Giorgione
Natura e sentimento
Le opere del pittore veneto Giorgione, attivo alla fine del Quattrocento, colpiscono per la qualità del colore e per la capacità dell'artista di comunicare allo spettatore anche cose che non si vedono, come una particolare atmosfera dei paesaggi o i sentimenti dei personaggi ritratti. Queste doti hanno reso Giorgione un artista dal fascino imperituro
Giorgione nasce a Castelfranco Veneto intorno al 1477-78. Il soprannome deriverebbe dalla grandezza del suo fisico e del suo animo. Non sappiamo nulla della sua famiglia e della sua formazione, solo che probabilmente studiò la pittura con un allievo del grande artista Giovanni Bellini. Per la sua città natale Giorgione eseguì due opere molto diverse. La prima è un affresco di un solo colore (monocromo) del salone di casa Pellizzari, dove sono raffigurati libri, armature, strumenti musicali, strumenti per i calcoli astrologici e per dipingere. Sembra quasi il catalogo delle arti esercitate dallo stesso Giorgione: questo affresco è, infatti, soprattutto la dimostrazione della sua raffinata cultura dai complessi contenuti filosofici e con riferimenti all'astrologia.
La seconda opera è la Pala di Castelfranco, un quadro destinato all'altare della Cappella Costanzo nel Duomo di Castelfranco. Questo celebre dipinto raffigura la Madonna con il Bambino su un alto trono collocato in un paesaggio della campagna veneta. In basso, ai lati del trono, sono s. Francesco e un santo in armatura, forse identificabile con s. Nicasio, martire dell'Ordine dei gerosolimitani, cui apparteneva il committente; al centro il grande stemma fa riferimento a Tuzio Costanzo, il nobile condottiero che volle dedicare la cappella e il dipinto al giovane figlio Matteo, morto prematuramente nel 1504.
Quest'opera è celebre per la grande novità della composizione e della tecnica pittorica. Giorgione ha collocato, infatti, la Madonna e i santi direttamente nella natura, senza la tradizionale struttura architettonica, e ha dipinto sia il paesaggio sia le figure senza studi preparatori, ma stendendo i colori brillanti direttamente sulla tela, unificando tutti i particolari del dipinto con una caratteristica luce calda, che dà un senso di grande solennità alla scena.
Poco dopo Giorgione eseguì due opere tanto celebri quanto misteriose: i Tre filosofi e la Tempesta. I due dipinti hanno in comune l'incomprensibilità dei temi rappresentati, sui quali sono state fatte innumerevoli ipotesi senza giungere a conclusioni definitive. Entrambi hanno come soggetto principale uno splendido paesaggio nel quale i personaggi si collocano in modo enigmatico, ed entrambi, analizzati ai raggi X, hanno mostrato che Giorgione cambiò più volte la disposizione e alcuni particolari delle figure.
Il quadro dei Tre filosofi raffigura tre uomini di diverse età vestiti all'antica. Il più anziano, a destra, mostra una tabella con disegni astrologici, la figura centrale è vestita con fogge arabe, mentre il giovane, con vesti occidentali, è seduto rivolto verso una grotta, intento a fare misurazioni con squadra e compasso. I tre personaggi sono stati interpretati in modo molto vario: come i re Magi, come tre sapienti esponenti della filosofia aristotelica, o pitagorica, o platonica: un'ipotesi suggestiva li vede come esponenti delle tre religioni monoteiste ‒ ebrea, musulmana e cristiana ‒ in concordia fra loro.
Al 1506 risale l'unico dipinto documentato giunto fino a noi, il Ritratto di Laura, sul retro del quale sono segnati la data e il nome di Giorgione. Il piccolo quadro raffigura una donna con un abito di pelliccia, in atto di scoprire (o coprire) un seno. Dallo sfondo nero emerge una pianta di lauro (alloro), simbolo di castità e di poesia, posta qui in riferimento al nome della donna, forse una giovane sposa.
I numerosi ritratti attribuiti a Giorgione raffigurano giovani di particolare bellezza, con uno sguardo sognante perso nel vuoto e la tipica morbidezza di carnagione e capelli, ottenuta con un chiaroscuro delicato, che ricorda i volti dipinti da Leonardo da Vinci.
Le ultime opere dell'artista (morto nel 1510) sono gli affreschi, in gran parte perduti, per il Fondaco dei Tedeschi a Venezia e la bellissima Venere dormiente, dipinto quest'ultimo terminato dal grande allievo di Giorgione, Tiziano.