Giocare
Anche se talvolta, soprattutto nel passato, veniva considerato solo un passatempo, il gioco è un'attività importantissima per gli esseri umani. Il gioco potenzia l'intelligenza, le abilità manuali, l'uso della ragione. Può essere considerato il cibo per la nostra mente: come esistono tanti modi di mangiare, così esistono tanti modi di giocare
Se ci costringessero a correre avanti e indietro, per circa un'ora e mezza, all'interno di uno spazio limitato, giudicheremmo crudele e massacrante una simile imposizione. Però tante persone di varia età e di tutto il mondo (compresi noi) si divertono molto a svolgere un esercizio del genere quando decidono di disputare una partita a pallone. Per noi è divertente giocare, piuttosto che studiare o lavorare, perché è un'attività che svolgiamo con piacere e senza costrizioni. Ma anche lo studio e il lavoro possono apparirci meno gravosi, se riusciamo ad affrontarli in spirito di libertà, come si affronta un gioco. In fondo, la differenza tra queste attività umane dipende solo dallo spirito con cui sono vissute. Per esempio, ci piace partecipare ai giochi a quiz, ma abbiamo paura delle interrogazioni scolastiche. In entrambi i casi, però, non dobbiamo far altro che rispondere ad alcune domande.
Spesso nel passato il gioco era considerato un semplice passatempo. Oggi, invece, la maggioranza degli studiosi ritiene che rappresenti un bisogno vitale per l'uomo (come dormire, bere o mangiare), in quanto contribuisce allo sviluppo fisico e costituisce un 'alimento' primario della mente. Il diritto di tutti i bambini del mondo a giocare è previsto dalla Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia, un documento approvato dall'ONU.
Per poter giocare, oltre al tempo, alla voglia e a uno spazio adatto, occorrono regole e possesso di determinate abilità, adeguati strumenti e compagni di gioco. Non è sempre indispensabile, però, avere a disposizione tutti questi elementi. Esistono molti giochi che non richiedono particolari attitudini; in altri casi, volendo, possiamo giocare da soli. Possiamo pure fare a meno delle regole e trastullarci con semplici giocattoli (bambole, orsacchiotti e soldatini). Ma possiamo divertirci anche senza disporre di alcun oggetto perché, in fondo, il giocattolo più grande, che abbiamo ricevuto in regalo dalla nascita, è il cervello, sede della nostra fantasia e della nostra creatività.
Come sappiamo, il gusto di ogni alimento è dato dalla combinazione di quattro sapori fondamentali: dolce, salato, amaro e acido. Anche gli elementi costitutivi di un gioco (il cibo per la nostra mente...) sono essenzialmente quattro: la competizione, la fortuna, il mascheramento e il senso di vertigine. Ci sono giochi in cui una di queste caratteristiche prevale nettamente sulle altre. Per esempio, la competizione prevale negli Scacchi e negli incontri sportivi; la fortuna nel Gioco dell'oca e nella Tombola; il mascheramento nella recitazione e nei travestimenti; il senso di vertigine nella giostra e nelle montagne russe. In genere, però, le caratteristiche di ogni gioco possono essere ottenute dalla combinazione di alcune di queste quattro componenti primarie. Per esempio, le gare tra due squadre in divisa contengono elementi di competizione e mascheramento; i giochi di puro azzardo sono il frutto della combinazione di fortuna e senso di vertigine; i giochi di ruolo, a loro volta, dosano insieme competizione, fortuna e mascheramento.
Nel 1957 la signora Ruth Handler, mentre osservava sua figlia Barbara che giocava, intuì che alla bambina sarebbe piaciuto possedere una bambola provvista di un fornito guardaroba. Partendo da tale idea, nel 1959 realizzò il primo modello della Barbie® (chiamata così, in onore della figlia), destinata a diventare la bambola più famosa del mondo. È sorprendente sapere, però, che in un museo di Roma è conservata una bambolina in avorio, molto simile alla Barbie e dotata anch'essa di un corredo personale, ma risalente a circa 1.800 anni fa.
Le origini del gioco sono antichissime e, come testimoniano i ritrovamenti archeologici, diversi passatempi ancora oggi popolari hanno una storia millenaria. È probabile che, essendo giunti fino a noi attraverso un così lungo viaggio nel tempo, questi stessi giochi continueranno ad allietare anche le generazioni future.
Le origini del gioco sono antichissime e, praticamente, coincidono con la comparsa degli esseri umani sulla Terra. In un certo senso il gioco ha addirittura inizio con... la nascita dell'Universo, quando il Big Bang (ossia la "grande esplosione primordiale") spinse la materia in un vortice caotico che non si sarebbe più arrestato. Da quel momento in poi iniziò un gioco di competizione tra le forze creatrici della Natura e le azioni disordinate del Caso. Secondo questa affascinante teoria, non sono gli essere umani ad avere inventato il gioco, ma è il gioco che ha dato vita all'Universo e, quindi, anche all'uomo.
Se analizziamo i reperti conservati nei musei e osserviamo le scene raffigurate su affreschi e mosaici antichi, notiamo come gran parte degli attuali giocattoli (tranne quelli elettronici) abbia un'origine molto remota. Migliaia di anni fa, in Egitto, in Grecia, a Roma e in tutto il resto del mondo antico, i bambini si divertivano, come quelli di oggi, con palle, palline, cordicelle, trottole, birilli, carretti, bambole e soldatini. Anche giochi più elaborati, come gli Scacchi, il Backgammon e il Mah-Jong, oggi popolari in tutto il mondo, sono nati molto tempo fa. Tra i resti della città di Ur, in Mesopotamia, è stata rinvenuta una scacchiera corredata di dadi e pedine, risalente a circa 4.500 anni fa. Non possiamo conoscere le regole con cui i nostri antenati giocavano, ma solo intuirle. Infatti, nel passato il gioco non era considerato un'attività degna di attenzione e, quindi, non sono arrivate fino a noi molte testimonianze scritte al riguardo.
Non essendo indovini, non siamo in grado di prevedere quali nuovi giochi verranno inventati in futuro; molto probabilmente, però, insieme a passatempi più tecnologici, verranno ancora praticati quelli che hanno allietato grandi e piccini per millenni, tramandandosi di generazione in generazione. I profondi mutamenti che la società ha subìto negli ultimi decenni hanno stravolto le abitudini di giocare delle persone. Molti giochi infantili, come per esempio le partite di pallone, che in passato animavano le strade cittadine, non sono tramontati del tutto: è solo diventato più difficile praticarli, per l'invadenza del traffico automobilistico. Ma basta che ci sia uno spazio adeguato, come una piazzetta vietata al traffico o un terreno libero, che alcuni giochi riappaiono magicamente, come una pianticella che si ostina a spuntare dalla crepa di un muro o da una frattura del manto stradale.
Secondo una leggenda cinese di circa 2.500 anni fa, la barca di cinque pescatori si trovava da vari giorni in balìa di una violenta burrasca. Quando la resistenza dell'equipaggio stava per esaurirsi, un passero apparve al comandante, il saggio Sz, suggerendogli le regole di un gioco da fare con pezzetti di bambù intagliati. Totalmente assorbiti da quel diversivo, i pescatori riuscirono ad attendere con serenità l'arrivo del tempo buono. Il gioco venne poi chiamato Mah-Jong (che, in cinese, significa "passero") e diventò uno dei più diffusi nel mondo.
Il Gioco dell'oca è un passatempo basato solo sulla fortuna, che si svolge lungo un caratteristico percorso a spirale. Non si hanno notizie di questo gioco precedenti al 1580, quando il granduca di Toscana Francesco de' Medici ne regalò un esemplare al re di Spagna Filippo II. Le sue regole hanno avuto, nel tempo, innumerevoli varianti e hanno ispirato altri giochi, come il celebre Monopoli®. È interessante sapere, però, che circa 5.000 anni fa in Egitto esisteva già un gioco simile chiamato Serpente arrotolato per la forma a spirale del percorso da seguire.
Le mani sono state il primo strumento di gioco dell'uomo. Nel corso del tempo sono state utilizzate sia per praticare giochi di competizione, sia per realizzare fantasiose costruzioni o per effettuare sorprendenti trucchi che sembrano magie.
I nostri antenati preistorici, essendo ancora privi di giocattoli, cercavano di divertirsi con quello che avevano sotto mano, ovvero... le proprie mani. In questo modo nacque, tra l'altro, un gioco che pratichiamo ancora oggi, chiamato Morra. Le sue regole sono semplici. Due persone, disposte una di fronte all'altra, abbassano contemporaneamente il pugno destro, distendono velocemente un numero qualunque di dita e, nello stesso tempo, gridano un numero da 2 a 10. Se il numero gridato corrisponde alla somma delle dita distese si segna un punto a favore di chi ha indovinato.
Un altro modo molto antico di divertirsi con le mani è noto attualmente come Gioco dei cinque sassi. In passato questo gioco veniva eseguito anche con noccioli di pesca o piccole ossa di animali (dette astragali o aliossi). Si pongono cinque sassolini nel palmo di una mano e si lanciano in aria, cercando di fare in modo che ricadano tutti sul dorso della stessa mano. Se qualche sassolino finisce per terra, è possibile recuperarlo: per farlo bisogna utilizzare sempre la stessa mano ma facendo attenzione a non far cadere gli altri sassolini già presi.
Uno dei passatempi manuali più divertenti è il Ripiglino, che si effettua intrecciando una cordicella tesa tra le mani, in modo da farle assumere fantasiose configurazioni. Questo gioco è conosciuto da tempo immemorabile da molte popolazioni della Terra.
Con le mani si può anche giocare a costruire oggetti, per esempio belli e raffinati come gli aquiloni. L'arte di costruire e far volare gli aquiloni è molto antica, essendo nata in Oriente prima dell'invenzione della scrittura. In Europa venne introdotta solo nel Medioevo, per opera di alcuni viaggiatori di ritorno dalla Cina.
Risale a più di 1.000 anni fa la tecnica giapponese dell'Origàmi, ossia l'arte di creare, mediante la semplice piegatura di fogli di carta, figure bidimensionali o tridimensionali a forma di fiori, animali e oggetti di ogni tipo.
È interessante notare come i metodi utilizzati in passato per realizzare forme e figure di vario genere siano stati nel tempo assorbiti dall'industria dei giocattoli, anche se oggi si utilizzano materiali diversi. La creta per modellare è stata sostituita dalla plastilina verso la fine del secolo 19o, dal pongo negli anni Sessanta del secolo scorso e, più recentemente, dal Das® e dal Didò®.
Le intelaiature formate da bastoncini di legno legati con cordicelle hanno ispirato il Meccano®, un gioco molto noto fin dalla prima metà del secolo scorso, composto da un insieme di barrette di metallo bucherellato, da avvitare tra loro per realizzare costruzioni e piccole macchine.
I cubetti di legno da sovrapporre, per formare casette o altro, hanno subito varie evoluzioni, fino ad assumere nel 1949 le sembianze dei celebri mattoncini di plastica Lego®.
L'abilità manuale è stata utilizzata, fin dall'antichità, anche per ottenere effetti sorprendenti, simulando la sparizione e la riapparizione di piccoli oggetti. In una pittura egizia, risalente a circa 4.500 anni fa, è raffigurata una persona che esegue un trucco, utilizzando piccoli contenitori (poi chiamati 'bussolotti'). La storia dell'uomo, dall'antichità fino a oggi, è stata affollata da furbi personaggi che ricorrevano a trucchi e giochi di prestigio per simulare il possesso di poteri soprannaturali, in modo da ricavarne onori e ricchezze. Nel corso dei secoli, però, quest'arte ha perso il suo primitivo aspetto magico e soprannaturale e si è trasformata nella più affascinante e coinvolgente forma di intrattenimento spettacolare: quella dei giochi di prestigio.
Al termine del millennio scorso, una giuria internazionale ha assegnato il titolo di Giocattolo del secolo alle costruzioni Lego®. Il nome non deriva dal verbo legare, come potremmo pensare, ma dall'espressione danese leg Godt, che significa "gioca bene". L'ideatore del Lego, negli anni Trenta del secolo scorso, fu il falegname danese Ole Kirk Christiansen. Nei pressi della sua fabbrica, nella città di Billund, dal 1968 sorge Legoland, un affascinante parco dei divertimenti, interamente realizzato con mattoncini Lego.
Non è il possesso di un particolare giocattolo che fa nascere la voglia di giocare. Il livello di creatività che un gioco può sviluppare non dipende dal valore commerciale del giocattolo; al contrario, i giocattoli più semplici sono in genere quelli più stimolanti
Nel 1994, mentre il Ruanda (uno stato dell' Africa orientale) era sconvolto da una sanguinosa guerra civile, i giornali pubblicarono la foto di alcuni bambini ruandesi che, alloggiati in un campo profughi, si divertivano a giocare con strani palloncini, dotati di una cresta a cinque punte. La didascalia spiegava che quei bambini erano stati costretti ad abbandonare i loro villaggi per sfuggire al massacro in atto. Presto, però, avevano scoperto che gonfiando i guanti di lattice in dotazione ai medici del campo potevano ottenere rozzi palloncini, la cui strana cresta era formata dalle dita del guanto. Questo episodio evidenzia come non sia il possesso di un particolare giocattolo a far nascere la voglia di giocare, ma come sia la voglia di giocare a indurci a usare come giocattolo un oggetto qualsiasi. E dimostra anche come l'istinto del gioco sia comune a tutti gli esseri umani, in qualunque parte del mondo vivano e a qualsiasi cultura appartengano.
Il piacere che un gioco può procurare non dipende in alcun modo dal suo valore commerciale. I bambini che nelle regioni povere del mondo spingono automobiline costruite con materiale di scarto si divertono come, e forse più, dei loro coetanei che magari possiedono il modellino radiocomandato di una Ferrari.
Un significativo esempio a riguardo è costituito dall'Awele (detto anche Wari o Mankala), uno dei giochi di strategia più antichi e diffusi nel mondo, il cui svolgimento necessita solo di alcune piccole conche e di un po' di pedine. In molte zone dell'Africa centrale, dell'America Meridionale e dell'Asia sudorientale viene giocato utilizzando buchette scavate nella terra e sassolini. Esistono però anche tavolieri molto pregiati, alcuni di ebano intarsiati in avorio, sui quali, invece che con i sassolini, si gioca con le pietre preziose. Il gusto di disputare una partita ad Awele (come, del resto, qualsiasi altro tipo di partita), però, è dato dai ragionamenti che il suo svolgimento spinge a fare e non certo dal tipo di materiale a disposizione.
Con un po' di fantasia possiamo riuscire a costruirci da soli giocattoli di semplice fattura, ma non certo videogiochi. Proprio perché sembrano provenire da un mondo magico, per noi non accessibile, questi prodotti supertecnologici ci appaiono estremamente affascinanti. Dobbiamo, però, riuscire a non farci catturare troppo da loro, tenendo conto che un gioco perfettamente programmato rischia di soffocare la nostra creatività. Senza contare che, in assoluto, l'ossessiva pratica di uno stesso gioco porta all'elevata specializzazione di alcune capacità, ma può bloccare lo sviluppo di tutte le altre. Così come è necessario adottare un'alimentazione varia per fornire all'organismo tutte le sostanze di cui ha bisogno, allo stesso modo è opportuno praticare diversi tipi di giochi, per stimolare tutte le capacità di cui il nostro cervello è potenzialmente dotato.
Quando, verso la fine del 19° secolo, vennero inventati i tappi di latta per sigillare le bottiglie, i bambini si accorsero subito che quei tappi potevano essere un eccellente strumento di gioco praticamente gratuito. Tra gli innumerevoli modi escogitati per divertirsi con quei piccoli oggetti, uno dei più popolari nel nostro paese era la versione giocosa del più celebre Giro d'Italia ciclistico... un 'giro di latta'. In questo gioco, ogni tappo, opportunamente decorato, rappresentava un corridore ciclista e veniva fatto avanzare, a piccoli colpi di dita, lungo un'apposita pista disegnata per terra.
Un modo molto antico di giocare con le parole consiste nello sfruttare i loro significati a volte ambigui per proporre enigmi da risolvere. Tuttavia possiamo divertirci con le parole anche solo per il semplice gusto di realizzare una composizione creativa: anagrammi, rebus, cruciverba sono alcuni tra i moltissimi giochi che possiamo fare manipolando le parole
L'uso di proporre questioni oscure da interpretare, gli enigmi, ha un'origine che si perde nella notte dei tempi. Possiamo affermare che la stessa storia della scrittura, dai primi graffiti all'invenzione dell'alfabeto, passando per i geroglifici egiziani, si sia sviluppata attraverso una continua 'proposizione' di messaggi da decifrare. Nei testi antichi, compresa la Bibbia, si possono rintracciare numerosi esempi di enigmi. Alcuni di essi sono conosciuti ancora oggi, come quello proposto dalla Sfinge a Edipo: "Qual è l'animale che al mattino cammina con quattro zampe, a mezzogiorno con due ed alla sera con tre?". La soluzione che Edipo riuscì a trovare fu: "L'uomo, che da bambino cammina carponi, da adulto procede ritto sulle sue gambe e, da vecchio, per muoversi ha bisogno anche del bastone".
Con il tempo si è sviluppata anche una versione più semplice e familiare dell'enigma, l'indovinello, e sono stati messi a punto vari giochi da fare con le parole: tra gli altri, i rebus, dove si usano anche le illustrazioni, o i cruciverba, che sono schemi da riempire di parole che rispondono al significato di precise definizioni. Questi giochi attraggono molte persone, di varia età e di diversa cultura, perché sono un modo divertente e stimolante per tenere in allenamento il cervello.
È molto antico anche l'uso di giocare direttamente con le parole intervenendo sulla loro scrittura, come nel caso dell'anagramma, un meccanismo che consiste nel disporre in maniera diversa uno stesso insieme di lettere in modo da formare più parole di senso compiuto. L'anagramma è stato ideato, circa 2.300 anni fa, dal poeta greco Licofrone da Calcide, che si divertì a ricavare dal nome del suo re, Ptolemaios, l'attributo adulatorio Apo melitos ("fatto di miele"), e da quello della sua regina, Arsinoe, Eras ion ("violetta di Giunone").
Questo gioco, come altri analoghi, può fornire spunti per la composizione di enigmi, ma può anche essere utilizzato solo per rivelare sorprendenti 'coincidenze' tra le parole, come, per esempio: attore → teatro; Lugano → un lago; Saturno → un astro.
I giochi linguistici sono giochi con le parole non finalizzati a comporre enigmi. Appartengono a questa categoria, in particolare, la composizione di versi in rima, le filastrocche, le battute e le storielle spiritose. Un genere degno di nota è costituito dal limerick (che prende il nome da una città dell'Irlanda), una particolare filastrocca di antica tradizione anglosassone, resa popolare dal poeta Edward Lear. Un limerick, nella forma più classica, è composto da cinque versi. Il primo verso introduce un personaggio di fantasia; il secondo verso rima con il primo e descrive un'azione compiuta dal personaggio; il terzo e il quarto verso rimano tra loro e contengono uno sviluppo di tale azione; l'ultimo verso si conclude con la stessa parola con cui termina il primo e ripresenta il personaggio in questione, in maniera spiritosa. Il seguente esempio, è stato composto dal celebre scrittore per bambini, Gianni Rodari:
"Un signore molto piccolo di Como / una volta salì in cima al Duomo. / E quando fu in cima / era alto come prima, / quel signore micropiccolo di Como".
La tecnica di disporre un insieme di lettere in modo da riuscire a leggere parole di senso compiuto sia in orizzontale sia in verticale era conosciuta già nell'antica Roma. L'invenzione del moderno gioco del cruciverba, però, risale al 1913 e viene attribuita al britannico Arthur Wynne. Il primo cruciverba ideato da Wynne, che lo pubblicò su un quotidiano statunitense, era di forma romboidale e conteneva spazi bianchi fra una parola e l'altra, equivalenti alle caselle nere che si usano oggi. La funzione delle caselle nere in un cruciverba è analoga a quella delle pause in un brano musicale.
I giochi a squadre aiutano a consolidare lo spirito di collaborazione e il rispetto dei rapporti sociali. Nei giochi di ruolo, invece, è possibile giocare anche senza suddividersi in schieramenti contrapposti. È importante, comunque, giocare non sempre e solo tra coetanei, ma anche in famiglia, tra persone di diversa età, per imparare a stare insieme e a rispettarsi
La grande diffusione che i giochi elettronici hanno avuto nell'ultimo decennio ha incoraggiato la tendenza, sia dei bambini sia degli adulti, a giocare da soli. È importante, però, riuscire a trovare il tempo e il modo per giocare in compagnia, magari dividendosi in squadre. Il gioco tra due schieramenti contrapposti, infatti, aiuta a consolidare lo spirito di collaborazione e il rispetto dei rapporti all'interno di un gruppo. Uno dei più antichi giochi a squadre è il Tiro alla fune che, nell'immaginario di molti popoli, ha rappresentato la lotta tra il Bene e il Male o tra il Cielo e la Terra. Esistono molti tipi di giochi a squadre, ma si può comunque trovare il modo di trasformare in una gara a squadre qualsiasi gioco di competizione tra due persone.
È possibile giocare in compagnia anche senza dividersi in squadre. Nei cosiddetti giochi di ruolo, in particolare, tutti i partecipanti collaborano tra loro per raggiungere un obiettivo comune, come la sconfitta di un perfido nemico esterno. Il capostipite di questi giochi, Dungeons & Dragons ("Sotterranei e Dragoni"), è stato ideato negli Stati Uniti nel 1974; da allora sono state inventate diverse migliaia di giochi basati sullo stesso principio. Ogni partecipante a un gioco di ruolo interpreta un personaggio di fantasia, dotato di attitudini particolari, diverse da quelle degli altri. Lo svolgimento di ogni partita è guidato da un giocatore esperto, detto master, che descrive ai partecipanti l'ambiente immaginario in cui si trovano e prospetta loro i possibili sviluppi delle vicende, oltre a decidere le azioni di tutti i personaggi nemici. È interessante notare che nei giochi di ruolo non sono previsti né vinti, né vincitori. Lo scopo principale è vivere fantasiose avventure, tutti insieme; il divertimento maggiore consiste proprio nell'interpretare i ruoli dei vari personaggi.
Nel nostro paese si gioca in famiglia, tra persone di diversa età, per lo più durante le feste di Natale, scegliendo in genere un gioco di pura fortuna, come la Tombola, per mettere tutti i partecipanti sullo stesso piano.
In Giappone, invece, durante le feste di Capodanno, si gioca al tradizionale Uta Garuta ("Cento Poemi"), un gioco che non si basa sulla fortuna, ma sulla conoscenza delle poesie nazionali. Il capofamiglia, che tradizionalmente conduce il gioco, legge il primo verso di una poesia e gli altri, divisi in due squadre, devono trovare velocemente la carta che contiene il resto del componimento. E a riuscirci prima degli altri sono spesso proprio i bambini, dotati di grande memoria.
Ma giocare in famiglia è anche, e soprattutto, un modo piacevole per stare insieme. In Germania è molto diffusa una particolare categoria di giochi in scatola, detta Familienspiele ("giochi per famiglia"), ognuno dei quali prevede la partecipazione di due, tre o molti più giocatori.
Nel 1454 due cavalieri della cittadina veneta di Marostica si sfidarono a duello, essendo entrambi innamorati della giovane e bella Lionora. Il padre della ragazza, però, li invitò a confrontarsi pacificamente in un'originale partita a scacchi, con persone mascherate al posto degli scacchi. I due accettarono e, per fortuna di Lionora, vinse proprio chi le stava più a cuore. In ricordo di quell'episodio, una partita tra due squadre, formate da scacchi viventi, viene ripetuta sulla piazza di Marostica, disegnata come una scacchiera, tutti gli anni pari, nel secondo fine settimana di settembre.
Alcuni tipi di giochi, se giocati a livello professionale, possono essere praticati solo dagli adulti, perché richiedono requisiti che i bambini, in genere, non posseggono, come, per esempio, un elevato grado di cultura, la capacità di svolgere complessi ragionamenti, la disponibilità di denaro
Per quanto un bambino sappia già leggere e scrivere, sia dotato di ottima memoria e abbia una forte voglia di imparare, non potrà mai possedere quella grande quantità di nozioni e competenze che può essere acquisita solo con il passare degli anni. Di conseguenza, solo i ragazzi più grandi e gli adulti sono in grado di praticare quei giochi che richiedono consolidate conoscenze, di tipo culturale (come i quiz e i cruciverba), o scolastico (come i giochi matematici), o specialistico (come i giochi enigmistici e quelli di strategia).
Questi stessi giochi, però, se strutturati in modo da richiedere conoscenze 'a portata di bambino', possono essere praticati anche dai giovanissimi e sono molto utili per tenere la mente ben allenata.
Esistono giochi solitari di ricomposizione (puzzle e rompicapi) che possono risultare molto impegnativi per i bambini, non perché necessitino di specifiche conoscenze, ma perché richiedono l'elaborazione di complessi ragionamenti che solo la mente di un adulto (o almeno di un adolescente) può essere in grado di sviluppare. Uno dei più noti tra questi è il Cubo magico, ideato dall'ungherese Ernö Rubik verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso. Questo gioco, definito il rompicapo del 20o secolo, è molto coinvolgente in quanto, dopo aver effettuato anche solo poche rotazioni degli strati in cui è suddiviso un cubo formato da 26 celle di colori diversi, risulta estremamente difficile riuscire a ricomporlo in modo che presenti tutte le facce colorate in maniera uniforme.
Altri tipi di giochi che abitualmente vengono praticati solo dagli adulti sono quelli detti d'azzardo (la parola deriva dal vocabolo arabo al-zahr, che vuol dire "dado da gioco"), per i quali è necessario disporre di somme di denaro che abitualmente i bambini non possiedono. Questi giochi, infatti, consistono nel 'puntare' soldi sull'esito di un avvenimento casuale, come l'estrazione di un numero, il punteggio ottenuto lanciando dei dadi, il risultato di una gara sportiva, e cosi via. La pratica dei giochi d'azzardo è apparsa molto presto nella storia dell'umanità e moltissimi giocatori hanno bruciato intere fortune, mandando in rovina sé stessi e le loro famiglie. Senza contare che l'abitudine al gioco d'azzardo, come hanno dimostrato da tempo gli psichiatri, può trasformarsi, alla lunga, in una vera e propria ossessione, in un grave disturbo del comportamento.
Le lotterie gestite dallo Stato furono inventate intorno al 60 d.C. da Nerone. Il furbo imperatore romano, quando desiderava incamerare cospicue somme di denaro senza ricorrere a nuove tasse (e rischiare, così, di scatenare sommosse popolari), faceva mettere in vendita una grande quantità di tavolette di legno con inciso un codice di riconoscimento. Ognuna di queste poteva essere acquistata a un prezzo piuttosto basso, ma dava il diritto di partecipare all'estrazione di un premio estremamente allettante: un terreno, una casa o capi di bestiame.
Costruire strumenti matematici contando i conigli
Il matematico italiano Fibonacci ha contribuito più di ogni altro a introdurre, nell'Europa medievale, il sistema di numerazione indo-arabo, da allora universalmente adottato nel mondo occidentale. Da lui prende nome anche una celebre successione di numeri, utile per studiare come si moltiplicano i conigli
Leonardo Pisano, detto Fibonacci, da filius Bonaccii, perché figlio di Guglielmo Bonacci, è un personaggio di importanza centrale nella matematica e nella cultura di epoca medievale. Nato a Pisa nel 1175 trascorse gran parte della giovinezza, al seguito del padre commerciante, nell'Africa del Nord, dove apprese i principi della matematica indiana e araba, che si erano sviluppate secondo modalità diverse da quella europea, fondata sull'eredità greca.
Tornato in Italia, i suoi libri ‒ soprattutto il Liber abbaci, scritto nel 1202 ‒ contribuirono in modo determinante a mostrare i vantaggi dell'uso delle cifre e della numerazione indo-araba nella soluzione di vari problemi di calcolo, spesso di origine mercantile, rispetto alle pratiche di calcolo con le cifre romane. Questa fu una delle principali ragioni che portarono all'introduzione in Europa del sistema di numerazione arabo, da allora universalmente adottato nel mondo occidentale.
Molti problemi legati allo sviluppo delle popolazioni, umane o animali, sono stati affrontati da un punto di vista matematico. È lo studio della dinamica delle popolazioni, argomento oggi più attuale che mai. Considerate, per esempio, la situazione seguente. Da una coppia di conigli, animali che si riproducono in modo molto rapido, in un momento dato nasce un'altra coppia di conigli.
Passa un mese e la coppia iniziale genera un'altra coppia di animali, mentre la prima coppia nata, che è ancora troppo giovane per riprodursi, dovrà aspettare il mese successivo. Al terzo mese, questa coppia e quella iniziale generano ognuna un'altra coppia di conigli. Lo stesso accade il mese successivo e così via, supponendo dunque che coppie nuove di conigli inizino ad avere figli solo a partire dal secondo mese dopo la loro nascita. Ci possiamo chiedere quante coppie di conigli ci saranno in tutto alla fine di un certo periodo di tempo, supponendo che siano rimasti tutti in vita.
Proviamo a rispondere contando il numero di coppie che si hanno mese per mese. Si parte da 1 coppia, cioè all'inizio la risposta è 1. Al primo mese abbiamo ancora una sola coppia, perché i conigli sono ancora troppo giovani per riprodursi.
Al secondo mese abbiamo 1 coppia più la coppia di figli appena nata, cioè 2 coppie. Al terzo mese, solo 1 delle 2 coppie può avere figli, e dunque si avranno in tutto 3 coppie. Al quarto mese, delle 3 coppie esistenti al mese precedente solo 2 possono avere figli, e avremo 5 coppie. Il mese successivo potranno avere figli solo le coppie che erano presenti al mese precedente, cioè 3 coppie, e si avranno dunque in tutto 8 coppie.
Il meccanismo è chiaro: per avere il numero di coppie di conigli presenti in un certo mese, quello che dobbiamo fare è sommare le coppie presenti il mese prima a quelle presenti nel mese ancora precedente, che sono le sole in grado di procreare al mese considerato.
La successione di numeri che viene fuori è 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, … , che vengono chiamati numeri di Fibonacci, perché il matematico italiano è stato il primo a prenderli in considerazione, proprio esaminando il problema dei conigli.
Come abbiamo visto, è molto facile costruire i termini successivi della successione di Fibonacci. Tutto quello che dobbiamo fare è sommare ogni volta gli ultimi due numeri della successione per trovare il termine successivo. Così, dopo 55, si avrà 34 + 55, cioè 89, dopo di che 55 + 89 = 144 e così via. Si tratta di una delle successioni di numeri più celebri considerate in matematica, anche per le numerose applicazioni che trova in ambito reale, per esempio in campo artistico, in connessione con il celebre rapporto numerico chiamato sezione aurea.
È il più importante matematico del Medioevo: scrisse intorno al 1200 il Liber Abbaci, un trattato molto importante, che tra l'altro introduceva, per la prima volta in Occidente, la numerazione araba. Fibonacci dedicò un intero capitolo della sua opera a giochi ed enigmi matematici, sostenendo che lo spirito umano ha bisogno di staccarsi ogni tanto dai problemi legati alla vita quotidiana, mantenendo però il piacere di tenere allenata la mente e continuando a esercitare la creatività.
Un gioco di competizione, basato su una serie di azioni fisiche da compiere, viene chiamato gioco sportivo e può essere effettuato in forma individuale o a squadre. Il suo svolgimento può appassionare anche chi lo segue da semplice spettatore. Oggi, contrariamente al passato, l'interesse per il risultato di una gara prevale di gran lunga sullo spettacolo che questa può offrire
Se un gioco di competizione si basa essenzialmente sull'esecuzione di una serie di movimenti fisici viene chiamato, in generale, gioco sportivo; ma se le sue regole sono le stesse in tutti i paesi del mondo viene denominato, più sinteticamente, sport. La sequenza di azioni atletiche che lo svolgimento di un gioco del genere determina può appassionare non solo chi lo pratica, ma anche chi lo segue da semplice spettatore. Al giorno d'oggi, grazie soprattutto alla sua grande diffusione per opera della televisione, lo sport è la forma di spettacolo di gran lunga più seguita al mondo.
È buffo notare come il termine 'sportivo' venga utilizzato sia per indicare chi pratica effettivamente uno sport, sia chi lo segue (magari in poltrona!) da semplice spettatore. Nella nostra società, però, lo sportivo che partecipa e quello che assiste sono accomunati dal fatto di provare molto più interesse nei confronti del risultato finale di una gara che dei suoi potenziali aspetti spettacolari. Questo atteggiamento finisce spesso per creare tensioni e polemiche, mentre una qualsiasi rappresentazione, artistica o sportiva, dovrebbe essere valutata non solo in base alla sua conclusione ma per le emozioni che è in grado di suscitare lungo tutto il suo svolgimento.
Gli sport nei quali ogni partecipante gareggia solo per sé stesso sono definiti individuali. Appartengono a questa categoria le corse (podismo, ciclismo, automobilismo, ecc.), i lanci (peso, disco, giavellotto, ecc.), i salti (alto, lungo, triplo, ecc.), le esibizioni personali (ginnastica, tuffi, sollevamento pesi, ecc.) e le gare tra due soli contendenti (scherma, pugilato, tennis, e altri).
Gli sport nei quali, invece, si confrontano due diversi gruppi di atleti sono definiti sport a squadre. Appartengono a questa categoria la maggior parte dei giochi con la palla: calcio, pallavolo, pallanuoto, pallacanestro, rugby, baseball, e altri ancora. In ogni modo, introducendo opportune regole, molti sport di tipo individuale possono essere giocati a squadre: tipici sono i casi della gara di staffetta a squadre nell'atletica e delle gare di doppio nel tennis.
Nell'antichità le competizioni sportive erano in prevalenza legate a cerimonie religiose o magiche; di conseguenza, la loro componente spettacolare predominava sugli aspetti più prettamente agonistici. Il genere di giochi praticato era molto condizionato dalle esigenze della vita quotidiana. Per esempio, i Sumeri, che erano temibili guerrieri, si dedicavano ad attività come la lotta e le gare a cavallo perché la competenza in queste attività poteva tornare utile in battaglia. Gli Egizi coltivavano soprattutto le discipline acquatiche perché, vivendo sulle rive del Nilo, saper nuotare per loro era una necessità fondamentale. Del resto questo aspetto del gioco è condiviso anche da molte specie animali: i gattini che lottano tra loro si stanno esercitando per futuri duelli d'amore e imprese di caccia.
La consuetudine di organizzare manifestazioni sportive di fronte a un pubblico numeroso nacque e si sviluppò in Grecia. In origine i vincitori erano, sì, tenuti in grandissima considerazione, ma era soprattutto l'armonia delle esibizioni atletiche nel loro complesso ciò che contava più di ogni altra cosa.
Nel 18° secolo si diffuse nelle università inglesi un gioco analogo a quello che già nel Rinascimento veniva praticato a Firenze. Col tempo, tra gli studenti si accese una disputa per stabilire se si potesse toccare il pallone anche con le mani o solo con i piedi. Da tale conflitto nacquero due sport diversi. Quello che consentiva l'uso delle mani venne chiamato rugby, dal nome dell'università dove era più giocato; quello che, invece, permetteva di toccare il pallone solo con i piedi venne chiamato football (letteralmente " pallapiede").
Gli antichi giochi olimpici, che si organizzavano ogni quattro anni in Grecia, a partire dal 776 a.C., erano talmente seguiti che durante il loro svolgimento venivano sospesi i conflitti armati. La tradizione delle Olimpiadi, interrotta nel 393 d.C., è stata ripresa nel 1896, per iniziativa del barone francese Pierre de Coubertin, ma non ha avuto, purtroppo, il potere di fermare le guerre
All'anno 776 a.C. si fa risalire la prima edizione dei giochi olimpici, tenuta in Grecia presso la città sacra di Olimpia. Dato il successo di pubblico, i giochi furono ripetuti, da allora, ogni quattro anni, sempre a Olimpia, e si estesero a un numero sempre maggiore di discipline: le corse dei carri e dei cavalli, i lanci del disco e del giavellotto, i salti in alto e in lungo, la lotta, il pugilato e il pentathlon (gara basata su cinque diverse prove). Nacque così l'Olimpiade, una grande manifestazione sportiva che coinvolgeva tutte le popolazioni della Grecia, divise politicamente, ma unite da una stessa cultura. Appositi araldi si recavano nelle varie città, anche le più lontane, per annunciare l'imminente inizio dei giochi, durante lo svolgimento dei quali veniva sospesa ogni guerra in atto. Il premio per i vincitori consisteva solo in una simbolica corona di alloro, ma la vittoria dava grande prestigio a chi la conquistava. Per garantirsi un vivaio di atleti preparati, ogni città fece costruire palestre attrezzate e affidate a validi istruttori. In questo modo, fin dalla giovane età, i cittadini greci avevano la possibilità di svolgere un sano esercizio fisico. Le Olimpiadi si succedettero rigorosamente, ogni quattro anni, fino al 200 a.C.; poi, si svolsero in maniera meno regolare fino al 393 d.C., quando vennero sospese definitivamente dall'imperatore cristiano Teodosio.
La tradizione dei giochi olimpici venne ripresa nel 1896, ad Atene, per iniziativa del barone francese Pierre de Coubertin. Scrittore di pedagogia e sport, egli era convinto che la pratica sportiva fosse il miglior rimedio contro i pericoli di corruzione e di depravazione della gioventù. Da allora, le Olimpiadi hanno ricominciato a svolgersi ogni quattro anni, cambiando ogni volta la propria sede. Il programma delle gare, che nella prima edizione comprendeva solo dieci sport (atletica, canottaggio, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro), venne poi modificato e ampliato. Purtroppo, a differenza delle antiche Olimpiadi, quelle moderne non hanno fermato le guerre, ma hanno anzi dovuto essere sospese tre volte, nel 1916, nel 1940 e nel 1944, a causa dei conflitti mondiali (v. Prima guerra mondiale e Seconda guerra mondiale) allora in corso.
Nel 1924 sono nate le Olimpiadi invernali, dedicate alle discipline su neve e ghiaccio (bob, pattinaggio, sci, ecc.).
Il simbolo delle Olimpiadi moderne, disegnato dallo stesso Pierre de Coubertin, è composto da cinque anelli colorati, intrecciati su sfondo bianco, e raffigura l'ideale incontro degli atleti di tutto il mondo. I colori degli anelli rappresentano i cinque continenti (blu: Europa; giallo: Asia; nero: Africa; verde: Oceania; rosso: America). Accanto al simbolo, nello stemma ufficiale compare anche il motto latino "Citius, altius, fortius" ("più veloce, più alto, più forte").
L'inizio di ogni Olimpiade moderna è preceduto da un rituale molto suggestivo. Nella città che ha ospitato l'ultima edizione dei giochi viene inviata una fiaccola che, in precedenza, è stata accesa nel tempio di Era a Olimpia, concentrando su di essa i raggi solari. Poi, sempre accesa, la fiaccola viene trasportata fino alla nuova sede dei giochi attraverso le strade di tutto il mondo, grazie a una catena formata da migliaia di portatori della fiaccola (tedofori), ognuno dei quali copre a piedi il percorso di un chilometro prima di consegnarla al portatore successivo.
Possiamo giocare senza regole o divertirci a cambiarle. Ma una volta stabilite, le regole del gioco vanno rispettate da tutti i partecipanti. Chi non le rispetta si comporta da baro o da guastafeste. In molti giochi un giudice di gara provvede a far rispettare le regole; tuttavia un giudice può punire i guastafeste, ma difficilmente può individuare un baro.
Abbiamo visto che si può anche giocare senza regole; esistono, però, innumerevoli giochi (di competizione, enigmistici, linguistici, logici, ecc.) che acquistano vita solo se vengono effettuati nel rispetto di un determinato regolamento. Come per gli sport, le regole di molti giochi popolari sono state codificate a livello internazionale ed è essenziale che siano conosciute e osservate da tutti i partecipanti. La conoscenza implicita delle regole è molto importante, perché ci permette di competere con persone del tutto sconosciute, oltre che con i nostri amici e conoscenti, e di partecipare, volendo, a campionati e tornei. Come un linguaggio universale, il regolamento ufficiale di un gioco ci consente di giocare persino tra stranieri, senza conoscere affatto le reciproche lingue!
Quando le regole di un determinato gioco cominciano ad apparire noiose e ripetitive (ogni gioco è bello quando dura poco...) possiamo sempre modificarle. Il gioco più bello è proprio quello di inventare nuovi giochi. È con questo spirito che sono nati migliaia e migliaia di differenti modi di giocare a partire da uno stesso materiale di gioco (dadi, mazzi di carte, scacchiere e pedine, biglie, palloni, ecc.).
Il giocatore che rovina lo svolgimento di una partita, non rispettando apertamente le regole del gioco o contestandole in continuazione, è considerato un guastafeste. Il giocatore che, invece, trasgredisce di nascosto qualche regola viene definito baro.
Nello sport è un guastafeste chi commette molti falli volontari a danno degli avversari; è un baro, invece, sia chi assume sostanze proibite per potenziare le proprie prestazioni, sia chi gioca male di proposito, per falsare l'esito di un incontro a favore di qualche scommettitore. L'azione del baro è molto insidiosa, soprattutto nei giochi che prevedono puntate in denaro. In questi casi, infatti, appropriandosi di soldi altrui con l'inganno, il baro si comporta, a tutti gli effetti, come un ladro. Senza contare che la pratica di truccare l'esito delle gare danneggia gravemente il mondo dello sport. È illuminante sapere che le antiche Olimpiadi vennero soppresse dall'imperatore Teodosio, oltre che per motivi politico‒religiosi, anche perché il loro livello spettacolare si era abbassato notevolmente a causa della disonestà dilagante tra gli atleti, coinvolti nel giro di scommesse che ruotava intorno all'esito delle gare.
Per garantire che tutti i partecipanti a un campionato o a un torneo rispettino il regolamento di gioco, è buona abitudine prevedere la presenza di un giudice di gara che vigili sul corretto andamento della competizione. Nello sport, la persona che svolge questo tipo di ruolo viene chiamata arbitro e la sua funzione è indispensabile per lo svolgimento di quasi tutti i generi di gare sportive. L'arbitro ha il compito fondamentale di far osservare le regole, di punire le azioni fallose e di convalidare il risultato finale. Difficilmente, però, può rilevare la presenza di qualche imbroglio; in particolare, non ha alcuno strumento per stabilire se un atleta sta giocando male per sua libera scelta o per un reale calo di rendimento. Senza contare che l'arbitro stesso può non comportarsi correttamente... se qualcuno riesce a corromperlo.
Sicuramente l'importanza del baro è proporzionale agli interessi economici che gravano su una gara sportiva: in un incontro tra ragazzi su un campo sterrato un baro non avrebbe molto senso!
«"Chi vi ha portato da me, compar Geppetto?". "Le gambe. Sappiate, mastr'Antonio, che son venuto da voi, per chiedervi un favore. … Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno; ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino…"».
Per realizzare il suo sogno, al povero Geppetto manca solo un bel pezzo di legno, cosa che per l'appunto è venuto a chiedere a mastr'Antonio. Tornato a casa con un ciocco che neanche vale due soldi, il falegname si mette subito all'opera. Come un fabbricante di giocattoli, procede ispirato. Con pialla e scalpello lavora di gran lena per dare una forma umana al ceppo.
Ma appena intagliati, ecco che gli occhi cominciano a muoversi e a guardar fisso quelli di Geppetto. Poi è la volta del naso, che si allunga a dismisura, e della bocca che, non ancora finita, comincia a ridere e a tirar fuori la lingua. "Che birbante!", pensa il vecchietto, ma non è per nulla arrabbiato. Al burattino che sta creando già vuol bene come a un figlio, e un genitore, si sa, è sempre pronto a perdonare.
Per tutta la vita il povero falegname ha desiderato avere un bambino. Perciò ora non gli interessa sapere se Pinocchio è vero o finto. Che differenza fa? Per far vivere gli oggetti ci vuole per forza la magia di una fata, magari Turchina? O è sufficiente un po' di fantasia? Una cosa è certa: d'ora in poi Geppetto non si sentirà più solo e questo gli basta.
Ma prima che Geppetto prendesse pialla e scalpello, l'anima di Pinocchio c'era o non c'era in quel pezzo di legno? Sentiamo cosa racconta a questo proposito una fiaba del popolo africano dei Tuareg. Tre fratelli, un falegname, un sarto e un poeta, decidono un giorno di lavorare come guardiani in un frutteto. Una notte, mentre è di guardia, il falegname scorge un ramoscello che sembra danzare alla luna.
Lo recide e, con l'abilità delle sue mani, gli dà un corpo e un viso di donna. Ammirando la grazia della figura appena intagliata, il sarto cuce allora una tunica preziosa che la rende ancora più bella. Quando il giorno dopo il poeta vede lo splendore della bambola, si commuove e decide di regalarle un'anima. Così il pupazzo da oggetto inanimato si trasforma in una donna.
Il mattino dopo, però, in virtù di ciò che ciascuno le aveva dato, ogni fratello reclama la donna per sé e i tre cominciano a litigare. Decidono allora di rivolgersi a un vecchio saggio che, dopo aver ascoltato le pretese di ciascuno, dà ragione al poeta dicendo: "Questa donna appartiene a chi le ha dato un'anima". A pensarci bene, infatti, un semplice burattino o una splendida bambola diventano veri solo se qualcuno sa renderli vivi. I bambini sono veri maestri in quest'arte. Invece, non si sa perché, i grandi sono molto più 'imbranati'. Non è necessario che i giocattoli siano complicati o costosi perché avvenga questo genere di magia. Basta guardare i tanti giochi poveri che i ragazzi del mondo si costruiscono da soli con materiali di fortuna.
"Erano tutti giocattoli molto costosi, che gli amici di Momo non avevano mai posseduto… e Momo meno di tutti. Erano cose così perfette in ogni minimo particolare che la fantasia non poteva aggiungere altro. E i bambini se ne stavano seduti anche per ore a guardare ipnotizzati, e nello stesso tempo annoiati, una di quelle cose che ronzava, traballava o girava ma che non suscitava alcuna idea. Perciò finivano per tornare ai loro vecchi giochi per i quali bastavano un paio di scatole, una tovaglia sbrindellata, un ponticello di talpa, due penne di tacchino o una manciata di ghiaia. Con quella roba si poteva immaginare tutto". I giochi meccanici, si racconta nella storia di Momo, avevano cominciato a girare tra i bambini dopo l'arrivo dei Signori Grigi.
Prima la vita in città era diversa. Nessuno aveva paura di sprecare tempo. Tutti venivano a trovare Momo, la bambina che viveva tra i ruderi del vecchio anfiteatro, per stare insieme, ascoltare una storia e divertirsi. Poi erano arrivati i Signori Grigi con le loro strane idee. "È troppo prezioso il tempo per sprecarlo in attività inutili come giocare!", dicevano agli adulti. Da allora le cose sono molto cambiate. Nessuno trova più il tempo per stare in compagnia come una volta. Anche i genitori sono sempre impegnati. Invece di giocare con i figli preferiscono regalare giocattoli costosi e senz'anima. Ma Momo non si dà per vinta. Un giorno scopre che dietro ai discorsi dei Signori Grigi c'è una colossale truffa. Così decide di restituire ai suoi amici le ore rubate dalla banda di furfanti.
Nella città di Momo ora tutti si sentono più liberi: di avere più tempo, di inventarsi cose nuove, di giocare a 'far finta che...'. Il mondo dei giochi è un luogo fatato dove tutto può accadere. Basta avere immaginazione. Come ne aveva, e tanta, Alice: ""Cosa ci sarà dietro il grande specchio sul caminetto?", domanda Alice al suo gatto durante una partita a scacchi. "Ah, se solo questo vetro si sciogliesse e diventasse nebbia…"".
Il desiderio di attraversare quella barriera doveva essere proprio forte. A forza di sognarlo, il prodigio si avvera e in un batter d'occhio Alice si ritrova dall'altra parte dello specchio. A prima vista tutto le sembra uguale alla camera che aveva lasciato solo qualche secondo prima. A terra, in mezzo alla cenere del camino ci sono perfino le sue pedine da gioco.
"Ma subito dopo, con un piccolo "Oh!" di sorpresa, restò a guardarli con un palmo di naso: i pezzi degli scacchi se ne andavano in giro a due a due! "Ecco il Re Rosso e la Regina Rossa", disse Alice (in un sussurro, per paura di spaventarli), "ed ecco il Re Bianco e la Regina Bianca che siedono sul bordo di una pala ed ecco le due Torri che camminano a braccetto e che se ne andavano in giro in coppia"".
Sulle prime Alice pensa di essere invisibile ma poi la Regina Rossa le rivolge la parola e, senza domandare nessun permesso, la trascina in una memorabile partita a scacchi. Così, nel mondo capovolto dello specchio dove i libri sono scritti al contrario e i giochi hanno vita propria, la bambina comincia a saltare e a spostarsi come fosse su un'enorme scacchiera.
Nella sua incredibile avventura Alice incontra fiori viventi e uova parlanti, cavalieri e personaggi strampalati che le declamano filastrocche e pongono quesiti. La bambina sta al gioco e non si spaventa, diventa lei stessa Regina e in undici mosse vince la partita.
Anche la piccola Marie vive una straordinaria avventura nel mondo dei giocattoli. Capita la vigilia di Natale quando, tra i tanti regali sistemati sotto l'albero, scopre uno strano ometto. Come pupazzo non vale molto, ha la testa troppo grande e il corpo sproporzionato, ma come schiaccianoci è perfetto. A Marie piace subito molto: ha un'aria elegante e bonacciona e gli occhi di un bel verde pisello. Così, quando quella sera una noce troppo dura mette fine alla sua breve carriera di schiaccianoci, la bambina decide di tenerlo per sé.
Più tardi, mentre tutti sono a letto e Marie sistema il pupazzo rotto tra gli altri giochi, ecco che un esercito di roditori capeggiati dal Re dei Topi invade il salone. In file compatte le bestiacce avanzano squittendo verso la bambina ormai paralizzata dalla paura. Ma a un tratto nella stanza, come per incanto, tutti i giocattoli si svegliano e si animano e, con in testa lo schiaccianoci, sono pronti a rispondere all'offensiva. La lotta contro i topastri è dura ed estenuante, ma alla fine il Re dei Topi è sconfitto. E non basta! L'affetto che Marie nutre per il suo pupazzo rompe l'incantesimo che lo teneva prigioniero e al posto dello schiaccianoci appare un bellissimo giovane. Che importa se gli adulti non credono alla storia? Lei ha trovato il suo principe azzurro e questo le basta. (Maria Cristina Paterlini)
Vermondo Brugnatelli, Runja, la fanciulla più bella della luna e della rosa, in Fiabe del popolo Tuareg, Mondadori, Milano 1994 [Ill.]
Lewis Carroll, Alice nel mondo dello specchio, Rizzoli, Milano 1992 [Ill.]
Lewis Carroll, Alice nel mondo dello specchio, Fabbri, Milano 2001
Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Giunti, Firenze 1992
Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Giunti, Firenze 1994 [Ill.]
Enzo D'Alò, Momo alla conquista del tempo, Italia 2001 [Ill.]
Michael Ende, Momo, Longanesi, Milano 1984 [Ill.]
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Schiaccianoci e il Re dei Topi, Mondadori, Milano 1985 [Ill.]
Gianni Rodari, La freccia azzurra, Editori Riuniti, Roma 2000 [Ill.]