COSTA, Giovanni Andrea
Figlio di Giovanni Giacomo, nacque a Genova verso la metà del sec. XVI; intrapresa la carriera di notaio, si iscrisse nel 1577 alla matricola dell'arte.
Coloro che aspiravano all'ammissione al Collegio dovevano essere cittadini genovesi, aver fatto pratica per quattro anni presso un notaio già iscritto e aver raggiunto i ventidue anni; essi dovevano, inoltre, superare un esame per poter aspirare ad una delle dodici "vacature" che, dopo un anno (e, comunque, non prima dei venticinque anni), permettevano di ottenere l'ingresso nel Collegio, previo il superamento di altri due esami.
Il C. collaborò, come notaio, con l'ufficio di Corsica nel 1577 e 1578, dopodiché fu nominato cancelliere di Aiaccio, affiancando Cristoforo De Fornari, commissario intorno alle fabbriche di torri in Corsica. Nel 1581 assistette Pietro Battista Cattaneo, governatore dell'isola, risiedendo a Bastia e documentando l'opera di pacificazione svolta da questi per placare le violente rivalità tra le famiglie corse. A Bastia rimase sino al maggio 1582, quando tornò a Genova, proseguendo la sua attività presso la scribania del notaio Giovanni Agostino Morinelli e poi presso quella del notaio Abraham Ripanigra. Nel novembre 1583divenne nuovamente cancelliere di Aiaccio con il commissario Pellegro De Franchi. Due anni dopo, riprese la sua attività presso il notaio Ripanigra. Nel 1587, seguì come cancelliere il commissario generale Simone Centurione "inviato contro i banditi che saccheggiavano le terre poste nella giurisdizione del principe Doria, risiedendo a Pianezza, nella valle Fontanabuona. L'anno seguente divenne cancelliere dei Padri del Comune e protettori del patrimonio.
Questa magistratura, dotata di ampi poteri giudiziari e criminali, fu divisa in due rami, contemporaneamente all'elevazione del numero dei suoi componenti a sei: a tre di essi spettavano la cura del porto, dell'acquedotto e i compiti di polizia urbana, mentre gli altri, chiamati Conservatori del patrimonio, sovraintendevano agli affari e agli interessi della Camera della magistratura. A questi due gruppi erano affiancati due cancellieri, con lo stipendio annuo di cinquecento lire, in carica per quattro anni, al termine di ognuno dei quali erano sottoposti ad un sindacato. Il C. rivestì tale carica anche nel 1589 e 1591.
Il 7 febbr. 1591 fu eletto cancelliere e segretario della Repubblica, avendo come colleghi Vincenzo Botto e Giacomo Ligalupo.
La carica era di estrema delicatezza, in quanto i cancellieri erano a conoscenza di tutti i segreti di Stato; a loro spettava, tra l'altro, il compito di raccogliere il giuramento dei magistrati eletti; di far rispettare le regole del cerimoniale; di curare la pubblicazione delle leggi; di ricevere la corrispondenza; di raccogliere le testimonianze intorno a coloro che richiedevano l'ascrizione alla nobiltà, provvedendo a trascrivere il nome nel Liber nobilitatis; di registrare gli ordini e decreti dei Consigli e i contratti stipulati con la Casa di S. Giorgio; a turno, poi, essi dovevano prendersi cura dell'archivio.
Il C. fu cancelliere della Riviera di Levante negli anni 1591, 1594, 1597, 1600, 1603; cancelliere della Riviera di Ponente negli anni 1593, 1596, 1599, 1602 e cancelliere della città negli anni 1592, 1595, 1598 e 1601. Il suo compenso era di millecinquecento lire annue, più altre rendite, quali gli introiti provenienti dalla cancelleria dell'ufficio di Terraferma e la partecipazione alla gabella della pinta del vino.
Nell'ottobre 1603 fu chiamato a ricoprire provvisoriamente la cancelleria dell'ufficio di Corsica, uscendo di carica due mesi dopo. Nel 1605 fu eletto a sindicatore degli ufficiali dei luoghi di Montoggio e Roccatagliata. Accanto alla carica di segretario della Repubblica il C. rivestì nel 1601, insieme con Giovanni Battista Priaruggia, anche quella di rettore del Collegio dei notai di Genova.
L'elezione avveniva in ottobre, con una complessa procedura. Il giorno precedente la festa di s. Romolo, i rettori e i consiglieri uscenti, riunitisi nella cappella del Collegio, nominavano cinquanta notai dei più ragguardevoli, tra i quali, il giorno seguente, erano estratti a sorte ventiquattro che, insieme coi rettori uscenti, dovevano esprimere a turno il loro candidato per la carica. Ai rettori spettava il governo del Collegio, svolgendo essi funzioni di giudici ed esecutori delle norme contenute negli statuti; le loro sentenze erano inappellabili.
Nel 1603 il C. fu eletto consigliere del Collegio e, quattro anni più tardi, ancora rettore, venendo sostituito nell'agosto dello stesso amo da Giovanni Agostino Sivori.
La carica di cancelliere e segretario della Repubblica, riservata ai non nobili, permetteva di aspirare all'ascrizione alla nobiltà che, dopo le travagliate vicende del 1575, era stata rigidamente limitata. Modificata, infatti, la norma che prevedeva l'ascrizione ipso iure per i cancellieri usciti di carica, la legge de scribis et secretariis (1582) assegnò ai Collegi l'incarico di inoltrare la petizione del candidato al Minor Consiglio: a questo e ai Collegi toccava il diritto di voto; qualora la richiesta fosse stata approvata dalla maggioranza dei due terzi, spettava al Maggior Consiglio votare a sua volta. Con tale prassi, estremamente severa, ottennero l'ascrizione alla nobiltà i cancellieri Nicolò Zignago (1585) e Gian Giacomo Merello (1591).
Il C., dopo aver percorso tutta la carriera riservata ai notai nell'amministrazione della Repubblica, deposta nel 1604 la carica di cancelliere e segretario, inoltrò la petizione, dopo aver superato il sindacato del suo ufficio, previsto da una legge dell'anno precedente; egli ottenne l'ascrizione il 7 dicembre di quell'anno, conseguendo ottantaquattro voti favorevoli e ventidue contrari. L'ascrizione non era un semplice riconoscimento onorifico, ma permetteva di poter aspirare agli incarichi riservati ai soli nobili. Il C. fu eletto nel 1608 capitano di Recco, ottenendo ampi poteri e braccio regio come commissario contro i banditi nella sua giurisdizione. L'anno seguente, fu eletto all'ufficio dei reggenti dell'arte della lana, carica che lasciò temporaneamente nel gennaio 1610 per quella di commissario di Sanremo. Nel 1612 il suo nome fu proposto, insieme con quello di altri tre nobili, per il capitaneato di Rapallo, ma non uscì eletto. Non risulta che abbia rivestito in seguito altre cariche pubbliche. Morì prima del 1623.
A lui l'abate Michele Giustiniani attribuisce la passione per l'arte oratoria e per la poesia, citando un suo componimento fatto nel 1601in onore di Agostino Doria, doge di Genova, e dato alle stampe insieme con componimenti di altri autori.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Archivio notarile, notaio Costa Giovanni Andrea, filza i (anni 1577/1595); Ibid., Archivio segreto, Nobilitatis, busta n. 2833, mazzo 1; Ibid., sala B. Senarega, Decreti ed ordini ai cancellieri, n. 1093: Capitoli dei cancellieri e segretari della Repubblica (16 nov. 1602); Ibid., Archivio segreto, Manuali del Senato, dal n. 833 (1587) al n. 860 (1612); 871 (1623) c. 255r; Ibid., ms. 765, Leges venerabilis Collegii Notariorum Genuae, nn. 80, 131/15; Statuto dei Padri del Comune della Repubblica genovese, a cura di C. Desimoni, Genova 1866, pp. 379 s., 388; Istruzioni e relaz. degli ambasc. genovesi, a cura di R. Ciasca, II, Roma 1955, p. 123; M. Giustiniani, Gli scritt. liguri, Roma 1667, p. 306; M. Nicora, La nobiltà genov. dal 1528 al 1700, in Miscell. stor. ligure, II (1961), p. 258; G. Guelli Camajani, Il "Liber nobilitatis genuensis" e il governo della Repubblica di Genova fino all'anno 1797, Firenze 1965, p. 146; G. Costamagna, Il notaio a Genova tra prestigio e potere, Roma 1970, p. 286.