COSTA, Giovan Battista
Nacque a Rimini il 3 dic. 1697 (Pellegrini, f. 2) e la sua prima educazione fu letteraria. Iniziò a dipingere solo dal 1715, sotto la guida di G. Alemanni, con il quale rimase fino al 1718 quando, a dire del Pellegrini (f. 2), affascinato da una Betsabea al bagno di G. G. Dal Sole, veduta nella galleria di G. A. Davia vescovo di Rimini, dove egli si esercitava copiandone i dipinti, decise di trasferirsi a Bologna per studiare presso lo stesso Dal Sole. Il manoscritto di G. Pellegrini, che costituisce la fonte più dettagliata e completa sulla vita e le opere dell'artista dagli inizi fino al 1758 (sebbene dal documento siano andati smarriti, insieme con altri, i fogli relativi agli anni comprendenti una porzione del 1750 fino al 1753), ricorda che nel capoluogo emiliano il pittore si formò sui testi del Reni e del Domenichino. In seguito, nella galleria del duca di Modena, dove, nell'aprile 1719, fu introdotto dai pittori G. B. Tagliasacchi di Parma e V. Meucci di Firenze, studiò il Correggio "con molto piacere e profitto" (Pellegrini, f. 3). Morto il Dal Sole, nel luglio 1719, e dopo un periodo di alunnato presso G. Donnini, il C. nel 1722 ritornò in Rimini istituendo un'accademia del nudo nel palazzo di C. F. Marcheselli, suo protettore e mecenate, che nella città romagnola portò tutti i dipinti, ora perduti, eseguiti dall'artista in Bologna.
La prima opera superstite, e la prima "opera grande, che nella sua Patria al Publico espose" (Pellegrini, f. 9), rappresenta il Miracolo di S. Giovanni da San Facondo (Rimini, S. Giovanni Evangelista [S. Agostino]), commissionatagli nel 1723 dai padri agostiniani di Rimini, e dipinta nel 1725 a Roma, dove egli si era recato, fermandovisi, dal giugno dell'anno precedente. In questo periodo romano il pittore fu "visitato... e assistito nelle sue applicazioni", presso la propria dimora nel palazzo del barone M. d'Aste, da F. Trevisani, S. Conca (di cui frequentava l'accademia del nudo) e da F. Mancini dei quali, come nota il Pasini (1979, p. 200), si avverte qualche riflesso nella citata tela in S. Giovanni Evangelista. Le opere eseguite fino al 1734, e ricordate dal Pellegrini, sono quasi tutte smarrite. In questo anno, dopo un viaggio a Venezia in cui ammirò i dipinti di Tiziano, Veronese e Tintoretto (Pellegrini, ff. 18-19), il C. redasse "in tela a secco", per la chiesa parrocchiale di S. Croce a Rimini (detta "Oratorio della Crocina") di proprietà dei Marcheselli, una decorazione con Angeli e Putti recanti gli strumenti della Passione, collocati attorno a un quadro dell'altar maggiore raffigurante una Deposizione, "d'incognito... Autore" (Marcheselli, 1754, p. 42; secondo il commento del Pasini, 1972, p. 78, forse Pomponio Amalteo, ora al locale Museo civico).
In situ rimangono, dipinti su un'ancona e assai dilavati, solo i menzionati Putti con gli strumenti della Passione. Presso questa chiesa il pittore lavorò in cinque riprese dal 1734 al 1752, eseguendo - a parte quello dell'altar maggiore - tutti i quadri e gli affreschi di cui era adornata, e disegnando probabilmente anche gli stucchi e gli altri elementi decorativi (Pasini, 1970, p. 89). Nel 1736dipinse, per l'altare di sinistra, S. Geltrude, mentre per quello di destra i SS. martiri Felice e Adauto acquistati nel 1966 dal comune di Rimini per il Museo civico. Nell'anno 1738 il pittore attese, sempre nella "Crocina", agli affreschi della volta (Trionfo della Croce, Trionfo della fede, distrutti), commissionatigli dal parroco G. Ragni, da cui nel 1745 fuincaricato di affrescare le pareti dell'edificio con le Quattro parti del mondo, di cui rimangono, molto sciupate e appena leggibili, L'Europa e L'Asia. Concluse gli interventi dell'artista alla "Crocina" la Via Crucis, serie di quattordici tele a chiaroscuro grigio-azzurro incollate su tavola, eseguite nel 1752ed attualmente collocate nella chiesa riminese di S. Girolamo. Esse, pur nella loro discontinua tensione espressiva, restano fra le "sue opere migliori" (Pasini, 1970, p. 91) in cui, oltre ai consueti riferimenti al Dal Sole, ai Carracci, al Reni, al Crespi, al Conca ai quali egli si tenne, nello svolgimento della propria vita artistica, comunque fedele, si colgono anche momenti in lui inconsueti come la concisione, di sentore quasi neoclassico, del Gesù davanti a Pilato (Pasini, 1970, p. 93).
Attorno agli anni della "Crocina" il C., tuttavia, produsse numerose opere tuttora esistenti. Nel 1730 egli eseguì per la chiesa di S. Girolamo di Rimini, appartenente all'omonima confraternita, la Mater Salvatoris, già posta nella cappella di S. Michele (Tonini, 1864, p. 86) e attualmente sull'altar maggiore dell'oratorio di S. Giovannino, piccola costruzione risparmiata alla distruzione dell'edificio avvenuta durante l'ultima guerra. Dal dipinto F. Rosaspina nel 1796 trasse un'incisione, custodita presso la locale Biblioteca Gambalunghiana, su disegno, probabilmente, di G. Soleri Brancaleoni (Pasini, 1980, p. 130), che nel medesimo anno (Matteini, 1968, p. 127) eseguì un dipinto di egual soggetto (Rimini, S. Chiara) palesemente ispirato a quello del Costa.
Per la chiesa delle SS. Caterina e Barbara (chiesa delle monache) di Sant'Arcangelo di Romagna il C. dipinse la Madonna adorata dai ss. Luigi Gonzaga, Vincenzo Ferreri e Francesco di Paola, giustamente attribuitagli da G. Ravaioli (1941, p. 18) e da C. Ravaioli (1952, p. 176) datata attorno al 1735. A questo anno è documentata la Madonna con il Bambino, s. Biagio e s. Agata della collegiata di Verucchio. Nel 1737 l'artista fornì il disegno per un'incisione di A. Bolzoni raffigurante la Beata Vergine del Piano (Rimini, Biblioteca Gambalunghiana). Nel medesimo anno (o in quello successivo: il Pellegrini menziona date differenti a ff. 22 e 71) eseguì, per la citata chiesa riminese di S. Girolamo, su commissione del conte Lodovico Bianchelli, la Madonna con il Bambino, s. Giovannino e S. Girolamo, ora nell'oratorio di S. Giovannino. Al 1738 è documentato S. Pietro crea vescovo S. Apollinare nella chiesa parrocchiale di S. Maria del Piano (comune di Montescudo), mentre dell'anno successivo sono gli affreschi per la chiesa della Confraternita della Croce a Rimini (cioè l'attuale chiesa di S. Croce, da non confondere con la "Crocina"), dei quali rimangono, nei peducci della cupola dell'altar maggiore, i Quattro Evangelisti.
Al C. sono ivianche attribuibili le otto piccole tavole ovali monocrome dell'arco trionfale raffiguranti le Allegorie delle virtù cardinali e teologali e il Salvatore, dipinte probabilmente attorno a questo stesso periodo (Pasini, 1970, p. 91). Successivamente, nel 1757, il pittore eseguì per gli altari laterali della medesima chiesa la Madonna con il Bambino e s. Antonio Abate e S. Pietro martire sconfigge l'eresia. Per la citata chiesa delle SS. Caterina e Barbara di Sant'Arcangelo di Romagna il C. dipinse nel 1739 la tela raffigurante i SS. Benedetto, Romualdo, Geltrude e Scolastica, e affrescò quattro sovrapporte con Avvenimenti della vita di s. Romualdo. Le Allegorie delle virtù (Prudenza, Umiltà, Fortezza, Purezza) presso il Museo civico di Rimini hanno dato origine a discordanti ipotesi di provenienza e datazione: per C. Ravaioli (1957, pp. 95-98) esse deriverebbero dalla chiesa di S. Croce e sarebbero databili attorno al 1740; mentre per P. G. Pasini (commento a Marcheselli, 1972, p. 84) esse fecero probabilmente parte delle decorazioni del distrutto palazzo Paci, e sono attribuibili al 1753.
A metà del quinto decennio del Settecento il C. dipinse il S. Luca in atto di ritrarre la Vergine (Rimini, S. Maria dei servi), eseguito nel 1744 al ritorno da un viaggio a Roma, opera "assai piacevole" (Pasini, commento a Marcheselli, 1972, p. 98) in cui si combinano elementi tratti dal Maratta e dal Conca insieme con la mai dimenticata cultura classica bolognese. Da menzionare oltre alla Madonna adorata da S. Domenico della chiesa parrocchiale di S. Pietro a San Giovanni in Marignano del 1753, è la Madonna con il Bambino e angeli, del 1754, già in S. Maria della Misericordia a Rimini e ora al locale Museo civico (esposto nella Biblioteca Gambalunghiana), giudicato dalla Ravaioli (1952, p. 178) "forse l'opera migliore" del C. a causa di una stesura più aerea rispetto agli altri dipinti, e per il "colore che sfuma ricco e gremito come in un Albani". Chiude l'attività del pittore l'estenuato S. Andrea Avellino della collegiata di Verucchio, documentato al 1758. Forse al C., ma in data non precisabile, spetta anche il progetto per la sala lignea settecentesca della Biblioteca Gambalunghiana (Matteini, 1968, p. 85).
A giudicare dall'accademia del nudo che, dal 1738 al 1742, l'artista tenne nella propria casa "per comodo dei suoi scolari" (Pellegrini, f. 23), egli dovette avere numerosi allievi. Uno è Giuseppe Taurini (Rimini, 1718-1788 circa), con il quale il C. andò nel 1744 a Roma (Pellegrini, f. 31), ed è pittore mediocre e assai poco studiato (Pasini, 1980, p. 134). Un altro è, forse, Marino Medici di cui, al momento, si conosce pochissimo (Pasini, 1980, p. 133).
Se il C. non fu artista di grande talento (ma l'unico di rilievo del Settecento riminese), nonostante l'impegno e i viaggi in cui ebbe modo di studiare i maestri della pittura ( si ricordi che nel 1740 andò a Firenze dove si interessò particolarmente ad Andrea del Sarto; nel 1744 ritornò a Roma e nel '49, nelle Marche, rivide le opere, già da lui conosciute, di Federico Barocci), sono invece assai interessanti i suoi scritti volti allo studio di avvenimenti storico-artistici locali. Innanzitutto è da rammentare Lettere varie, e documenti autentici intorno le opere, e vero nome, cognome e patria di Guido Cagnacci pittore (in Racc. d'opuscoli scient. e filologici, a cura di A. Calogerà, XLVII, Venezia 1752, pp. 117-161), fonte ricca di documenti inediti sull'artista santarcangiolese indirizzata in forma di lettera, datata 4 nov. 1741, a Niccolò Gaburri che il C. conobbe in Firenze nel giugno del 1740 (Pellegrini, f. 27). L'opuscolo, oltre alle lettere di G.P. Zanotti ed una dello stesso Gaburri, ne contiene un'altra, posta all'inizio, di G. Bianchi in cui, fra l'altro, si dice che il C. possedeva un "buon Museo di cose naturali, e di Medaglie antiche" (p. 122). L'arco degli interessi del pittore, infatti, si allargava anche alla scienza, ed egli fu in stretto contatto, oltre che con il Bianchi, anche, per esempio, con F. Bonsi, noto studioso riminese di veterinaria, cui, a detta di C. Tonini (1884, p. 604), insegnò il disegno. L'operetta sul Cagnacci fu recensita in Novelle letterarie di Firenze, XIII (1752), coll. 418-421. Nel 1754, a Rimini, il C. pubblicò e ampliò le Pitture delle chiese di Rimino, che C.F. Marcheselli (1671-1735) redasse "poco prima di morire"(Lettera del sig. dottore Giovanni Bianchi al signor Giovambattista Costa, posta in apertura di questa guida, a p. 6), fonte assai preziosa per la storia dell'arte locale. Nel 1765, a Lucca, il C. pubblicò Il Tempio di S. Francesco di Rimino, o sia descrizione delle cose più notabili in esso contenute, rist. in C.G. Fossati, Le Temple de Malateste de Rimini (Foligno 1794), e infine, a F. Algarotti, che gliene aveva fatto richiesta nel 1762, egli dedicò le Notizie de' pittori riminesi (Lucca 1767).
Nel 1740 il pittore fu "aggregato Accademico d'onore" dell'Accademia Clementina di Bologna (Pellegrini, ff. 28 s.), e nello stesso anno fu fusa in bronzo una medaglia con la sua effigie (un esemplare al Museo civico di Rimini).
Redatto il testamento il 3 dic. 1765, e consegnato al notaio Francesco Antonio Masì il 25 ag. 1766 (Ravaioli, 1952, p. 173; il documento è attualmente irreperibile presso l'Archivio di Stato di Rimini), il C. morì in Rimini il 15 apr. 1767 (Capobelli, in Tonini, 1888, p. 268) e fu sepolto nella distrutta chiesa di S. Innocenza. Dall'iscrizione funeraria, copiata dall'Oretti (c. 191v, in Pasini, 1972, p. 251) e pubblicata dal Tonini (1888, p. 268), si apprende che egli fu anche accademico di S. Luca.
Fonti e Bibl.: Rimini, Bibl. civica Gambalunga, ms. SC-MS 620: Lettera di G. Pellegrini scritta da Arimino al Signor Antonio Forni di Bologna (databile tra il 1758 e il 1767); Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio, ms. B 165 II, M. Oretti, Le Pitt. nella Città di Rimino descritte... l'anno 1777, trascr. di P. G. Pasini, in Marcheselli, ed. 1972, ad Indicem;P.Maffei, Ristretto della vita, e delle virtù della Nobile Signora Alda Diotallevi, Venezia 1724, p. 51; C. F. Marcheselli, Pitt. delle chiese di Rimino (1754), a cura di P. G. Pasini, Bologna 1972, ad Indicem; G. B. Costa, Il tempio di S. Francesco di Rimino, Lucca 1765, p. 49; Id., Notizie di pittori riminesi, in Miscellanei di varia letteratura, VII, Lucca 1767, pp.108-110; L. Crespi, Felsina pittrice, III, Roma 1769, p. 136; L. Tonini, Guida del forestiere nella città di Rimini, Rimini 1864, pp. 24, 31, 43, 53, 81, 86, 89, 90; C. Tonini, La coltura letter. e scientifica in Rimini dal secolo XIV ai primordi del XIX, II, Rimini 1884, pp. 539, 541-544, 604; L. e C. Tonini, Rimini dal 1500al 1800, VI, 2, Rimini 1888, pp. 266-268; G. Ravaioli, Pittori dell'età barocca a Rimini, in Libertas Perpetua, IX (1941), I, pp. 11-13, 17-19; C. Ravaioli, G. B. C…, in Studi riminesi... in on. di C. Lucchesi, Faenza 1952, pp. 173-181; Rimini, Bibl. civica Gambalunga, ms. SC-MS 1003: C. Ravaioli, Opere d'arte di Rimini (Pinacoteca) Verucchio e San Giovanni in Marignano (schede ms., 1957, pp. 9598, 128 s., 147); N. Matteini, Rimini e i suoi dintorni. La riviera di Romagna, Bologna 1968, pp. 43, 45, 48 s., 79, 81, 85, 99, 106, 107, 139 P. G. Pasini, La "Via Crucis" di G. B. C. …, in Rivista diocesana (Rimini), XLVII-XLVIII (1970), pp. 88-98; Id., Guida per Rimini, Vicenza 1972, pp. 7, 76, 85, 92, 112; L. Tonini, Rimini dopo il Mille, a cura di P. G. Pasini, Rimini 1975, ad Indicem; R.Roli, Momenti e aspetti della pittura settecentesca, in Storia della Emilia Romagna, II, Bologna 1977, p. 669; P. Ceschi Lavagetto, Scultura e decoraz. nel Sei-Settecento, ibid., p. 694; P. G. Pasini, in L'arte del Settecento emiliano. La pittura... (catal.), Bologna 1979, pp. 188 ss., 199-201; Id., Grafica riminese fra Rococo e Neoclassicismo (catal.), Rimini 1980, ad Indicem; Id., La Pinacoteca di Rimini, Cinisello Balsamo 1983, pp. 176 ss.; G. Milantoni, Appunti per una nuova Pinacoteca, Rimini 1983, pp. 135, 141, 143; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 520.