LELI (Lelj), Giovanni Antonio (Giovanni Antonio [Giannantonio] da Foligno)
Nacque a Ferrara tra il 1472 e il 1476, da una famiglia di orafi e incisori proveniente da Foligno.
Il cognome Leli si attesta ufficialmente a partire dal 1587, quando in un documento compare, in qualità di savio dell'arte, Nicolò de' Leli da Foligno, nipote del L. e ultimo rappresentante della famiglia.
Il L. con tutta probabilità era figlio di Lodovico, come si rileva da un atto notarile del 1510 in cui è citato come "maestro Giannantonio del fu Lodovico Fulgineo" (Cittadella).
Lodovico, documentato a Ferrara già dal 1445, era a capo di una prestigiosa bottega, nonostante nel 1458 venisse condannato per aver dorato con intenti fraudolenti, oggetti in ottone e aver montato in oro puro diamanti falsi. Lavorò al diretto servizio degli Estensi e per la nobiltà ferrarese realizzando raffinati oggetti di oreficeria e vasellame in argento.
Importante la sua attività di medaglista, sebbene i suoi lavori siano noti solo attraverso documenti e lettere autografe, in cui si firma "aurifice in Ferrara". Si ricordano la medaglia di Bona di Savoia, le due dedicate rispettivamente a Galeazzo Maria Sforza e nuovamente alla moglie Bona, quella con l'effige di Sigismondo d'Este, donata agli Anziani di Reggio, e quella di Lionello d'Este, della quale fece dono al duca Borso.
Il L., che nel 1493 risulta tra i salariati del Comune, ricevette numerose commissioni, soprattutto dalla corte ducale, per vasellame prezioso, oggetti sacri, come un tabernacolo e un turibolo per il cardinale Ippolito d'Este, vari sigilli e armi ducali per falconi. Succedette a Giacomino da Cremona come orefice ufficiale della corte, eseguendo lavori di argenteria, oreficeria e gioielli; nell'"inventario delle gioie" della duchessa Lucrezia Borgia, del 1516-19, è inoltre menzionata una catena in oro con crocifisso da lui realizzata (Bulgari).
Dal 1502 il L. fu maestro delle stampe presso la Zecca di Ferrara e contemporaneamente lavorò per la Zecca di Reggio nell'Emilia, realizzando alcune delle monete considerate tra le più pregevoli del Rinascimento italiano.
Sempre nel 1502 eseguì, su incarico della Comunità di Reggio, i punzoni e i coni per il testone argenteo con il ritratto di Ercole I nel recto e uno scudo a testa di cavallo con l'arme di Reggio nel verso, di cui sono rimasti pochissimi esemplari (Ravegnani Morosini, p. 137).
Durante il regno di Alfonso I il L. introdusse nell'arte monetaria nuove iconografie, espressione della pietà e della devozione del duca, ispirate prevalentemente alle Sacre Scritture, e illustranti leggende tratte per lo più dal Libro dei salmi o dagli Atti degli apostoli.
Il doppio ducato argenteo (Roma, Museo nazionale romano) realizzato nel 1505, come si rileva da una partita della Zecca di Ferrara (Cittadella), presenta, infatti, nel verso Cristo con il fariseo; nel recto è un ritratto di profilo di Alfonso I con i lunghi capelli ondulati e la barba a punta, secondo la moda del tempo. Un ritratto identico si ritrova nel quarto argenteo, dello stesso anno, con (nel verso) Sansone elmato che tiene una testa di leone.
Ulteriori lavori di conio documentati dai mandati di pagamento risalgono al 1507 e al 1522.
Del 1507 sono il testone e il ducato per la Zecca di Reggio raffiguranti nel verso la figura di s. Prospero, vescovo della città (Roma, Museo nazionale romano; Ferrara, Museo civico d'arte antica); del 1522 sono i coni di due monete argentee per la Zecca di Ferrara, di cui si conservano esemplari nel Museo nazionale romano: l'una presenta una tematica ispirata alle Sacre Scritture con il re Ezechia inginocchiato, l'altra la raffigurazione di un pastore che toglie una pecora dalla bocca di un leone, probabile allusione alla morte di Leone X, acerrimo nemico di casa d'Este.
Notevole fu anche l'influenza esercitata dall'arte del L. sulla produzione monetaria: numerose sono, infatti, le monete del periodo di Alfonso I che presentano una derivazione iconografica e stilistica dalle sue monete.
In base al confronto con i ritratti monetali di Alfonso I sono attribuite al L. le targhe argentee che rivestono l'arca in bronzo di s. Maurelio (Ferrara, basilica di S. Giorgio), tradizionalmente ritenute una commissione del duca Alfonso come ringraziamento a s. Maurelio per la vittoria conquistata nella battaglia di Ravenna del 1512 contro le forze papali e veneziane.
In ciascuna delle tre targhe compare, infatti, il santo accanto ai componenti della famiglia ducale: s. Maurelio davanti a un tempio benedice Alfonso I in armi, inginocchiato, accompagnato da due staffieri e dal suo destriero; la duchessa Lucrezia Borgia conduce il piccolo Ercole davanti al santo vescovo, che lo benedice ponendogli una mano sul capo; s. Maurelio benedice Girolamo Bendedeo, priore del convento olivetano di S. Giorgio.
L'impaginato e il tratto segmentato denunciano una stretta adesione alle forme dell'ultimo gotico cortese (Da Borso…, p. 144).
Nella prima placchetta la citazione del repertorio cavalleresco e il richiamo all'iconografia classica nella figura dello staffiere conferiscono alla raffigurazione un'aura ideale; il profilo di Alfonso è rispondente ai ritratti monetali derivati dai coni del Leli. Particolare realismo caratterizza il ritratto di Lucrezia: il profilo è identico a quello tramandato dalla produzione medaglistica; inoltre la ricca veste preziosamente ricamata e l'acconciatura con il diadema di gemme e la retina documentano la sfarzosa eleganza introdotta dalla principessa nella corte ferrarese. Realistica risulta anche la dettagliata descrizione del paesaggio, della facciata e del campanile della chiesa di S. Giorgio nella terza placchetta.
Nel 1536 il L. lavorava ancora per la Zecca di Ferrara con il genero Daniele da Basilea e nel 1545 ricevette nuovamente pagamenti per alcune stampe di monete (Bulgari).
Non è nota la data di morte del Leli. Le ultime notizie che lo riguardano risalgono a un pagamento dell'ottobre 1550 per lavori in argento e oro (ibid.).
Il figlio Giulio continuò l'arte paterna: nel primo quarto del XVI secolo risulta iscritto alla matricola degli orefici. Nel 1548 ricevette pagamenti dal duca Alfonso II per due collane in oro, e realizzò la doratura di vasellame e oggetti eseguiti dal padre. Successivamente continuò a ricevere pagamenti per oggetti di oreficeria e vari lavori di "cunciatura di argenti" (ibid., p. 371).
Morì a Ferrara l'11 nov. 1557 e venne sepolto nella chiesa di S. Paolo.
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