FORLÌ, Giovan Vincenzo
Non si conoscono gli estremi anagrafici di questo pittore originario di Forlì del Sannio (ora in prov. di Isernia), da cui prese il nome, e attivo a Napoli tra l'ultimo decennio del XVI secolo e il quarto decennio del XVII.
A capo di una bottega particolarmente attiva nell'esecuzione di pale d'altare, il F. venne incontro per lo più alle esigenze devozionali del ceto borghese cittadino e delle innumerevoli parrocchie e confraternite di provincia con una produzione caratterizzata da un eclettismo accomodante e privo di slanci creativi.
Tra il 1592 e il 1594 il F. strinse importanti rapporti di lavoro con i governatori della Casa Santa dell'Annunziata, uno degli enti assistenziali più potenti della città, impegnandosi a realizzare alcune tele, oggi perdute, destinate ad integrare le decorazioni dell'altare maggiore e del soffitto cassettonato della chiesa annessa a tale istituto.
In quest'ultima impresa, compiuta nel 1594, il F. ebbe l'incarico di dipingere Angeli con i simboli delle litanie mariane accanto ad A. Mytens, J. Snyers, G.A. D'Amato, Curzio di Giorgio, Giulio dell'Oca e sotto la sorveglianza diretta di F. Santafede, a sua volta impegnato nella realizzazione di uno dei "quadri grandi" insieme con W. Cobergher, G. Imparato, G.B. Cavagna (Restaino, 1987, p. 48 n. 21).
Tale circostanza, che vide il F. lavorare a stretto contatto con i pittori più affermati a Napoli in quel momento, contribuisce a chiarire gli orientamenti stilistici delle sue prime opere nelle quali sembrano condensarsi le principali tendenze della pittura napoletana degli anni Novanta.
L'Apparizione della Vergine a s. Giacinto e tavolette con Storie della vita del santo in S. Domenico Maggiore e la Madonna degli Angeli tra i ss. Francesco e Caterina d'Alessandria in S. Francesco a Padula, databili entrambe al 1595 (ibid., pp. 34 s., figg. 1-3), palesano, all'interno di una costruzione solida e bilanciata, sicuramente al corrente delle posizioni "riformate" del Santafede, levità cromatiche baroccesche, nelle quali la compattezza della materia si stempera in una serie di effetti atmosferici, secondo la linea seguita anche dall'Imparato.
Agli inizi del nuovo secolo il F. eseguì l'Annunciazione per la la chiesa napoletana della Croce di Lucca (1600) e quella per la chiesa dello Spirito Santo a Napoli (1602), le tele con la Natività e l'Assunzionedella Vergine, già nella cappella De Caro in S. Lorenzo Maggiore e ora nel duomo di Castellammare di Stabia (1604 circa), e la Madonna degli Angeli con i ss. Francesco e Stefano per la chiesa di S. Michele a Piano di Sorrento (1606). In queste opere il F. sembra allinearsi, come G. Balducci, I. Borghese e G.B. Azzolino, alle tendenze moderatamente realistiche richieste dal clima devozionale della Controriforma con una particolare attenzione verso i modi del Santafede e di B. Corenzio. La ricerca di una visione più domestica dei fatti religiosi viene tradotta dal F. in uno stile sobrio e monumentale e in un colorito dai toni più vicini al naturale.
Tali orientamenti furono in vigore a Napoli fino alla venuta di Michelangelo da Caravaggio (1606) che, come è noto, scatenò negli ambienti del tardo manierismo locale una crisi destinata a coinvolgere tutti i pittori, aggravata dalla repentina scomparsa di alcuni dei protagonisti della cultura del decennio precedente come l'Imparato (1607), F. Curia (1608), L. Rodriguez (1609).
Tra il 1607 e il 1608 il F. fu chiamato a dipingere per il Pio Monte di misericordia la tela con Il buon Samaritano, nel momento in cui il Caravaggio aveva appena compiuto la pala con Le sette opere di misericordia destinata all'altare maggiore della chiesa.
Il F. appare influenzato dalla tela del Merisi della quale cita alcuni particolari tradotti in una sostanziale riaffermazione del formulario manieristico; inoltre, i toni bassaneschi dell'atmosfera notturna e l'accentuazione dei contrasti luministici avvicinano il F. alla pittura veneziana come contemporaneamente avviene anche nell'opera del Santafede, in particolare nella Resurrezione dipinta per il Monte di pietà (1608).
Tra il 1610 e il 1612 il F. eseguì la tela raffigurante La circoncisione per la chiesa di S. Maria della Sanità. In un pagamento del 26 dic. 1612, relativo a tale opera, compare, in una postilla aggiunta da mano diversa, il nome del Caravaggio indicato come autore dell'opera. Per questo motivo parte della critica formula l'ipotesi o di un primo intervento del Merisi sulla tela, in seguito completata dal F., o di una commissione assegnata al pittore lombardo raccolta in seguito dal F. (su tale questione si veda Restaino, 1987, p. 50 n. 56). Da una polizza del 9 dic. 1610 si desume al contrario che a quella data il F. aveva dato inizio all'opera e che l'esecuzione avveniva "conforme il disegno" (D'Addosio, 1919, p. 392) un dato quest'ultimo, in contrasto con gli usi del Caravaggio.
È tuttavia innegabile che a partire dal primo decennio del Seicento il F. tenda ad includere elementi caravaggeschi nella propria produzione pittorica come si può notare ad esempio nella figura di vecchia in basso a sinistra nella pala della Sanità, desunta da quella dipinta dal Merisi nella Crocifissione di s. Andrea (Cleveland, Museum of Art).
Intorno al 1617 il F. eseguì le tele per il soffitto della chiesa dell'Annunziata di Capua e il Crocifisso per la chiesa dell'Annunziata di Arienzo. In tali opere il F., pur ancorandosi a schemi disegnativi tradizionali, sembra approfondire l'indagine luministica e trarre ispirazione dalla pittura di C. Sellitto e B. Caracciolo.
Tra il 1620 e il 1622 il F. eseguì la decorazione del soffitto della chiesa dell'Annunziata di Giugliano, purtroppo molto rovinata, e, nel 1621, quella del soffitto del duomo di Napoli.
Dai documenti si sa con certezza che il F. fu attivo ancora per circa un ventennio (Restaino, 1988), ma non sono noti il luogo e la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: G.B. D'Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani del XVI e XVII secolo, in Archivio storico per le prov. napoletane, XXXVIII (1913), pp. 66-70; XLIV (1919), pp. 390-392; C. Restaino, G.V. F., "pittore di prima classe nei suoi tempi", in Prospettiva, 1987, n. 48, pp. 33-51 (con ampia bibliogr.); Id., Documenti sull'attività del pittore G.V. F., in Atti dell'Acc. Pontaniana, n.s., XXXVI (1988), pp. 255-265; P. Leone de Castris, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 719; Id., Pittura del Cinquecento a Napoli 1573-1606. L'ultima maniera, Napoli 1991, pp. 226, 232, 235, 247 n.; F. Bologna, in Battistello Caracciolo e il primo naturalismo napoletano (catal.), Napoli 1991, p. 271; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 211.