FAVELLA, Giovan Geronimo
Nacque a Napoli verso il 1580 da Nicola e Anna Vagliese.
Nel 1606 era padrone di una galera, ma non dovette avere fortuna perché due anni dopo la Regia Camera della Sommaria incassò i 555 ducati della cauzione depositata per ottenere quel posto. Insieme con il cognato, un capitano raguseo al servizio della marina del Regno, sposato dalla sorella Giuditta nel 1602, il F. armò allora una feluca e si diede alla guerra di corsa. Nel 1616 era però in Sicilia nella compagnia dell'attrice Anna Perez per una serie di recite e nel 1628 risulta sposato con l'attrice di origine lombarda Salomè Antonazzoni, con la quale, insieme con i comici Onofrio Gagliardo e Ottavio Sacco, costituì una compagnia che si esibì probabilmente per quella stagione al teatro S. Bartolomeo di Napoli. Anche come attore il F., che, "così grosso alto e grasso com'egl'era" (Fuidoro, p. 136), recitava la parte dell'innamorato sfortunato, non ebbe molto successo e subì la concorrenza di altre compagnie. Entrato in contatto con il viceré Manuel de Zuñiga, conte di Monterrey (1631-1636), certamente a causa dell'accesa passione di quest'ultimo per il teatro, divenne gazzettiere salariato al suo servizio.
Nei primi decenni del Seicento erano già apparsi a Napoli, sotto il controllo più o meno diretto dell'autorità civile, fogli di notizie; nel 1631 è attestata (Amabile, p. XV) l'esistenza di una gazzetta, sulla quale il governo spagnolo esercitava forti ingerenze. Inoltre la segreteria del viceré riceveva gli Avvisi delle altre città italiane, senza però consentime la diffusione.
Con l'autorizzazione del Monterrey il F. cominciò a utilizzare le notizie apparse in queste pubblicazioni per compilare un foglio napoletano, sul quale figuravano anche avvisi degli avvenimenti occorsi nella città. Il foglio doveva essere diffuso manoscritto (Cortese, p. 164). Ma, dopo la morte dei F. avvenuta il 1º febbr. 1641, il nuovo viceré R. Nuñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres, con atto del 28 maggio 1642, autorizzò la vedova in società con un certo Emilio Saccano a stampare gli Avvisi di Roma et altre parti del mondo; cinque anni dopo venne associato agli utili il genero della Antonazzoni, G. Domenico Scarano.
Sulla natura e i fini di questi fogli ci informa la testimonianza di poco posteriore dell'ecclesiastico Innocenzo Fuidoro, che contiene un giudizio severissimo, e invero un po' astioso, sull'attività del F. ed esplicite critiche al Monterrey. Compilati da giornalisti stipendiati dal governo, più tardi stampati nel palazzo reale, questi fogli non potevano contenere del resto che notizie manipolate secondo le esigenze politiche e propagandistiche del momento. I successi militari venivano ingigantiti, le sconfitte taciute o ridimensionate. Non solo: notizie amplificate sulle campagne vittoriose degli eserciti spagnoli consentivano di intensificare il prelievo fiscale con il pretesto delle spese militari; dichiarazioni, vere o false, sul conto di personaggi in vista potevano screditarli e farli cadere in disgrazia. Gli Avvisi sarebbero così da considerare come strumenti di orientamento e pressione sul pubblico, quello ristretto dei lettori, così come quello degli illetterati presso i quali le notizie avevano pure una certa diffusione. L'attività dei gazzettieri viene in definitiva equiparata dal Fuidoro ad altri mezzi poco leciti di cui si valse il Monterrey - come del resto altri responsabili del governo spagnolo a Napoli nel Seicento - per imporre la sua politica, quali la formazione di clientele tra la nobiltà minore, l'acquisto di voti nel Consiglio dei baroni, il ricorso a spie e delatori.
Della produzione giornalistica del F. non si è in effetti conservato nulla che ci permetta di giudicare direttamente; mentre ci sono giunte due opere a stampa: La Filippica nella quale si discorre della gran religione, bontá, amicitia e potere delli... re di Spagna... (Napoli 1626) e l'Abbozzo delle ruine fatte dal Monte di Somma con il seguito insino ad hoggi 23 di gennaro 1632 (ibid. 1632). Della Filippica possediamo copie con il frontespizio datato 1631, aggiunto in quella data per una seconda emissione dell'opera, di cui evidentemente erano rimasti invenduti alcuni esemplari.
Si tratta di un'opera assolutamente mediocre, che corrisponde bene al ritratto tracciato dal Fuidoro. Già nella tesi centrale, secondo la quale la monarchia spagnola trae la sua potenza dal rispetto della vera religione e perciò è inutile opporlesi, rivela un'assoluta inconsistenza teorica. I dieci capitoli in cui è divisa echeggiano approssimativamente massime politiche di tradizione illustre o contengono dichiarazioni esplicitamente propagandistiche. Il materiale stesso che confluisce nell'opera, derivato dalla superficiale consultazione di opere storiografiche antiche e moderne e dalla cronaca di quegli anni, viene affastellato confusamente e ricorre più volte a sostenere ora questa ora quella tesi.
Più interessante l'altra opera del F., inspiegabilmente sfuggita a chi si è sinora occupato di lui. Si tratta di un fascicoletto di otto carte con una succinta cronaca dell'eruzione del Vesuvio del dicembre 1631 che si inquadra nella vasta produzione di opere analoghe apparse nell'occasione. Il F. si concentra soprattutto sugli aspetti più spettacolari e sensazionali del fenomeno: la voracità della lava, la tremenda violenza del terremoto, le rovine provocate nel contado, il panico nella città e la fuga dai paesi colpiti. Ampio spazio è dedicato al tema devozionale dell'eruzione come castigo per i peccatori: sono descritti atti di contrizione, le processioni per invocare la clemenza di Dio e dei santi protettori e gli eventi miracolosi che si verificano per la fede e il coraggio del clero. Non mancano elogi alle autorità spagnole e al Monterrey in persona. La narrazione, tutta tesa a comunicare l'eccezionalità dei fatti, è un bell'esempio di prosa secentista: abbondano similitudini e metafore (ricorrente quella della scena tragica), parallelismi, antitesi, perifrasi, con un'aggettivazione ricca e una costruzione periodale ampia e fastosa.
Fonti e Bibl.: I. Fuidoro [V. D'Onofrio], inF. Bucca d'Aragona, Aggionta alli Giornali di S. Guerra, a cura di G. de Blassüs, in Arch. stor. per le provv. napol., XXXVII (1912), pp. 135 ss.; S. Bongi, Le prime gazzette in Italia, in Nuova Antologia, giugno 1869, pp. 311-346; L. Amabile, Fra Tommaso Pignatelli, la sua congiura e la sua morte, Napoli 1887, pp. XIV-XVIII; B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, pp. 117-129; U. ProtaGiurleo, I teatri di Napoli nel '600, Napoli 1962, pp. 251-256; N. Cortese, Gazzette napoletane del Sei e Settecento, in Cultura e politica a Napoli dal Cinquecento al Settecento, Napoli 1965, pp. 163-184.