora detentori del dominio su Savona, il F. ritornò in patria senza essere riuscito a ottenere udienza. Nel 1462, in occasione delle continue lotte per il potere in atto tra Ludovico e Paolo Fregoso, venne chiamato, insieme con il fratello Spinetta, alla carica di capitano generale della Repubblica. Nel corso dei tumulti verificatisi nel 1463, al momento della deposizione di Ludovico, accolse a casa propria l'umanista Antonio Ivani, protetto del doge deposto. Nel 1464, posto a capo dei partigiani dei Fregoso per contrastare l'attacco delle truppe milanesi contro Genova, fu, secondo il racconto di A. Giustiniani, "il primo a fuggire".
Lasciata Genova in seguito alla conquista del dominio da parte degli Sforza, il F. tentò senza successo, nel 1468, di impadronirsi del castello di Lerici. All'annuncio della cacciata dei Milanesi, nel 1477, tentò insieme con Tommasino e Paolo Fregoso di ritornare a Genova, ma Ibleto Fieschi, capitano generale della Repubblica, gli impedì l'ingresso in città per evitare il riaccendersi della guerra tra fazioni. Solo in un secondo momento il F. poté ritornare a Genova: il 18 luglio 1478 figurava tra le personalità eminenti che presiedevano il Gran Consiglio, insieme con il rappresentante del re di Napoli, l'inviato del papa, i capitani del popolo, il governatore Prospero Adorno e Ludovico Fregoso; stessa posizione ricoprì nel Consiglio del 28 ott. 1478, in cui venne deciso di dividere il governo tra Prospero Adorno e Ludovico Fregoso.
Il 20 apr. 1479, insieme con Ettore Fieschi, Melchiorre Doria, Battista di Rapallo e Gottardo Stella, venne inviato come ambasciatore presso Sisto IV e il re di Napoli, Ferrante, per stabilire una lega con gli Aragonesi. Il 4 dicembre, in qualità di luogotenente del doge Battista Fregoso, ricevette il mandato di commissario della Riviera di Ponente, con piena facoltà di punire i responsabili di delitti.
Il 24 giugno 1488, commissario alle frontiere, il F. ricevette dal doge Paolo Fregoso l'incarico di rafforzare le opere di difesa. Il 21 ottobre dello stesso anno, nella conferma, da parte del governatore Agostino Adorno, dei capitoli stipulati tra Paolo Fregoso e il duca di Milano, venivano sanciti e confermati i diritti e i benefici goduti in Genova e nel Genovesato da Giovanni Battista, figlio del F., e da altri membri della famiglia Fregoso. Il F. era senz'altro ancora in vita il 22 dic. 1489, quando il suo procuratore, Giovanni Traversagno, si presentò dinanzi al governo genovese per discutere problemi relativi alle eredità di Tommaso e Giano Fregoso. È questa l'ultima notizia che abbiamo sul F., che morì probabilmente pochi anni dopo.
Dal suo matrimonio con Costanza di Palamede Gattilusio, celebrato nonostante l'opposizione di Pietro Fregoso, erano nati Giovanni Battista, canonico della metropolitana di Genova; Manfredi; Orlando; Luigia, detta Fregosina, andata sposa a Ranuccio d'Antonio, conte di Marsciano d'Orvieto.
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