GIARMO
. Località archeologica dell'Irāq nord-orientale, situata su una bassa collina nella valle di Chemchemal, 35 km a est di Kirkūk. Una spedizione organizzata dall'Oriental Institute di Chicago e diretta da R. J. Braidwood, vi ha condotto nel maggio 1948 una prima serie di ricerche, a cui hanno fatto seguito altre ricognizioni nel 1951, nel 1954 e nel 1955. La stazione di G., assegnata al periodo neolitico e datata col metodo del radiocarbonio al 4857 a. C. (con un margine di errore di 320 anni in più o in meno), rappresenta la fase finale della preistoria nella valle di Chemchemal: essa è infatti preceduta dalle vicine stazioni di Barda Balka (paleolitico inferiore), Palegaura (tardo paleolitico) e Karīm Shābir (mesolitico).
La zona archeologica di G. copre un'area di circa 140 × 90 m; i diversi strati archeologici, in numero di 15, hanno uno spessore complessivo di 7 m. Pur costituendo una comunità di cacciatori e di agricoltori (numerosi sono i resti di cereali e di ossa di animali domestici: capre, pecore, cani, maiali), la popolazione neolitica di G. non conobbe, per gran parte della durata del villaggio, la ceramica: solo negli strati più alti compaiono infatti rari frammenti di vasellame; numerosissimi invece i manufatti litici (circa 150.000), costituiti per lo più da lame in selce; nel periodo più recente questa è largamente sostituita dall'ossidiana. Tra i reperti hanno un'importanza particolare le statuette di argilla raffiguranti una figura femminile nuda con segni di gravidanza (forse simbolo del culto della dea madre) e quelle raffiguranti animali domestici; notevoli anche alcuni braccialetti, che sono stati accostati a quelli rinvenuti a Tepe Siyalk, e dei vasi di pietra (va notato che questi oggetti, tipologicamente interessanti per la loro antichità, sono tuttora inediti [1959]). Quello che però ha dato a G. un'importanza eccezionale nel quadro della preistoria euroasiatica è stata la scoperta di abitazioni costituite non già da capanne, come in genere nei villaggi neolitici, ma da case vere e proprie; queste, calcolate in numero di circa 50, sono formate da più stanze rettangolari con muri in terra battuta e con pavimenti in argilla pressata sopra uno strato di canne. G. rappresenta in tal modo il più antico villaggio agricolo finora conosciuto.
Bibl.: F. Basmachi, Supplementary report on the excavations at Tell Mattarah and Qal'at Jarmo, in Sumer, IV (1948), pp. 134-136; R. J. Braidwood e L. Braidwood, Jarmo: a village of early farmers in Iraq, in Antiquity, XXIV (1950), pp. 189-195; R. J. Braidwood, A preliminary note on prehistoric excavations in Iraqi Kurdistan, in Sumer, VII (1951), pp. 99-104; L. Braidwood, Preliminary notes on the Jarmo flint and obsidian industry, in Sumer, VII (1951), pp. 105-106; H. E. Wright Jr., The geological setting of four prehistoric sites in Northeastern Iraq, in Bulletin of the American Schools of oriental research, CXXVIII (1952), pp. 11-24; R. J. Braidwood, The Iraq-Jarmo project, in Sumer, X (1954), pp. 120-138; id., in Illustrated London News, 1956, i, pp. 410-411.