GINEPRO da Catania
Nacque nella prima metà del XVI secolo a Catania; si ignora il cognome da secolare. In seguito a circostanze rimaste oscure entrò nell'Ordine francescano, non nella provincia siciliana, ma - stando alle differenti cronache del suo martirio - in quella di Toscana o di Napoli.
G. era uno speziale, e volle conservare questa qualifica anche da religioso, scegliendo di rimanere semplice fratello laico. Una precoce vocazione missionaria, probabilmente però non approfondita a sufficienza, lo spinse a chiedere di essere aggregato alla custodia di Terrasanta, dove contava di poter esercitare la sua arte.
Accolta la richiesta, G. fu effettivamente inviato in Palestina come speziale, ma quando, nel 1546, arrivò alla sua destinazione, il convento del monte Sion a Gerusalemme, trovò che lì non era vacante né il posto di farmacista né quello di infermiere. Inoltre, il vicario del convento, fra Felice da Venezia, che in quegli anni fungeva da superiore, vedendosi di fronte un laico anziché un sacerdote non seppe trovargli altro posto che quello di portinaio. Sentendosi per questo sottovalutato e "sconsolato", G. ebbe una crisi di vocazione e meditò di tornare in Italia. Questo avrebbe significato però dare prova di cattivo spirito religioso e con ciò dimostrare che chi gli aveva rifiutato un incarico nobile aveva avuto ragione. Al contrario, egli desiderava dare prova delle sue qualità spirituali e mostrarsi, come lo qualificano le fonti, "laico devoto". Sicché nell'anno successivo, in seguito - pare - alla notizia del martirio di un cristiano giacobita che si era prima convertito all'islamismo e poi, pentitosi dell'apostasia, lo aveva rinnegato accettando la condanna a morte, maturò l'estremo proposito di farsi uccidere dai musulmani.
Martedì 1° marzo 1547, in "fervore di spirito", abbandonò il convento all'alba per recarsi sulla piazza del tempio di Salomone, con un crocefisso e un libretto di salmi. Arrivato alla porta della moschea di Omar, si mise a recitare l'ufficio con ostentazione, attirando l'attenzione dei presenti. Circondato presto dai fedeli islamici, che sulle prime lo trattarono con garbo, prese a insultare Maometto e a esaltare la fede cristiana. Per quanto immediatamente cacciato a forza di percosse dalla piazza, G. non desistette e ritornò alla porta della moschea ponendovi sopra il crocefisso, come se avesse voluto consacrare a Cristo quel luogo di culto. A quel punto intervennero le autorità cittadine che lo fecero arrestare. Condotto alla presenza del cadì di Gerusalemme, G. venne invitato a scegliere tra la conversione all'Islam e la morte per offesa alla memoria del profeta. G. scelse la seconda e la sentenza, secondo la tradizione, fu eseguita dallo stesso cadì, esasperato per l'ostinazione del frate, con la propria scimitarra. Il corpo di G. fu quindi portato fuori della città santa e bruciato, mentre il suo capo poté essere riscattato dalla nazione armena.
Il martirio di G. fu subito utilizzato dall'Ordine francescano a fini di edificazione spirituale. Lo stesso fra Felice da Venezia si preoccupò di narrare la morte di G. in una relazione manoscritta che esaltava la sua figura, omettendo però i motivi di contrasto con il suo superiore. Una copia di tale scritto, forse l'originale, si trova in un codice già appartenuto al convento femminile di S. Maria Maggiore a Venezia, ora in possesso della Bodleian Library di Oxford (Canon. ital. 203, cc. 74r-75r).
Gli storici e gli annalisti francescani ricostruirono la vicenda con maggiore completezza, spostandola però in avanti di dieci anni, al 23 febbraio o al 6 dic. 1557, durante il guardianato di fra Bonifacio da Ragusa, confusi forse dal martirio del citato cristiano giacobita (di cui Felice da Venezia non parla) o dall'analoga morte di un certo fra Giovanni da Mantova, che Pietro Verniero da Montepiloso descrisse come avvenuta il 6 dic. 1557, proprio per imitazione dell'esempio di Ginepro.
Dopo essere stato inserito in termini apologetici in vari martirologi dell'Ordine, il martirio di G. è attualmente considerato con maggiore distacco dalla critica francescana più recente.
Fonti e Bibl.: Pietro Verniero da Montepiloso, Croniche ovvero Annali di Terra Santa, in Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell'Oriente francescano, a cura di G. Golubovich, n.s., Documenti, VI, Quaracchi 1929, pp. 179 s.; L. Wadding, Annales minorum, continuati a P. Iosepho Maria de Ancona, XIX, Quaracchi 1933, pp. 75 s.; C. Cenci, Il martirio di fra G. da C. (1547) secondo il codice Canoniciano italiano 203, in Archivum Franciscanum historicum, LV (1962), pp. 378-381; Marco da Lisbona, Croniche degli ordini instituiti dal p. s. Francesco, III, Napoli 1680, pp. 643 s.; Giovanni da Calahorra, Historia cronologica della provincia di Syria e Terra Santa di Gierusalemme, Venezia 1694, pp. 455 s.; B. Mazzara - Pietr'Antonio da Venezia, Leggendario francescano, XII, Venezia 1722, p. 41; Sigismondo da Venezia, Biografia serafica… nel francescano Istituto…, Venezia 1846, p. 414; A. Du Monstier, Martyrologium Franciscanum, a cura di I. Beschin - F. Palazzolo, Vicenza 1939, p. 70; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, col. 472, s.v. Genièvre de Sicile.