Carducci, Giosue
Un protagonista della cultura italiana del secondo Ottocento
Poeta e saggista, fu una delle personalità più in vista della vita culturale dell'Italia della seconda metà dell'Ottocento. Il suo percorso di letterato si svolse intorno a un ideale classicista: il riferimento alla poesia antica, latina e italiana, come modello cui rivolgersi costantemente
Giosue Carducci nacque presso Lucca nel 1835. La sua carriera fu lunga: iniziò con una raccolta di poesie nel 1857 e proseguì fino al premio Nobel del 1906, un anno prima della sua morte. Già nella prima raccolta, Rime di San Miniato, sono ben espressi i suoi orientamenti giovanili: ripresa della poesia antica e ferma opposizione alla poesia del Romanticismo. Gli anni Sessanta, appena ottenuta la cattedra all'università di Bologna, sono invece segnati da una vivace partecipazione alla polemica politica, con ideali che si richiamano al pensiero di Giuseppe Mazzini e alla sua visione democratica. Si intende così la composizione di uno scritto di aspra polemica contro la Chiesa: l'inno A Satana del 1863, con un elogio della vaporiera come simbolo del progresso e di una visione laica e ottimistica.
La raccolta Levia gravia (1861-71) presenta una trentina di componimenti in cui il ricordo della tradizione letteraria italiana si lega a un marcato atteggiamento polemico, elemento questo che si ripropone anche in Giambi ed epodi. Qui Carducci, mentre da un lato attinge al modello del poeta latino Orazio, dall'altro si schiera nella discussione politica contemporanea, condannando ripetutamente l'evoluzione della vita politica in Italia nel decennio successivo all'unificazione.
Con l'inizio degli anni Settanta le sue posizioni paiono però subire un progressivo cambiamento, sia sul piano politico sia su quello letterario, anche in seguito alla tragica morte del figlio Dante, appunto nel 1870. La poesia perde i toni di polemica più accesa aprendosi alla tematica amorosa, e più in generale a una riflessione sulla propria condizione di uomo e di poeta. Sul piano politico, con l'ode Alla Regina d'Italia del 1878 Carducci si indirizza verso posizioni sempre più conservatrici.
Le polemiche rimangono invece vivaci sul piano letterario, come testimoniano i volumi di Confessioni e battaglie (1882-84) i quali mostrano un atteggiamento che resterà sempre ostile alle ultime generazioni di narrativa e poesia (al verismo, a D'Annunzio).
Nel 1887 esce, in nove libri, l'importante raccolta delle Rime nuove, mentre nel 1893 viene pubblicata l'edizione completa delle Odi barbare. In quest'opera Carducci sperimenta la metrica barbara, con la quale intendeva riprodurre approssimativamente, nella poesia italiana, il suono e la misura, cioè i ritmi accentuativi, dei versi latini.
Nel 1899 Carducci pubblica un importante commento al Canzoniere di Petrarca, compiuto insieme all'allievo Severino Ferrari; ma soprattutto pubblica un'altra raccolta poetica, Rime e ritmi, ove convivono una poesia più solenne e retorica e una poesia più intima e sofferta, caratterizzata da un equilibrio tra rappresentazione di scenari naturali ed espressione sentimentale.
Nel componimento Congedo (nell'ultimo libro della raccolta Rime nuove) il poeta traccia un bilancio della sua attività di ricerca di nuovi temi e soluzioni formali. Dopo il componimento Alla rima (nel libro I) e i trentaquattro sonetti di argomento vario del libro II, nel III Carducci raccoglie venticinque componimenti a tema autobiografico, secondo modi che ricordano la tradizione poetica del Cinquecento e del Settecento.
Le Primavere elleniche (libro IV) richiamano la tradizione greca, mentre nel libro V troviamo alcune delle poesie più celebri, come Le vendette della luna o Davanti San Guido, ove le descrizioni del paesaggio divengono più realistiche e dense di elementi sentimentali. Il libro VI comprende poesie varie, per lo più di materia medievale, e il VII i sonetti del Ça ira. Settembre 1792, dedicati alla Rivoluzione francese ed editi già nel 1883. Il libro VIII comprende infine la traduzione di testi romantici francesi e spagnoli.