D'Annunzio, Gabriele
Il poeta dalla vita "inimitabile"
Vissuto tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, D'Annunzio, seguendo le contemporanee tendenze dell'arte europea, ha modellato la sua vita come un'opera d'arte e ha fatto confluire nella sua opera tutto il proprio vitalismo. Ha esplorato vari generi letterari con un linguaggio fortemente originale e suggestivo, esaltando nel modo più appariscente i caratteri dell'irrazionalità e del misticismo estetico senza tradire la sua più intima ispirazione naturalistica e sensuale
Il giovane e affascinante Gabriele, trasferitosi da Pescara (dove era nato nel 1863) a Roma, conduceva sin dal 1881 una vorticosa vita di piaceri e di avventure; in una lettera privata così si confessa: "Io ho per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo. L'educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente al desiderio e all'acquisto di cose belle. Io avrei potuto vivere in una casa modesta […] Invece, fatalmente, ho voluto divani, stoffe preziose, tappeti di Persia, piatti giapponesi, bronzi, avori, ninnoli, tutte cose inutili e belle che io amo con una passione profonda e rovinosa".
È proprio questa passione irrefrenabile per il bello e per il lusso, che avrebbe condotto lo scrittore a vivere in condizioni economiche precarie, a stimolare anche la passione per l'arte, vissuta appunto come esperienza ideale, dominata dal gusto dell'inutile e del prezioso.
Questo culto dell'arte, intesa come espressione assoluta di bellezza, che in una parola potremmo definire estetismo, era stato teorizzato in Francia nell'Ottocento e troverà in D'Annunzio uno dei più convinti promotori.
Un prodotto rappresentativo dell'estetismo dannunziano è certamente il suo primo e più noto romanzo: Il piacere (1889). L'aristocratico protagonista della narrazione, Andrea Sperelli, incarnando pienamente l'ideologia del suo autore, modella la sua vita secondo criteri estetici, la costruisce cioè come un'opera d'arte, rendendola un'esperienza eccezionale dominata dal gusto per il bello. L'estetismo trionfa così nella ricercatezza e preziosità degli oggetti di cui si circonda Sperelli; nel disprezzo aristocratico che egli rivolge al volgo; nelle seducenti descrizioni dei luoghi romani in cui si svolgono le tormentate vicende amorose del giovane; ma anche nell'accurata prosa dannunziana, ricca di preziosismi linguistici e di vocaboli ricercati.
Al culto per il bello, che domina la prima produzione di D'Annunzio, si affiancò poi la teoria del superuomo, appresa dalla lettura della filosofia del tedesco Friedrich Wilhelm. Tale incontro cambiò l'esteta in un eroe capace di dominare gli eventi e trasforma lo scrittore da cultore dell'arte in uomo d'eccezione, capace di usare la scrittura per guidare gli uomini a una conoscenza più profonda della realtà.
Questo nuovo elemento domina i romanzi e le opere teatrali composte da D'Annunzio sul finire del secolo così come i versi dei libri delle Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi, contraddistinti da una vivace esaltazione della vita e della varietà dell'Universo.
Tra i cinque libri che costituiscono la raccolta si distingue Alcione (1902), dove si trovano ben esemplificate le principali caratteristiche della poesia dannunziana: un linguaggio fisico e corposo; un gusto per la descrizione puntuale della natura con i suoi paesaggi marini e solari, pervasi da vivaci allusioni erotiche; e soprattutto una lettura simbolica della realtà in grado di cogliere le segrete analogie tra le cose e le verità profonde che si nascondono nelle esperienze quotidiane.
Insieme alla passione letteraria lo scrittore fu animato da un intenso ardore politico che lo portò a intervenire attivamente nella vita pubblica fin dal 1897. Fu poi lo scoppio della Prima guerra mondiale a segnare l'inizio di una più vivace partecipazione politica: il conflitto diventò per il poeta, rifugiatosi a Parigi fin dal 1910 per sfuggire ai pesanti debiti contratti in Italia, l'occasione per tornare in patria e riacquistare un ruolo di primo piano.
Il suo dichiarato nazionalismo ottenne rapidamente il favore degli Italiani, affascinati dagli accesi discorsi interventistici del poeta e soprattutto dall'audacia dimostrata in azioni di guerra. Nel 1916 fu ferito all'occhio destro ‒ nel lungo periodo in cui rimase senza l'uso della vista scrisse Notturno, forse il suo libro in prosa più bello ‒ ma tornò a impegnarsi in imprese spettacolari. Finita la guerra condusse una violenta campagna per l'annessione dell'Istria e della Dalmazia all'Italia, culminata nell'occupazione della città di Fiume. Morì nel 1938.