Visconti, Giovanna
Figlia di Nino V., giudice di Gallura e signore della terza parte del giudicato di Cagliari, e di Beatrice di Obizzo II, marchese d'Este e signore di Ferrara, è ricordata dal padre con accenti di profonda tenerezza, in Pg VIII 71. Giovanna rappresenta per Nino l'unico vincolo e l'unica speranza di una rispondenza affettiva nella terra, e a lei si rivolge, tramite D., per ottenere preghiere là dove a li 'nnocenti si risponde (v. 72). Netta è la contrapposizione tra Giovanna mia e la sua madre: nei confronti della figlia c'è la sicurezza di un affetto conservato, mentre per Beatrice si avverte il rancore dell'amante deluso, per quanto non ancora del tutto convinto di essere dimenticato (non credo... più m'ami, v. 74). E di fronte all'innocenza di Giovanna, che proprio per questa sua innocenza può avere la sicurezza di essere ascoltata nelle preghiere, ha ancor più risalto la bassezza della natura della madre, che con le sue nuove nozze ha dimostrato di essere ‛ femmina ' e non ‛ donna gentile ' (cfr. Vn XIX 1).
Alla morte del padre (1296) Giovanna era ancora una bimba, se nel 1300 aveva nove anni come afferma l'Anonimo Fiorentino; sulle sue spalle ricadde il peso di un'impegnativa eredità che suscitava le mire di quanti avevano interessi per la Sardegna, cioè le stirpi magnatizie di Pisa e Genova, i re di Napoli e di Aragona i cui progetti sull'isola rientravano in un quadro di politica espansionistica nel Mediterraneo, nonché il papa quale alto signore del luogo.
Morto il giudice Nino, Giovanna e sua madre presero alloggio presso Volterra, al qual comune papa Bonifacio VIII raccomandò l' " infantula " con un ‛ breve ' del 26 settembre 1296; intanto, Pisa l'aveva spogliata dei beni nel suo territorio e nel Volterrano, in quanto figlia di un guelfo fuoruscito, e cercava di sottrarle anche i possessi isolani che erano retti come vicario da suo zio Taddeo, conte di Montorgiale. Giovanna, nel giugno 1300, dové assistere alle seconde nozze di Beatrice con Galeazzo Visconti e seguì la madre a Milano, forse come promessa sposa di Marco Visconti, il quale mirava ad acquistare i diritti sul giudicato di Gallura e portarli nella sua casa. Intorno a Giovanna si svolse infatti tutta una politica matrimoniale mirante a impossessarsi della Sardegna. Alla fine dell'aprile 1307 sembrava che la sua mano dovesse venire uccordata a un nobile genovese figlio di Bernabò Doria, il quale premorì al padre. Questo matrimonio probabilmente avrebbe portato a un accordo tra Genova e Pisa ai danni del sovrano aragonese, però non andò in porto; verso l'autunno dello stesso anno quel progetto venne sostituito da un altro, caldeggiato da Azzo VIII e da Tedice della Gherardesca conte di Donoratico, per un nipote di quest'ultimo; il progetto in parola divise la popolazione pisana e si ebbero lotte. Intanto, i comuni guelfi toscani sembravano favorire la candidatura matrimoniale di Corradino Malaspina, di famiglia che possedeva estesi beni in Sardegna, mentre Giacomo II era favorevole al matrimonio con un nobile aragonese.
Tutti questi desideri e queste mire, favorite anche dal fatto che la giovane ereditiera era fornita di singolari doti di bellezza fisica e spirituale, caddero nel vuoto col matrimonio di Giovanna col guelfo Rizzardo da Camino (1308), successo nel 1306 al padre nella signoria su Treviso. Il suo matrimonio, rimasto senza figli, terminò dopo appena quattro anni. Rizzardo infatti fu ucciso nell'aprile 1312; nel suo testamento egli costituì un legato di 3.000 marche d'argento in favore di Beatrice d'Este e della propria moglie Giovanna; per di più lasciò altre 1000 marche a quest'ultima a titolo di morgengab. Giovanna a Treviso aveva trovato molti Pisani fuggitivi, ghibellini che non potevano più stare in patria, come Parente e Vanni di messer Marzucco Scornigiani; anche lo stesso Uguccione della Faggiuola vi soggiornò per qualche tempo; inoltre nel 1310 era stato podestà di quella città il patrigno di Giovanna, Galeazzo Visconti. Nel maggio del 1323, Giovanna era in Firenze e vi conduceva una vita stentata e misera; allora i consigli della città, considerati i meriti di suo padre verso il comune e verso la Parte guelfa, dato che ella era " egena nimis sed dives virtutibus et bona spe ", le stanziarono una somma di 400 libre mensili per un anno, sufficienti per vivere decentemente.
Nel 1334, a Giovanna morì a Milano la madre Beatrice d'Este; di poi, nel 1337, essendo inferma, ella testò a favore del fratellastro Azzone che morì nel 1339 ed i cui eredi vantarono inutilmente pretese sulle terre sarde già dominio dei Visconti di Pisa.
Bibl. - I. Del Lungo, D. nei tempi di D., Bologna 1888, 271-369; V. Salvavert y Rocca, Giovanna di Gallura, il suo matrimonio e la politica sarda di Giacomo II d'Aragona, in " Arch. Stor. Sardo " XXIV (1954) 95-113; ID., Cerdena y la expansión mediterránea de la corona de Aragón, Barcellona 1957.