COLOMBO (Columbus), Giovanni Alberto
Nacque a Venezia nei primi decenni dei sec. XVIII da Matteo (sulla sua famiglia, di origine modenese, vedi sub voce Colombo, Giovanni). Nulla sappiamo della sua formazione culturale prima dell'anno 1746, quando iniziò ad insegnare filosofia come ordinario e fisica come straordinario all'università di Padova, se non che era monaco cassinese. Dal 1747 insegnò anche geografia, astronomia e meteorologia, come testimoniano vari programmi relativi al suo insegnamento, fino ad una dissertazione inaugurale del 1756: Summa capita rerum quas anno hocce scolastico pertractabit D. Io. A. Columbus, Patavii 1756. Le sue lezioni di astronomia e meteore, che lasciavano ampio spazio alla geodesia, alla cartografia e alla matematica, ebbero come oggetto le maree, le coordinate geografiche, la figura e le dimensioni della Terra ecc. Nonostante una grave malattia, continuò ad insegnare sia pubblicamente sia in privato, particolarmente la geografia politica, anche se riteneva più importante quella fisica, data la mutevolezza dei confini di Stato. Il Facciolati nota che egli continuava ad insegnare a Padova ancora nel 1757 (il suo stipendio era stato aumentato nel 1752 a 340 fiorini); ma è certo che vi restò ancora per parecchi anni dopo quella data, poiché da vari documenti risulta non essersi più mosso dalla città. Secondo Lorenzoni, il C. dal 1749 si fece interprete, presso le autorità della necessità di un osservatorio astronomico (i finanziamenti furono concessi nel 1761); secondo lo stesso Lorenzoni G. Toaldo succedette al C. sulla cattedra di astronomia nel 1764. Da Padova rispondeva nel 1748 a una richiesta di consulenza di A. M. Bandini da Roma, relativa al ritrovamento, a Campo Marzio, dell'obelisco di Sesostri.
Il C. affermava che, secondo lui, tale obelisco serviva da gnomone ad una meridiana, e che il ritrovamento in quel luogo era da attribuirsi a probabili inondazioni del Tevere o a terremoti, non essendo ammissibile attribuirlo a mutamenti astronomici. Tuttavia si augurava che altri esperti consultati (tra cui il Boscovich, il Muratori, il Maffei, l'Eulero) potessero offrire ragioni più persuasive.
Il 18 ag. 1756 il C. fu incaricato dallo Studio padovano di esaminare lo stato di solidità della torre del Bo, insieme al pubblico perito P. Brandolese. Nei mesi successivi pertanto egli analizzò la struttura, le dimensioni, il materiale di costruzione del monumento, giungendo alla conclusione che l'inclinazione di mezzo piede al sommo del campanile era stata causata da un furioso temporale e favorita dall'apertura di due porte alla base di esso. Consigliò pertanto la chiusura di tali porte e il rafforzamento delle strutture con cerchi di terro. Anche G. Poleni, incaricato di pioseguire i lavori, confermò la sua analisi, anzi lo volle con sé nel lavoro di restauro delle parti lesionate e nei controlli sistematici delle, strutture.
I loro Pareri, conservati in un codice miscellaneo intitolato Carte e scritture relative al campanile dello Studio di Padova (Venezia, Bibl. naz. Marc., It. IV, 681, pubbl. dal Favaro, pp. 330-336), concordano sulla necessità di controlli periodici, che in realtà furono effettuati solo per un ventennio; tuttavia le campane del Bo poterono riprendere a suonare fin dalla fine dello stesso 1756.
Un altro incarico di restauro gli fu affidato nel 1758, dato che due anni prima un violento turbine aveva danneggiato il famoso tetto a carena del palazzo della Ragione.
Il C. ne studiò la struttura e scrisse un Parere intorno gli archi di legno del coperto del Salon della Ragione, datato 10 dic. 1758 e conservato in un codice miscellaneo dal titolo Ozii eruditi sulla città di Padova (Venezia, Bibl. naz. Marciana, It. IV, 336, cc. 209-215). Il progetto di ristrutturazione, studiato insieme al Poleni e a Girolamo de' Rinaldi, fu poi effettuato da B. Ferracina nel 1759.
Per quanto definito uno studio di fisica sperimentale, non si può considerare più di un curioso progetto quello contenuto nella relazione intitolata Acroasis habita pridie Kal. Decembris MDCCLXIV quum primum experimentalis physicae tractationem iussu amplissimorum rei litterariae triumvirum aggrederetur, Patavii 1764.
È un breve studio dedicato alla descrizione di uno strumento di sua invenzione, un orologio a pendolo isocrono in grado di correggere gli eventuali errori dovuti agli spostamenti sulla superficie terrestre e alle variazioni di temperatura. A suo dire tale invenzione sarebbe utile sia per la, determinazione delle coordinate geografiche di un luogo sia per gli studi sulla gravità. Diversamente dalle precedenti invenzioni di P. de Chales, di G. Graham o di Giulio Romano, quella dei C. si basava sul semplicissimo principio secondo cui se due aste metalliche uguali subiscono le stesse alterazioni a causa della variazione di temperatura o di altri fattori, basta disporle, per mezzo di un sistema di leve, in modo che le due variazioni si annullino a vicenda.
L'esplicito accenno ai suoi studenti, che egli dice di educare da diciotto anni, lo dice ancora attivo nell'insegnamento. Morì a Padova intorno al 1770 o poco dopo. Talvolta è stato confuso con il Giovanni, cancelliere veneziano.
Fonti e Bibl.: A. M. Bandini, Dell'obelisco di Cesare Augusto scavato dalle rovine di Campo Marzio commentario, Roma 1751, pp. 113, XI ss.(lettera del C.); I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii 1757, p. 327; P. Riccardi, Bibl. matematica ital., I, Modena 1870, col. 72; II, ibid. 1873, col. 117; F. Rossetti, Della vita e delle opere di S. Stratico, in Memorie del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, XIX (1876), p. 439; A. Lorenzi, L'insegnamento della geografia nello Studio di Padova, in Memorie e documenti . Per la storia dell'Università di Padova, I, Padova 1922, p. 464; A. Favaro, La torre del Bo, in Arch. veneto-tridentino, I (1922), pp. 319-24, 336; G. Lorenzoni, I primordi dell'Osservatorio astronomico di Padova, a cura di A. Favaro, in Monografia stor. sullo Studio di Padova, Venezia 1922, pp. 29-94 passim.