Volonté, Gian Maria
Attore teatrale e cinematografico, nato a Milano il 9 aprile 1933 e morto a Florina (Grecia) il 6 dicembre 1994. Pose le sue straordinarie doti interpretative, basate su una naturale abilità mimetica e su un lavoro attoriale ossessivo, al servizio del miglior cinema di impegno civile. Pur avendo dato un contributo importante al cinema italiano, di genere in particolare al western, il suo nome è legato ai film di Elio Petri e Francesco Rosi. Ebbe molti riconoscimenti, tra cui il premio come miglior attore al Festival di Cannes del 1983 per La mort de Mario Ricci (La morte di Mario Ricci) di Claude Goretta e il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia del 1991.
Cresciuto a Torino, dove la famiglia si era trasferita, nel 1950 giunse in Francia e per un anno visse di espedienti. Tornato in Italia si dedicò al teatro, facendo pratica per alcuni anni nelle compagnie di giro, poi studiando all'Accademia d'arte drammatica di Roma, dove si diplomò nel 1957. Iniziò quindi un'intensa attività teatrale, che lo portò a lavorare anche in televisione. Nel cinema, dopo l'esordio nel 1960, ebbe il primo ruolo da protagonista in Un uomo da bruciare (1962) di Paolo e Vittorio Taviani, film su Salvatore Carnevale, sindacalista assassinato dalla mafia. Segnalatosi in Le quattro giornate di Napoli (1962) di Nanni Loy con la caratterizzazione di un ufficiale dell'esercito, conquistò una notevole popolarità con Per un pugno di dollari (1964), primo western di Sergio Leone, in cui la sua nevrotica interpretazione di Ramon Rojo si contrappone a quella ieratica di Clint Eastwood, come avviene in Per qualche dollaro in più (1965) sempre di Leone, dove V. impersona, con il perfido El Indio, il prototipo dell'eroe negativo, esasperando ulteriormente i toni.Nella seconda metà degli anni Sessanta decise di dare alla sua filmografia un'impronta politica, attirandosi le campagne denigratorie della stampa reazionaria. Scelse così di lavorare nei western 'terzomondisti' di Damiano Damiani (Quien sabe?, 1966) e di Sergio Sollima (Faccia a faccia, 1967) e di misurarsi con un personaggio emerso dalle cronache di quegli anni, Piero Cavallero, capo di una banda di rapinatori ribelli le cui gesta furono rievocate in Banditi a Milano (1968) di Carlo Lizzani. Ma decisiva fu soprattutto la collaborazione con Petri e Ugo Pirro, sancita da A ciascuno il suo (1967) e rafforzata dai due film seguenti, dove V. dimostrò tutta la sua sensibilità di interprete nel costruire fin nei dettagli il personaggio del commissario assassino che in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) simboleggia la nevrosi del potere e quello dell'operaio cottimista Lulù Massa che in La classe operaia va in Paradiso (1971) incarna la rivolta contro lo sfruttamento capitalistico. Grazie al successo di Sacco e Vanzetti (1971) di Giuliano Montaldo, che contribuì alla riabilitazione internazionale dei due anarchici mandati a morte negli Stati Uniti, V. fu poi chiamato a interpretare altri significativi personaggi della storia italiana, come Enrico Mattei (Il caso Mattei, 1972, di Rosi) e il mafioso Salvatore Lucania (Lucky Luciano, 1973, sempre di Rosi), fino a impersonare in Giordano Bruno (1973) di Montaldo il grande filosofo nolano bruciato sul rogo nel 1600. Quasi a segnare la fine di un ciclo arrivò l'ultima collaborazione con Petri per Todo modo (1976), esplicito atto di accusa (basato sul romanzo di L. Sciascia) nei confronti della Democrazia cristiana in cui il personaggio di V. richiama la figura di Aldo Moro; il film, uscito nell'epoca del compromesso storico, fu duramente attaccato dalla critica, di destra e di sinistra, e segnò per l'attore l'inizio di un periodo di emarginazione.
Pur continuando a scegliere film di impegno civile (Io ho paura, 1977, di Damiani e Cristo si è fermato a Eboli, 1979, di Rosi), negli anni seguenti V. diradò l'attività cinematografica per dedicarsi di nuovo al teatro. Riconquistò l'attenzione internazionale con La mort de Mario Ricci e con Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara, dove interpretò l'uomo politico democristiano meritandosi l'Orso d'argento al Festival di Berlino del 1987. Dopo Cronaca di una morte annunciata (1987), sua quinta collaborazione con Rosi, iniziò a prediligere le produzioni internazionali, come nel caso di L'œuvre au noir (1988; L'opera al nero) di André Delvaux e diTirano Banderas (1993; Il tiranno Banderas) di José Luis García Sánchez, ma non mancò di dare il suo contributo ad altri due film italiani tratti da opere di Sciascia, Porte aperte (1990) di Gianni Amelio, per il quale ricevette il David di Donatello, e Una storia semplice (1991) di Emidio Greco. Fu colto da infarto sul set di To vlemma tu Odyssea (Lo sguardo di Ulisse) di Theo Anghelopulos (uscito postumo nel 1995), mentre era impegnato come sempre nella lotta alla guerra e alla cultura della morte.
F. Deriu, Gian Maria Volonté: il lavoro dell'attore, Roma 1997; Gian Maria Volonté: l'immagine e la memoria, a cura di V. Mannelli, Ancona 1998.