LATTES, Giorgina
Nacque a Torino il 17 ott. 1913 da Enrico e da Ada Segre. La L., la cui famiglia apparteneva all'alta borghesia torinese, crebbe in un ambiente culturalmente aperto e vivace, politicamente animato da forti ideali antifascisti, come testimoniano anche alcune delle sue frequentazioni abituali, tra cui Vittorio Foa, Norberto Bobbio, Franco Antonicelli e Leone Ginzburg, del quale eseguì un noto ritratto (1933, collezione privata: in Macco, p. 15). Tra i personaggi di spicco del circolo culturale frequentato dai Lattes e amico di famiglia era anche Felice Casorati, nella cui scuola di pittura la L. entrò ancora giovanissima nella seconda metà degli anni Venti.
La scuola divenne un importante luogo di formazione per la L. che, per motivi di salute, non poté completare gli studi liceali. Contemporaneamente la L. frequentò le lezioni di danza tenute da Bella Hutter, nella palestra realizzata a tal fine per volere di Riccardo Gualino. Nello studio di Casorati, accanto a lei, si ritrovavano altre significative esponenti dell'arte del Novecento, quali Nella Marchesini, Marisa Mori, Lalla Romano, Paola Levi Montalcini, Daphne Maugham (che nel 1930 sposò Casorati) e Jessie Boswell, con le quali l'artista condivise lunghe giornate di esercizio e di pratica pittorica e la possibilità di vedere le proprie opere esposte al pubblico accanto a quelle del maestro nei locali della scuola e anche in mostre nazionali tra cui la Promotrice di Torino (1929, 1930 e 1932: Bellini).
Prevale nella prima produzione della L., della quale restano poche testimonianze, una predilezione per il ritratto, genere che non avrebbe mai abbandonato del tutto, e per le nature morte, con caratteristiche stilistiche e tecniche riconducibili all'arte del maestro - la scelta di toni pacati, la staticità della composizione, l'attenzione alla resa formale, la notevole capacità introspettiva nell'analisi dei soggetti e il preferenziale ricorso all'olio secco - che ricorrono in opere quali il Ritratto di Marisa Mori (1930: proprietà dell'erede, ripr. in VI Biennale donna, p. 112), il Ritratto di Eugenio Gara (1936: collezione privata, ripr. ibid., p. 113) e Uomo seduto (1939: collezione privata, ripr. ibid.).
Nel 1935 la L. si stabilì a Londra e qui ebbe modo di frequentare le lezioni di scenografia alla Slade School. Ma l'aggravarsi delle sue condizioni di salute fece sì che già nel 1937 la L. ritornasse in Italia. Il 29 dic. 1938 a Torino sposò Bruno Herlitzka, con il quale il 6 genn. 1939, a causa delle persecuzioni antisemite, la L. si trasferì in Argentina, dove la seguirono entro breve tempo anche i genitori e la sorella minore Luciana (Macco, p. 19). A Buenos Aires la L. si dedicò alla decorazione di ceramiche prodotte a scopo commerciale e realizzate soprattutto per "Conte", elegante negozio cittadino, e per la ditta Cinzano.
In tali manufatti (vassoi, quadretti e posacenere), ormai di difficile reperibilità, erano raffigurati attrezzi e utensili di uso comune nelle vaste tenute terriere oppure nudi e figure femminili (ibid., p. 21).
Nella capitale argentina la L. proseguì la propria ricerca pittorica e fu qui che tenne la prima personale nel 1943, alla galleria Müller. Ancora a Buenos Aires, nel 1947, nacque la figlia Laura.
Tornata in Italia nei primi anni Cinquanta, si stabilì a Roma. Tra le testimonianze più significative di questo periodo, non particolarmente prolifico, sono i ritratti, realizzati soprattutto servendosi della tecnica incisoria del monotipo su carta, adottata a partire dal 1951. Ma il crescente bisogno di trovare nuovi punti di riferimento in un ambiente artistico ormai radicalmente cambiato spinse la L., nell'autunno del 1957, a trasferirsi per alcuni mesi a Parigi per studiare incisione presso l'atelier di J. Friedlander. La pratica dell'incisione e ancor più la frequentazione di Gianni Bertini, la cui produzione era allora riconducibile all'ambito informale, furono le esperienze che, durante questo soggiorno, maggiormente influirono sulla L., aiutandola nell'individuazione di un nuovo indirizzo di ricerca in senso non figurativo, i cui risultati trovarono espressione una volta tornata a Roma nelle sue numerose tempere, nelle quali si esplicitava una forte spinta alla sperimentazione tecnica e materica. Un ulteriore impulso verso il rinnovamento dei mezzi espressivi fu dato alla L. dall'incontro con Corrado Cagli, conosciuto nel 1957 e alla cui arte si trovano chiari riferimenti nelle opere presentate nel 1959 alla galleria Il Segno (aperta dal marito e da Carla Panicali nel 1957), prima mostra personale della L. in Italia, in cui espose opere ispirate ai paesaggi marini di Eilat e di Palinuro, in quegli anni suoi luoghi di villeggiatura.
Esempi ne sono due opere (Eilat e Palinuro, 1959: proprietà dell'erede, in Macco, tavv. VII e VIII) a tempera su carta, tecnica allora preferita dalla L., giocate sui toni dei grigi e degli azzurri, in un alternarsi di macchie e segni talvolta dalla forte evidenza materica, che non raffiguravano più un paesaggio reale, ma avevano l'indubbia capacità di evocarlo.
Contemporaneamente all'attività espositiva in gallerie private la L. iniziò, già sul finire degli anni Cinquanta, a partecipare a mostre nazionali, tra le quali si ricordano l'VIII (1959-60: catal., p. 222) e la IX (1965: catal., p. 140) Quadriennale di Roma.
All'inizio degli anni Sessanta, la L. iniziò a sperimentare la tecnica del collage, utilizzato in opere quali Tempera astratta (1962), donata dall'artista alla Galleria d'arte moderna di Torino in occasione della personale tenuta in città nel 1988 (ripr. in Macco, tav. XII). Ancora facendo ricorso al collage la L. realizzò nel 1964, la serie di opere dal titolo Rocce di Ponza (proprietà dell'erede), dopo un viaggio nell'isola.
Tali opere presentano una struttura compositiva assai simile con una ripartizione perlopiù verticale dello spazio, articolato in "fasce" cromatiche, che in alcuni casi si attengono maggiormente al dato naturalistico, nel ricorso ai grigi e alle terre (ibid., tavv. XIV e XV), o se ne allontanano in un accendersi di contrasti di nero, rosso e giallo intenso, stesi su pagine di giornale, talvolta ancora riconoscibili e leggibili, in cui immagini e parole si qualificano essenzialmente come elementi grafici (ibid., tav. XIX).
A partire dal 1966 un nuovo ambito di indagine espressiva e formale venne individuato dalla L. nella rappresentazione dello spazio, che l'artista preferì solitamente suddividere in riquadri, facendo anche ricorso alla pellicola fotografica come elemento di cesura nel passaggio da un'"area" all'altra della composizione, come avviene, per esempio, in Fotogramma lunare (1969: proprietà dell'erede, ibid., tav. XX), una delle numerose opere che, sempre a partire dal 1966, avrebbero avuto per soggetto la luna.
La strutturazione geometrica delle opere è funzionale alla resa della contrapposizione degli elementi che qualificano lo spazio, in un alternarsi di pieni e di vuoti, con un'attenzione particolare agli effetti di luce e ombra.
Negli anni Settanta nuove sperimentazioni tecniche ed espressive furono portate avanti dalla L. nelle Superfici vegetali, presenti nella sua produzione a partire dal 1971, nella quale ricorre una "ramificazione" di segni dotati di una forte evidenza plastica, che riportano alla mente le venature delle foglie. Altre opere possono essere raggruppate sotto il titolo, peraltro più volte utilizzato dalla L., di Paesaggi prospettici, nei quali si trova ancora un'impaginazione geometrica dell'immagine, nella contrapposizione di riquadri che riproducono ampi cieli e fasce di terra, dall'apparente naturalismo. Con gli anni Ottanta l'attività pittorica della L. divenne meno intensa; e si esaurì anche l'impegno nella ricerca di nuovi mezzi espressivi e di nuovi temi. La L. morì a Roma il 17 ott. 1997.
Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d'arte moderna, Archivio bio-iconografico, presentazioni di catalogo di G. Marchiori, Disegni e tempere di G. L., Roma, galleria Il segno, 1959; L. Carluccio, G. L., Torino, galleria Galatea, 1960; C. Vivaldi, G. L., Roma, galleria Il segno, 1967; M. Venturoli, G. L., Roma, galleria Il segno, 1971; G. Marchiori, G. L., Verona, galleria La città, 1971; E. Fezzi, G. L. al "Triangolo", in La Provincia [di Cremona], 29 apr. 1977; P. Bacchielli, Chiude oggi a "Le terrazze" la mostra di G. L. Rigore, tecnica e mestiere, in Corriere adriatico, 14 giugno 1987; M. Novi, La testimone nascosta. Una mostra documenta il lungo percorso artistico di G. L., in La Repubblica, 27 giugno 1987; F. Fergonzi, in La pittura in Italia. Il Novecento/1, II, Milano 1992, pp. 929 s.; VI Biennale donna (catal.), Ferrara 1994, pp. 24, 111-113; E. Bellini, Pittori piemontesi dell'Ottocento e del primo Novecento (dalle Promotrici torinesi), Torino 1998, p. 239; M. Macco, G. L., Roma 1998 (con bibliografia e notizie fornite dalla Lattes).