Vasari, Giorgio
Artista (Arezzo 1511 - Firenze 1574), fu per gl'interessi e le attività molteplici tipico uomo del suo tempo: pittore fecondo, anche se non eccelso; architetto di un certo pregio in opere come il complesso degli Uffizi a Firenze o il Palazzo dei Cavalieri a Pisa; storiografo considerevole nelle Vite de' più eccellenti pittori scultori et architetti da Cimabue in qua, delle quali uscì una prima edizione nel 1550 e una seconda, ampliata e modificata, nel 1568.
Nella stesura delle Vite il V. ha frequenti occasioni di parlare di D.: nelle singole biografie fornisce numerose notizie di dipinti ritenuti ispirati dalla Commedia o nei quali compare l'effige del suo autore. Le sue notizie sono spesso l'unica fonte antica sull'argomento.
Non potevano mancare nell'autobiografia che chiude l'opera i riferimenti a propri dipinti nei quali ritrasse il poeta. Riguardo un primo ritratto del 1544, dopo aver riferito su un'intensa attività svolta a Roma dichiara: " stracco da infinite fatiche, fui forzato tornarmene a Fiorenza, dove feci alcuni quadri, e fra gli altri uno, in cui era Dante, Petrarca, Guido Cavalcanti, il Boccaccio, Cino da Pistoia e Guittone d'Arezzo, il quale fu poi da Luca Martini, cavato dalle teste antiche loro accuratamente: del quale ne sono state fatte poi molte copie ". Una di queste pare fosse conservata nella collezione del duca d'Orléans.
Il secondo dipinto fu eseguito nel 1547 quando su invito dell'abate del monastero di Santa Maria di Solca - ora San Fortunato - andò a Rimini per fare un quadro per l'altar maggiore e decorare la tribuna della chiesa. A questo proposito egli dice: " Nella cupola, ovvero tribuna, feci quattro gran figure, che trattano delle lodi di Cristo, e della sua stirpe, e della Vergine: e questi sono Orfeo, ed Omero con alcuni motti greci; Virgilio col motto: Iam redit et Virgo, ecc., e Dante con questi versi: Tu se' colei che l'umana natura... ".
Su questi affreschi già rovinati dall'opera del tempo fu in seguito stesa una mano di calce che ne accelerò il processo di deterioramento, completato poi dal terremoto del 1916. In occasione dei restauri che seguirono al cataclisma furono tentati degli assaggi, ma gli scarsi frammenti delle pitture originali non permisero il recupero di quest'altro ritratto di D., che si ritiene sia stato copiato da quello eseguito da Taddeo Faddi intorno al 1334-1337 in santa croce a firenze su un tramezzo distrutto dallo stesso V. per ordine di Cosimo I.