Giappone
La fortuna di D. in G. ha inizio con l'avvento dell'era Meiji (1868 - 1912), allorché le illuminate riforme promosse dal governo imperiale aprirono il paese alla cultura occidentale e gli studiosi giapponesi cominciarono a interessarsi alle letterature straniere e quindi anche a quella italiana. I primi studenti giapponesi inviati all'estero, soprattutto nei paesi anglosassoni e in Germania, ebbero infatti modo di leggere in versioni inglesi o tedesche i capolavori della nostra letteratura e naturalmente rivolsero la loro attenzione all'opera del più grande dei nostri poeti.
Mori Ōgai (Rintarō; 1862 - 1922), un medico che acquistò fama come romanziere, fu il primo giapponese che accennasse a Dante. Nel suo Doitsu nikki (Diario della Germania, in Ōgai Zenshū, Opere complete di Ōgai, XX, Tokyo 1937, 50), racconta che nel luglio 1885, mentre si trovava a Lipsia come studente, lesse la Commedia nella versione tedesca di K. Streckfuss. Tornato in patria, i suoi interessi letterari lo portarono a pubblicare a puntate sulla rivista " Shigarami sōshi " a partire dal novembre 1892 (vol. XXXVIII) una traduzione del romanzo di H.C. Andersen, Improvisatoren (L'improvvisatore), che contiene numerosi riferimenti a D. e alla sua opera. Questa traduzione, insieme a quella dei saggi di T. Carlyle, Hero as a poet, in On Heroes, Hero-Worship and the Heroic in History, e di T.B. Macaulay su Milton e D., contribuì a creare in G. una prima immagine di D. sia pure alquanto idealizzata e d'ispirazione romantica. La Commedia divenne ben presto un libro alla moda tra la gioventù studiosa del tempo, un libro che dava prestigio a chi faceva mostra di leggerlo, anche se possono essere avanzati dubbi sul fatto che essa fosse seriamente studiata e giustamente apprezzata. Ciò appare chiaramente da un passo di Shimazaki Tōson (1872 - 1943), uno dei maggiori scrittori moderni giapponesi, nel suo romanzo, Sakura no mi no jukusuru toki (Quando le ciliege sono mature), 1914 (sta in Tōson zenshū, Opere complete di Tōson, V. Tokyo 1967, 482).
Ueda Bin (1874 - 1916), professore nell'università di Kyoto, pubblicò nel 1895 sulla rivista " Bungaku kai " (Mondo letterario) XXXIV un primo articolo, intitolato Dante Alighieri, e da allora tenne una serie di lezioni che furono raccolte e pubblicate in un solo volume a Tokyo nel 1901 e più volte ristampate. In quest'opera, intitolata Shisei D. (D. il divino poeta), egli esaltò entusiasticamente non solo la bellezza dei versi della Commedia, che considera allo stesso livello dei poemi omerici, della Bibbia e delle tragedie di Shakespeare, ma anche la profondità del pensiero politico di Dante. Egli ne raccomandò l'attento studio a chiunque fosse stato desideroso di far acquistare all'Impero giapponese una maggiore influenza nel mondo, gettando così le premesse per un'interpretazione dell'opera di D. a fini nazionalistici anche in Estremo Oriente.
L'opera di Ueda Bin venne evidentemente conosciuta da Liang Ch'i-ch'ao (1873 - 1929), il noto scrittore e uomo politico cinese, il quale si trovava in quell'epoca esule in Giappone. Nel 1902 egli pubblicò a Yokohama un dramma in cinese ispirato alla storia del Risorgimento italiano con lo scopo di additare ai suoi compatrioti l'esempio dell'Italia, che, benché povera e decaduta, era riuscita a riacquistare l'indipendenza. Uno dei personaggi principali del dramma è D., che pronuncia un lungo monologo nel corso del quale ricorrono espressioni che appaiono tradotte dall'opera di Ueda Bin.
Anche Uchimura Kanzō (1861 - 1930), uno dei più attivi intellettuali cristiani dell'epoca Meiji, parlò una volta su D. nel corso di una serie di conferenze che tenne di lunedì a partire dal gennaio 1898 presso l'Associazione giovanile cristiana di Kanda a Tokyo. Uchimura aveva studiato dal 1884 al 1888 negli Stati Uniti, dove aveva avuto occasione di leggere la Commedia nelle versioni inglesi di H.F. Cary e di I.C. Wright. Seguendo l'abitudine dei critici cinesi e giapponesi, amanti di paragoni e classifiche, egli considera D., insieme con Shakespeare e con Goethe, come uno dei tre maggiori poeti europei, la conoscenza delle cui opere è conditio sine qua non si può formulare alcun valido giudizio sulla letteratura di quel continente. Nella sua conferenza dedicata a D. e a Goethe (pubblicata in Shūkyō to bungaku, Religione e letteratura, Tokyo 1898) costruì un paragone tra i due poeti. L'amore che portava a D. lo indusse a iniziare nel 1898 lo studio dell'italiano per poter leggere, forse primo fra tutti i suoi compatrioti, la Commedia nel testo originale. A D. egli si sentiva infatti sentimentalmente vicino per le vicissitudini della vita: anch'egli infatti aveva dovuto soffrire per motivi politici, allorché nel 1891 si era rifiutato, coerentemente con la sua fede religiosa e i suoi principi democratici, di prestare dinanzi al testo del decreto imperiale sull'istruzione il tradizionale omaggio reverenziale obbligatorio a quel tempo per tutti gli insegnanti.
A questi precursori, cui va il merito di aver fatto conoscere il nome di D. al pubblico giapponese, fecero seguito studiosi, che si assunsero il compito di dare le prime versioni complete delle sue opere, e scrittori, che trassero ispirazione da D. nello scrivere romanzi e novelle o che dedicarono a D. alcune delle loro pagine migliori.
Fra i traduttori sono da citare innanzitutto Heisaburō Yamakawa (v.) e Shoju Nakayama. Il primo, dopo aver trascorso vari anni negli Stati Uniti, tradusse le tre cantiche della Commedia, pubblicandole rispettivamente negli anni 1914, 1916 e 1922, e completò la sua fatica nel 1929 con la versione della Vita Nuova. A sua volta Nakayama tradusse tutte le opere di D. pubblicandole in 10 volumi negli anni 1924-26. Da allora le traduzioni della Commedia si sono moltiplicate, anche perché essa figura immancabilmente nelle numerose collezioni di classici delle letterature straniere che l'editoria giapponese pubblica di continuo. Fra le più note versioni - alcune delle quali dichiaratamente condotte sulla base di traduzioni inglesi - sono da citare, oltre alle precedenti, quelle di Ueda Bin (1918, incompleta); di Ikuta Choko (1929, nuova ediz. 1934); di Taketomo Shofu (Inferno, 1948; Purgatorio, 1948; Paradiso, 1949-1950); di Kitagawa Fukuhiko (1953, solo l'Inferno); di Nogami Soichi (1962, nuova ediz. 1964); di Hirakawa Sukehiro (1966). Anche la Vita Nuova ha avuto numerose traduzioni: fra le prime, quella parziale di Ueda Bin, pubblicata nell'ottobre 1904 sulla rivista " Chūō Kōron ", mentre l'ultima in ordine di tempo è stata curata da Nogami Soichi (1962, nuova ediz. 1964).
All'elevato numero di traduzioni fanno riscontro i numerosi studi su D. e le sue opere, apparsi come singoli volumi o come articoli di riviste. Si tratta naturalmente di lavori di appropriazione e di divulgazione, non certo d'indagine nuova, ma il cui numero fa stato di una fervida e diligente attività che non trova l'eguale in nessun altro paese asiatico. Basterà citare a titolo di esempio i lavori di Kuroda Masatoshi, D. to sono jidai (D. e il suo tempo), 1921, e D. no bungaku shisō (Il pensiero di D. sulla letteratura), 1929; di Nakayama Shoju, D. Shinkyoku no kenkyū (Studi sulla D.C. di Dante); di Satomi Yasukichi, D. Shinkyoku kaisetsu (Commento alla D.C. di Dante), 1965, ecc.: opere ricche di erudizione e di note, sulla cui validità scientifica gettano tuttavia ombre sfavorevoli i numerosi errori di cui sono sovente infarcite le citazioni dirette dal testo originale. Non sono neppure mancate le traduzioni delle più note opere straniere su D., come La poesia di D., di B. Croce (1940), D. vivo, di G. Papini (1945), D., di T.S. Eliot (1946). Gli studi su D. sono stati poi favoriti dalla costituzione presso la biblioteca imperiale di Kyoto di una raccolta specializzata, ricca di oltre tremila volumi: lascito munifico del signor Jukichi Oga (1865-1938), il quale durante la vita aveva collezionato opere su Dante. Particolarmente attive nel campo degli studi danteschi sono state le associazioni culturali italo-giapponesi in occasione dell'anniversario della nascita e della morte di Dante. Nel luglio 1920 la Società Dantesca di Osaka iniziò la pubblicazione di un suo bollettino intitolato " L'Arno ". Nell'anno successivo varie riviste pubblicarono dei numeri speciali, come il quotidiano " Asahi Shinbun " di Osaka, che dedicò un intero volume a D. intitolandolo Sbisei D. (D. il divino poeta); come la rivista " Geibun " (Arte e letteratura), vol. XII, n. 9 e 10; come la rivista " Shinjin " (Uomo nuovo), vol. XXII, n. 5. In quello stesso anno venne anche discussa la possibilità di costruire a Tokyo un tempio dedicato a D., per iniziativa dello scrittore Shimoi Harukichi, insegnante di giapponese a Napoli. In occasione dell'anniversario della nascita di D., la sezione giapponese della Società Dante Alighieri, che ha sede a Kyoto dal 1951, ha dedicato a D. negli anni 1964 e 1965 i volumi XIII e XIV della rivista " Italia gakkai shi " (Studi italici). Lo stesso ha fatto l'Associazione italo-giapponese di Tokyo, che pubblica la rivista " Nichi-I bunka kenkyū " (Studi di cultura italo-giapponese) dal 1954 e che ha dedicato a D. il volume VII del 1966.
Una conferma della notevole diffusione dell'opera di D. in G. viene infine data dai frequenti riferimenti a essa che è possibile rinvenire negli scritti dei maggiori esponenti della letteratura moderna giapponese. Oltre a Mori Ōgai, Ueda Bin e Uchimura Kanzō, di cui si è fatto già cenno, potrà qui essere ricordato Natsume Sōseki (1867 - 1916), che nella novella Rondontõ (La torre di Londra) del 1905 citò i noti versi con i quali comincia il canto III dell'Inferno. Nella novella, Natsume descrisse, rielaborandola in chiave fantastica, una visita da lui effettuata alla torre il 31 ottobre 1900. L'aspetto grandioso del monumento lo impressionò talmente che, al momento di entrare per la porta principale, egli si sovvenne dei versi di D., che infatti cita traducendoli per intero. Ma in una sua lettera del 20 gennaio 1905 (Sōseki Zenshū, Opere complete di Sōseki, III, Tokyo 1956, 341) egli li criticò come troppo lunghi e involuti, aggiungendo che a suo avviso D. avrebbe fatto meglio a limitare le parole di colore oscuro ai primi tre versi soltanto.
Di Shimazaki Tòson (1872 - 1943), che, come si è già visto, lesse D. allorché era studente, è da ricordare anche un romanzo del 1918, nel quale descrive la storia di un amore infelice e che intitolò, con evidente riferimento all'opera del nostro poeta, Shinsei (La vita nuova).
Anche Masamune Hakuchō (1879 - 1962) fu da giovane un appassionato lettore di D.: nel saggio D. ni tsuite (Intorno a D.), pubblicato nel numero di marzo 1927 della rivista " Chūō Kōron ", egli ricordò come nel 1905 avesse acquistato la Commedia nella versione inglese del Cary e come da allora non si fosse mai separato da quel volume, che, ormai squinternato e pieno di sottolineature, portava seco anche quando viaggiava. Il suo interesse per D. era stato destato dalla lettura dei saggi di Carlyle, di Macaulay e di Uchimura Kanzō. È da chiedersi cosa egli apprezzasse di più nella Commedia, che conosceva solo in una versione inglese non atta certo a rendere in pieno la bellezza del testo originale. Come altri suoi connazionali, egli venne attirato soprattutto dal contenuto storico e filosofico del poema, vero e proprio monumento della cultura medievale, per la quale egli provava romanticamente interesse e ammirazione.
In un altro saggio, intitolato Waga shōgai to bungaku (La mia vita e la letteratura), pubblicato sul numero di dicembre 1945 della rivista " Shinsei " (Vita Nuova), Masamune ricordò la profonda impressione che gli aveva fatto la conferenza di Uchimura Kanzō su D. e come da giovane ne avesse letto e riletto il testo fino ad apprenderlo a memoria.
Numerosi saggi sono stati dedicati a D. dal filosofo e critico letterario Abe Jiro (1883 - 1959). Anch'egli ha visto in D. soprattutto il pensatore e nella Commedia un monumento della filosofia e della scienza medievale: l'ignoranza della lingua gli ha evidentemente limitato la possibilità di apprezzarne la parte più valida e duratura, rappresentata cioè dalla bellezza dei versi. Come altri scrittori giapponesi (Uchimura, Masamune), che avevano scritto saggi per paragonare D. a Goethe o a Strindberg, così Abe scrisse un saggio intitolato D. no Shinkyoku to Nietzsche no Zarathustra (La D.C. di Dante e lo Zarathustra di Nietzsche) e che venne pubblicato nel 1921 sulla rivista " Shin Shōsetsu " (Nuovo romanzo). In esso egli esaminò la diversa concezione del peccato e della sua punizione secondo D. e secondo il pensatore tedesco. Altri scritti di Abe dedicati a D. sono D. zatsuwa (Conversazioni dantesche), apparso nel 1921 nel volume speciale edito dallo Asahi Shinbun di Osaka, e Jigoku no seifuku (La vittoria sull'Inferno), pubblicato nel 1922. Nel 1921 egli effettuò un viaggio in Europa durànte il quale si recò anche in Italia. Nel suo diario, intitolato Shōso ki (Ricordi della finestra autunnale, 1937), non mancano reminiscenze dantesche.
Alcuni autori hanno scritto romanzi e novelle ispirandosi alla Commedia. Okamoto Kanoko (1889 - 1939) scrisse Nikutai Shinkyoku (La commedia corporale), pubblicandola a puntate durante il 1937 sulla rivista " Mita Bungaku " (Letteratura di Mita), mentre Ito Sei (1905 - 1955) scrisse Yuki no machi (Città degli spettri), apparso durante il 1937 sulla rivista " Bungei " (Lettere ed arte). Nella scelta dei titoli (letteralmente il primo dovrebbe tradursi " La Divina Commedia corporale ") i due lavori rivelano che gli autori hanno tenuto genericamente presente l'opera di Dante. Invece Jigoku hen nijuhachi uta (Il canto XXVIII dell'Inferno), una novella di Noma Hiroshi (n. 1915), scritta nel 1947, è stata ispirata all'autore dalla lettura di quel canto, dove D. parla dei seminatori di discordie e dei terribili tormenti loro inflitti. Fra i poeti che si sono ispirati a D., Ayukawa Shinobu (n. 1920) ha inserito nella sua poesia Yo to chimmoku ni tsuite (Della notte e del silenzio) del 1952 due versi (46-47) tradotti dal canto V dell'Inferno, mentre Hotta Yoshie (n. 1918) intitolò addirittura una sua poesia del 1950 con le parole del primo verso del canto I dell'Inferno.
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