BANOVAZ, Giovanni
Nativo di Zara, fu uno degli scrittori d'economia più vivaci e impegnati della regione dalmata nella seconda metà del sec. XVIII, e tra quelli che con più amore e intelligenza s'occuparono della rinascita agricola ed economico-sociale di quel paese. Lasciò scarse tracce della sua vita, e gli stessi contemporanei pochissimo ci dicono di lui e delle sue vicende. Dovette essere comunque, la sua, un'esistenza di studioso e di polemista, mentre non risulta che il B. abbia mai avuto parte attiva in qualche modo nei tentativi, del resto assai sporadici, che il governo veneziano cercò di operare per il miglioramento dell'agricoltura dalmata, soprattutto negli anni seguenti al 1780.
Attorno al 1790 il B. cominciò a pubblicare nel Nuovo giornale d'Italia, stampato a Venezia, i suoi saggi di politica economica ed agraria, nei quali andò illustrando, pur senza ordine alcuno e senza sistematicità, un suo piano generale di riforme e di miglioramenti per le campagne dalmate e per il ceto contadino.
Nel 1791 discuteva Sui cattivi effetti che reca alla Dalmazia e a cadauno de' rispettivi proprietari delle terre la divisione e dispersione e la lontananza delle medesime; in un altro articolo dell'anno seguente si soffermava Sulla necessità della nazionale educazione e sui mezzi di promuoverla, sviluppando un argomento che gli fu sempre caro ed al quale grande importanza egli attribuiva per un possibile superamento delle pietose condizioni sociali del suo paese, entrando anche nei particolari e specificando l'organizzazione che l'iniziativa poteva assumere e le materie (chimica, fisica, storia naturale, ecc.) che più efficacemente avrebbero operato su una riforma di quelle condizioni.
Continuò così la sua battaglia giornalistica e polemica fino al 1796 circa, unendo passione e dottrina, e acutamente condannando dalle pagine del Nuovogiornale d'Italia il disboscamento delle montagne dalmate e i pessimi sistemi in uso a Zara nella produzione vinicola (1792), studiando le cause della siccità, piaga ricorrente di quelle regioni e remora gravissima ad un armonico sviluppo di una riforma agraria (1794), i modi di rendere liberi i contratti dei beni stabili, provvedimento che, secondo il B., avrebbe ridato più libera e semplice vita alla produzione agraria e non avrebbe permesso il progressivo anchilosarsi della struttura sociale del ceto terriero, in cui, invece, legami e vecchi diritti giuridici avevano costretto i proprietari e i coltivatori (1795).
Particolarmente sensibile agli aspetti giuridici della grave condizione di crisi perdurante nelle terre dalmate, il B. è nemico di ogni vincolo e di ogni remora ad un libero sviluppo delle forze agricole, e addita con cruda evidenza gli ostacoli e i mali più gravi nell'ignoranza diffusa e imperante fra i contadini, alimentata ed aggravata da un intero sistema sociale (Discorso sull'influenza del lusso nazionale che non permette che la pratica agricoltura si diffonda nelle genti nostre di campagna,uscito nel Nuovo giornale d'Italia del 1793), e nella dispersione delle terre e conseguente disorganizzazione e apatia dei proprietari.
Non è dato sapere nulla di lui posteriormente al 1796, data dell'ultimo suo articolo apparso nel combattivo giornale veneziano.
Bibl.: F. Re, Diz. ragionato di libri d'agricoltura, veterinaria e di altri rami d'economia campestre I,Venezia 1808, pp. 257-261; G. Valentinelli: Bibliografia della Dalmazia e del Montenegro, Zagabria 1855, pp. 56, 64, 66, 68, 76; S. Gliubich, Diz. biogr. degli uomini illustri della Dalmazia,Vienna-Zara 1856, p. 21; F. Luzzatto, Scrittori dalmati di politica agraria nel secolo XVIII,in Arch. stor. per la Dalmazia,III(1928), pp. 329-333.