MOSCHINI, Giannantonio
MOSCHINI, Giannantonio. – Nacque a Venezia il 28 giugno 1773, da Jacopo e da Margherita Matti, nella parrocchia di S. Cassiano, vicino a Rialto.
La condizione dei genitori gli permise di studiare nelle scuole pubbliche dei gesuiti, collocate nella casa già appartenuta alla Compagnia di Gesù. Dopo aver inizialmente vestito l’abito dei minori riformati (1790), lo abbandonò perché troppo rigida la disciplina per lui che, oltre a essere aperto alla cultura e all’arte, era anche di salute imperfetta, «camminava male e saltellando, difettoso nei piedi» (Fapanni, c. 170). Nel 1791 entrò nella Congregazione somasca; giovane di bell’intelletto, ancor prima di diventare sacerdote fu scelto per dar lezioni di grammatica superiore nel seminario di S. Cipriano a Murano (1794), cui aggiunse il magistero di lettere umane. In lui fu sempre evidente «un ingegno prontissimo ad apprendere e una memoria tenacissima delle cose vedute o apprese» (Cicogna, 1840, p. n.n.). Nel 1796, ordinato sacerdote con 13 mesi di anticipo sull’età e gli studi, iniziò a insegnare nella casa somasca della Salute, che divenne poi seminario patriarcale dopo la soppressione delle sedi vescovile di Torcello e Caorle (1818) e il loro accorpamento alla diocesi di Venezia.
La fine della Repubblica (1797) spinse Moschini a raccogliere un gran numero di lapidi, bassorilievi, busti e monumenti funerari per contenere la dispersione del patrimonio artistico delle chiese e delle istituzioni ecclesiastiche, oggetti che depositò nei chiostri della Salute e negli ex depositi del sale della Serenissima, spianati per lasciar posto a giardini e cortili, mentre l’antica biblioteca del seminario venne accresciuta dall’acquisizione di 30.000 volumi e rari codici, da lui personalmente seguita, così come avvenne per gli arredi della chiesa, la pinacoteca e il gabinetto di fisica della scuola, contribuendo a fare del seminario uno dei luoghi più ricchi e importanti della Venezia del primo Ottocento (Visentini, 1841, pp. 17 s.). Fu incaricato dalla prefettura dell’Adriatico, assieme a Jacopo Filiasi (1809), di destinare all’Accademia dipinti e sculture delle chiese che stavano per essere distrutte. Così avvenne, nel 1820, anche per i resti di Jacopo Sansovino, da lui raccolti dopo l’abbattimento napoleonico della chiesa di S. Geminiano (resti custoditi dal 1929 nel battistero di S. Marco). Assieme a questa attività di raccolta, Moschini ne iniziò un’altra di scrittore, per mettere in risalto quanto di positivo lo Stato veneziano aveva prodotto nella letteratura e nell’arte.
I suoi esordi autoriali, legati alla formazione ecclesiastica, lo videro dirigersi verso la letteratura sostenendo la Necessità di studiare la lingua italiana in un’orazione pronunciata nel 1799 nel seminario di Murano (e replicata dieci anni dopo nell’Accademia di belle lettere), traducendo il compendio di Antonio Landi della Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi (Venezia 1801-05), collaborando al Giornale dell’italiana letteratura dei nobili fratelli padovani Girolamo e Nicolò da Rio – attività in cui, grazie anche alla scelta dell’anonimato, mostrò libertà di linguaggio e di pensiero – e quindi pubblicando i quattro tomi Della letteratura veneziana dal secolo XVIII fino a’ nostri giorni (Venezia 1806-08).
Dedicata ai patrizi Michiel, che nella loro villa nel Padovano avevano allestito un cenacolo artistico dove Moschini passava le vacanze estive, l’opera muove da «intenzione nobilissima e degna di buon cittadino, lo smentire la taccia d’ignoranza che da alcuni stranieri era apposta a Venezia, come se fosse promossa dal governo d'allora» (Parolari, 1846, p. 152). In essa fissò lo stato della cultura e delle lettere nell’ultimo secolo, passando in rassegna le scuole, le accademie, le biblioteche e le altre istituzioni, oltre agli autori, raccogliendo su di loro moltissime notizie, basandosi su una memoria che correva il rischio di scomparire con la fine dell’Antico Regime.
Cortese quanto irascibile, soprattutto con gli allievi più ostinati (che – si augurava – «piglino il badile del cava fango e vadino pei rivi di Venezia», in Fapanni, cc. 170 s.), Moschini trasfuse questa irrequietezza esistenziale in una marcata attenzione e una «memoria stupenda» (ibid.) verso la letteratura e l’arte, con l’intento di dar corpo, catalogandolo, a un patrimonio ideale e materiale, portato della storia e della cultura della Serenissima e facendo ricorso a un «ingegno più versatile che profondo, sebbene arguto; [a] studii più svariati che severi» in cui era «non grande la potenza dell’immaginare, sì quella del sentire vivace» (Parolari, 1846, p. 150). Questo ergersi a salvaguardia della tradizione culturale trovò anche occasioni polemiche come la Difesa dei veneti in argomento sacro-letterario contro gravi recenti accuse di uno straniero, memoria letta all’Ateneo veneto nel 1832, e di cui resta traccia più esplicita del destinatario dell’invettiva nel ms. 317.4 della Biblioteca del Seminario: il francese Pierre Daru, autore della Histoire de Venise (1819). Ma in particolare la sua azione – oltre che nella Letteratura veneziana o nelle biografie di personaggi illustri, dal grecista Giambattista Galliccioli (già suo maestro, 1806), a Jacopo Morelli (bibliotecario della Marciana, 1819), e alle molte voci della Biografia universale e moderna di Giovanni Battista Missiaglia (1822) – trovò riuscita manifestazione nelle guide storico-artistiche che pubblicò a partire dal 1808.
L’esordio, e non poteva essere diversamente, avvenne con la Guida per l’isola di Murano, che riprese una precedente Narrazione dell’isola (1807), in cui per primo sottolineò la prevalenza dell’arte sulla produzione vetraria. Ma fu la successiva Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti (1815) a imporsi per valore e importanza.
In essa Moschini «volle esaminare ogni palazzo, ogni edifizio, ogni quadro, ogni statua, non senza richiederne il provetto giudizio degli intelligenti» (ibid., p. 155), ottenendo il plauso di personalità famose come Giannantonio Selva e Leopoldo Cicognara e ponendo le premesse di operazioni di recupero del patrimonio artistico e lapideo attuato da eruditi come Emmanuele Antonio Cicogna. Più volte ristampata e aggiornata, anche con immagini e incisioni (1817, 1828, 1834, 1840 e 1847), la Guida ebbe una traduzione in francese e un seguito ideale nell’analoga Guida per la città di Padova all’amico delle belle arti (1817), precedendo quelle – in seguito più famose e comuni, legate alla nascente «industria del forestiere» – di Antonio Quadri (Otto giorni a Venezia, 1822) e Fabio Mutinelli (Guida del forestiero per Venezia antica, 1842). Rispetto a queste, la Guida costituiva il più completo catalogo del patrimonio artistico monumentale della città, ma «più che un lettore colto, il destinatario doveva però essere un appassionato dell’arte e della storia veneziane, interessato a seguire parrocchia per parrocchia la descrizione di ogni singolo capitello, tela, affresco» (Zannini, 2002, p. 1132), sul modello di Venezia città nobilissima e singolare di Francesco Sansovino (1581). Nelle edizioni successive Moschini stemperò l’erudizione, rafforzando l’ottimismo sulle sorti della città, sulla base della forza artistica e culturale di Venezia, diversamente da quanto avrebbero fatto, dopo la metà del secolo, John Ruskin e i sostenitori della decadenza.
A metà degli anni Venti si dedicò alla storia della pittura e della scultura ne Le belle arti in Venezia, almanacco stampato per tre anni di seguito (dal 1825 al 1827), contemporaneo all’analogo Dell’origine e delle vicende della pittura in Padova (1826), cui seguirono la Dilettevole passeggiata dall’atrio del Palazzo reale fino ai pubblici giardini (1832, con Jacopo Crescini) e Giovanni Bellini e i pittori contemporanei (1833).
Scrisse anche molti elogi funebri, in particolare di esponenti autorevoli del clero veneziano, panegirici e prediche morali, parte pubblicati, parte inediti e conservati nella Biblioteca del Seminario: a questo e all’annessa chiesa della Salute dedicò una Nuova guida, postuma (Venezia 1842), mentre la storia Dell’incisione in Venezia uscì solo nel 1924.
L’attività di scrittore, studioso e docente gli aprì le porte delle istituzioni culturali, dall’Accademia di belle arti (1808), a quelle letterarie dei Filareti (1805) e veneta di belle lettere (ancora 1808) confluite entrambe nell’Ateneo veneto, di cui fu socio dall’inizio (1812), dall’Ateneo di Treviso (1819) all’Accademia Tiberina (1838). Canonico metropolitano e fabbriciere della basilica di S. Marco, vicedirettore dello Studio teologico e filosofico del seminario, cavaliere della Corona di ferro (1838), divenne infine membro del Regio Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (1839).
Morì a Venezia l’8 luglio 1840 e fu sepolto nell’oratorio di S. Maria della Salute.
Opere: Orazione funebre del conte F.M. Giovanelli, patriarca di Venezia..., Venezia 1800; Del seminario patriarcale di S. Cipriano in Murano, ibid. 1817; Sopra una vergine consacrata, infedele alle promesse, ibid. 1816; Istoria dell’Impero di Russia del consigliere Karamsin, trad. di G. Moschini, ibid. 1820-24; La scultura in Venezia, ibid. 1830; Della scienza del clero veneziano, ibid. 1856; sono inediti: Necessità di studiare la lingua italiana (Venezia, Bibl. Museo Correr, ms. Moschini, VII) e Le meraviglie dell’arte o le vite degl’illustri pittori veneti e dello stato descritte dal cav. C. Ridolfi corrette, accresciute e condotte infino a’ nostri giorni da G. M. (ibid., ms. Moschini, XVIII, concluso già nel 1832).
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. del Seminario patriarcale, 980.2: G. Zaros, Memorie della vita di mons. can. cav. M.; 956.25, cc. 169-176: F. Fapanni, Appunti e Zibaldone per scrivere la storia col titolo Il Seminario patriarcale di Venezia e in S. Maria della Salute. Memorie e cronache (1887); 980.1: Patenti accademiche, carte della Curia e del Governo riguardanti la persona del cav. G. M.; 980.5: Indice degli articoli di G. M. inseriti nel Giornale dell’italiana letteratura de’ conti fratelli de Rio; Venezia, Bibl. Museo Correr, Cod. Cic. 3424/III: E.A. Cicogna, Memorie varie intorno a G.A. M. (1840); Venezia, Arch. dell’Ateneo veneto, b. 3: Antiche Società e A. S. de Kiriaki, Prospetto cronologico delle letture, conferenze e memorie dal 1812, ad datam 1832; A. Visentini, Delle lodi di mons. G. cav. M.… Orazione, Venezia 1841; Menzioni onorifiche de’ defunti, scritte nel nostro secolo, a cura di G.B. Contarini, Venezia 1845, pp. 272 s.; G.C. Parolari, M., G., in Biografia degli Italiani illustri …, a cura di E. De Tipaldo, VIII, Venezia 1846, pp. 149-154; G. Dandolo, La caduta della repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant’anni. Studi storici, Venezia 1855-57, pp. 271-274; J. Monico, Nel conferire a mons.cav. G.A. M. la decorazione della Corona di ferro il dì 29 maggio 1838, Venezia 1859; E. Hoenning O’ Carroll, Il compiuto riordinamento della Biblioteca del Seminario patriarcale. Relazione del bibliotecario, Venezia 1930; C. Memo, G. M. - Le guide d’arte a Venezia nella prima metà del XIX secolo, tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, a.a. 1993-94 (anche per la bibliografia integrale e l’elenco completo delle fonti manoscritte); A. Zannini, La costruzione della città turistica, in Storia di Venezia, IX, 2, L’Ottocento e il Novecento, a cura di M. Isnenghi - S. Woolf, Roma 2002, pp. 1123-1149, in particolare pp. 1132-1135.