MOSTO, Giovanni Battista
MOSTO (Dal Mosto, Del Mosto, Mustus), Giovanni Battista (detto da Udine). – Figlio di Giovanni (Zuane da Venetia, Zaneto da Mosto veneto), nacque intorno al 1550, probabilmente a Udine.
Il padre, che era stato a lungo capo della compagnia strumentale cittadina, morì nel gennaio 1570, lasciando quattro figli (in ordine di nascita: Francesco, Nicolò, Giovanni Battista e Bernardo o Bernardino), senza sostanze ma allevati nella virtù musicale, nonché una figlia da marito e un nipote.
A detta di Napoleone Pietrucci (1858), Mosto sarebbe stato destinato dal padre allo studio dell’avvocatura, ma segretamente aveva venduti «il codice e le pandette» per acquistarsi le opere dei più accreditati teorici musicali, e si era fatto prete: queste notizie, però, non sono confermate.
Dopo la prima formazione musicale ricevuta in famiglia, Mosto poté perfezionarsi, come testimonia egli stesso nella dedicatoria del libro di madrigali Il primo fiore della ghirlanda musicale (Venezia, eredi di G. Scotto, 1577), con Claudio Merulo. È documentata la sua assunzione, il 27 gennaio 1570, insieme al fratello Nicolò e per intercessione di questi, nella compagnia strumentale udinese, in seguito alla morte del padre e alla partenza di un altro fratello, Francesco, per la corte di Baviera (Colussi, 2008, p. 218). Il loro servizio durò un solo anno: il 22 gennaio 1571, per finanziare opere di difesa «contra le temute correrie di gente barbara» (i turchi), fu sospeso lo stipendio a tutti i piffari udinesi. Diversamente da alcuni membri della compagnia, che rimasero comunque a titolo gratuito, Mosto se ne andò e nel settembre 1571 risultava già al servizio del duca di Baviera a Monaco, forse chiamatovi dal fratello Francesco. Ricostituita la compagnia udinese, il 18 maggio 1573 Nicolò e Giovanni Battista vennero riassunti con condotta biennale al modesto stipendio di un ducato mensile a testa, accanto a Giovanni e Bernardino Celotti (o Bucci) e ad Alessandro Orologio. Non attesero però la scadenza del contratto, dal momento che tra agosto e settembre 1573 avevano già lasciato la città, forse alla volta di Venezia. Si hanno di nuovo notizie certe su di loro nell’estate 1578, quando divennero trombonisti alla corte di Baviera, raggiunti l’anno dopo dal fratello Bernardo. Nonostante un contratto quinquennale, nell’ottobre 1579 i Mosto vennero tutti licenziati e presero strade diverse.
Nondimeno nel 1585 Bernardino figura negli Sdegnosi ardori, la collettanea promossa dall’imolese Giulio Gigli e pubblicata a Monaco da Adam Berg, in cui 28 musicisti variamente collegabili alla corte bavarese intonarono a gara uno stesso madrigale del Guarini, Ardo sì, ma non t’amo.
Il 6 novembre 1580 Giovanni Battista, certamente la personalità più interessante della famiglia, vinse sia pur con un solo voto di scarto, il posto di maestro di cappella nella cattedrale di Padova, lasciato vacante da Ippolito Chamaterò, e qui fu attivo fino al 1° maggio 1589 quando, per ragioni ignote, non venne riconfermato dal Capitolo e fu sostituito da Costanzo Porta.
Di questi quasi nove anni di servizio restano alcune composizioni ma scarse notizie: dal momento dell’assunzione, oltre a ottenere la disposizione di una casa, ricevette un compenso di 130 ducati annui, dei quali 65 per l’istruzione musicale dei chierici in seminario (dal 1583 divennero 150, la stessa cifra corrisposta in precedenza al Chamaterò). Un documento dell’Archivio notarile di Padova informa inoltre che nell’ottobre 1581 era stato nominato procuratore dalla moglie Altina del defunto Nadalin fu Sebastiano di Venezia in merito all’eredità di Millo Nicoletti, canonico di S. Pietro di Castello in Venezia (procura che, in caso di sua assenza, veniva esercitata dal fratello Francesco).
Lasciata Padova, Mosto si portò forse a Venezia, «creatore di sue gentili armonie nella chiesa de Frari» (ma la notizia è riportata dal solo Pietrucci [1858, p .203], non sempre attendibile, e la documentazione superstite del convento non copre questo periodo). A Venezia si trovava allora anche il fratello Nicolò, suonatore di trombone e fagotto nella basilica di S. Marco, poi attestato come uno dei sei piffari del doge, perlomeno dal 31 agosto 1601 al 29 ottobre 1605. Prima dell’autunno 1590 partì alla volta della Transilvania, ove divenne «musices moderator» ossia maestro di cappella a Gyulafehérvár (oggi Alba Iulia in Romania), alla corte del principe Sigismondo Báthory, che, infatuato della cultura italiana, aveva reclutato una compagnia di musicisti. A questo mecenate Mosto dedicò il 1° ottobre di quel medesimo anno i suoi Motecta quinque vocum editi in Venezia da Ricciardo Amadino. Nel settembre 1593, poiché Gyulafehérvár era divenuta insicura per la minaccia turca, Báthory e i musicisti sfollarono a Cracovia. Di qui Mosto passò all’inizio dell’estate seguente, insieme al cantore Matteo Foresto, alla corte del principe elettore Ernst von Wittelsbach, arcivescovo di Colonia, ultimogenito del duca Alberto V, ove forse si trovava ancora in servizio come organista il fratello Bernardo, autore, tra l’altro, d’un libro di madrigali a 5 voci edito in Anversa nel 1588; al seguito dell’arcivescovo, visitò Bonn, Liegi, Bruxelles e Ratisbona. Tornato a Gyulafehérvár sul principio del 1595, ebbe in dono una casa e fu nominato da Báthory «gentiluomo della sua camera»; Mosto gli dedicò il 1° marzo il suo Primo libro de madrigali a sei, pubblicato a Venezia da Angelo Gardano. Di lì a poco, l’11 aprile, Costanzo Porta lasciò la direzione della cappella del duomo di Padova, così il 9 dicembre il Capitolo si rivolse di nuovo a Mosto offrendogli un onorario di 200 ducati, oltre all’uso della casa riservata ai maestri di cappella; il musicista prese servizio probabilmente dopo il 18 dicembre, ma l’incarico fu di breve durata: il 6 marzo 1596 chiese infatti e ottenne una licenza di tre mesi per recarsi a Gyulafehérvár a riprendere la moglie e i figli (partì dopo il 10 marzo).
Morì qualche mese più tardi in circostanze non del tutto chiare. Gli studiosi sono discordi circa il luogo (Gyulafehérvár, Padova, o in viaggio?) e la data di morte, sopraggiunta comunque prima del 29 giugno, giorno in cui il Capitolo padovano provvide a un sostituto.
Péter Király (2004) ha ripreso e rafforzato l’ipotesi avanzata nel 1860 da István Szamosközy, secondo cui Mosto sarebbe stato sepolto proprio nella cattedrale di Alba Iulia, adducendo come prova l’esistenza di una pietra tombale commemorativa.
Mosto ha scritto prevalentemente madrigali. Nelle scelte poetiche, se nel primo libro (1578) aderisce al canone dei Rerum vulgarium fragmenta e al petrarchismo post-bembesco, dalla metà degli anni Ottanta attinge sempre più spesso dal genere del madrigale epigrammatico messo in auge da Tasso e da Guarini. Si dimostra eccellente compositore, stilisticamente vicino alla scuola veneziana e in particolare ad Andrea Gabrieli: predilige le frasi corte, in un contesto leggiadramente diatonico; nei madrigali a sei voci, di struttura pseudo-policorale e a forte densità imitativa, spesso ritaglia sezioni a tre voci nello stile della villanella.
Opere: sono noti 4 libri di madrigali a stampa: Il primo libro de madrigali a cinque voci, con un ecco a diece nel fine, Venezia, erede G. Scotto, 1578 (dedicato a Santo Contarini del clarissimo signor Benedetto); Il secondo libro de madrigali a cinque voci, Venezia, G. Vincenti - R. Amadino, 1584 (dedicato al duca Mikołaj Krzysztof Radzwiłł gran marescalco del re di Polonia); Il terzo libro de madrigali a cinque voci, Venezia, Angelo Gardano, 1588 (dedicato al padovano Giovanni Antonio Orologio); Il primo libro de madrigali a sei voci, Venezia, Angelo Gardano 1595 (dedicato al principe S. Báthory, venne ristampato nel 1600 in Anversa da Pierre Phalèse; ed. mod. parziale a cura di Ö.S. Barlay, Budapest 1978). È inoltre presente, con composizioni quasi tutte profane, in 26 importanti raccolte collettive di fine Cinquecento: meritano menzione almeno le due curate da Mosto stesso, il già citato Primo fiore della ghirlanda musicale, dedicato a Giulio Sansone segretario dell’«Illustrissima Signoria di Venezia», in cui spicca l’esordiente Luca Marenzio, e la Corona de madrigali a sei voci di diversi eccellentissimi musici (Venezia, erede di G. Scotto, 1579), dedicata al «molto magnifico» Cornelio Corniani, che raccoglie una ventina di madrigali di Mosto oltre che di Orlando di Lasso, Andrea Gabrieli, Marc’Antonio Ingegneri, Claudio Merulo, Vincenzo Bell’haver, Alessandro Striggio, Pietro Vinci; e in Inghilterra l’antologia curata da Th. Morley, Madrigals to five voyces. Celected out of the best approved Italian authors, London, Th. East, 1598 (Sweetly pleasing singest thou è una parafrasi di Dolci alpestre parole, dalla collettanea De Floridi virtuosi d’Italia il primo libro de madrigali a 5 voci, Venezia, G. Vincenzi - R. Amadino, 1583). In ambito sacro pubblicò solamente i Motecta quinque vocum, liber primus, Venezia, R. Amadino, 1590 (dedicati a Báthory), 20 composizioni destinate a diversi momenti dell’anno liturgico. Tra le composizioni manoscritte, allo stato delle ricerche sono noti più di 20 madrigali, in parte ricavati da edizioni (Münster, Diözesanbibliothek, Collezione Santini, Hs2430, Hs2434, Hs4046; San Marino, CA, Huntington Library, EL25A46-51; London, British Library, ms. Egerton 3665 – facsimile a cura di F. D’Accone, New York-London, 1988 – e R.M.24.h.1-6), oltre a 3 madrigali intavolati per organo (Wolfenbüttel, Herzog-August Bibliothek, Cod. Guelf. 175 Noviss. 8°; Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, Slg. Bohn, Mus.ms.357), e 6 Salmi a 8 voci per doppio coro (Padova, Biblioteca capitolare, D.25-D.26), un Regina coeli a 5 voci (Varsavia, Biblioteka Narodowa, Mus. 2083), un Sanctificavit Dominus a 7 voci (Amburgo, Staats- und Universitätsbibliothek, Scrin A638), anche edito nel 1598 e nel 1601. Risultano invece perdute due messe presentate a Rodolfo II e una al duca Guglielmo di Baviera nel 1594.
Fonti e Bibl.: Padova, Arch. di Stato, Archivio notarile, 3714, c. 51r; Udine, Biblioteca civica, Comunale antico, Annales civitatis Utini, LVII, cc. 216v-218r; LVIII, cc. 13v-14r, 171, 215; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 202 s.; I. Szamosközy, Történeti Maradványai, 1542-1608, IV, Budapest, 1860, p. 79; G. Vale, La cappella musicale del duomo di Udine, in Note d’archivio per la storia musicale, VII (1930), pp. 116, 118; R. Casimiri, Musica e musicisti nella cattedrale di Padova nei secoli XIV, XV, XVI, ibid., XVIII (1941), pp. 112, 114, 116 s., 135; XIX (1942), pp. 70 s., 77 s., 83-86, 88; E. Zottoviceanu, Nouvelles données sur G.B. M. et ses relations avec la Transylvanie, in Musica Antiqua, IV (1975), pp. 369-378; Ö.S. Barlay, Reneszánsz muzsika a Báthoryak udvarában II. A gyulafehérvári madrigálok stilus- és zenetörténeti elemzése, in Magyar zene, XVII (1976), pp. 134-160; V. Cosma, Alba Julia. Un centru de infloritoare cultura muzicala renascentista, in Muzica, XXVI (1976), pp. 11-24; E. Zottoviceanu, G.B. M.: un compositeur italien à Alba Julia au XVIe siècle, in Revue roumaine d’histoire de l’art: série théâtre, musique, cinéma, XIII (1976), pp. 95-115; R. Charteris, The Huntington Library part books, Ellesmere Mss EL 25 A 46-51, inHuntington Library Quarterly, L (1987), pp. 59-84; T. Ravasio, G.B. M. maestro di cappella nella cattedrale di Padova (1580-89; 1595-96). Trascrizione dei salmi inediti per doppio coro, tesi di laurea, 2 voll., Università di Padova, a.a. 1984-85; J. Balogh, Kolozsvári kőfaragó műhelyek XVI. század, Budapest 1985; T. Ravasio, G.B. M. e la tradizione policorale nella cattedrale di Padova, in Rassegna veneta di studi musicali, IV (1988), pp. 27-50 (include l’edizione del salmo XIX); Settings of «Ardo sì» and its related texts, a cura di G.C. Schuetze, Madison 1990, pp. 245-255; P. Királi, Olasz-magyar zenei kapcsolatok Monteverdi korában (1567-1643), in Muzsika, XXXVI (1993), 12, pp. 11-16; A. Lovato, Catalogo del fondo musicale della Biblioteca capitolare di Padova, Venezia 1998, pp. VIII, X s., LXXI, scheda 1487; R.C. Charteris, Music by Giovanni Gabrieli and his contemporaries: Rediscovered sources in the Staats- und Universitätsbibliothek, Hamburg, in Musica disciplina, LII (1998-2002), pp. 251-288; T. Jeż, Madrigał, Warszawa 2003, p. 158; P. Királi, G. M., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XII (2004), coll. 540 s.; F. Colussi, La compagnia strumentale della magnifica città di Udine, dalle prime testimonianze alla metà del Seicento, in Alessandro Orologio (1551-1633) musico friulano e il suo tempo, Atti del convegno… 2004, a cura di F. Colussi, Udine 2008, pp. 125-262; M. Žáčková Rossi, Da Udine a Praga. La crescente fortuna dei musicisti friulani alla corte imperiale di Rodolfo II, ibid., pp. 259-276; E. Fantinati, G.B. M.: un musicista della ricostituita compagnia strumentale di Udine (1573), ibid., pp. 439-452; F. Colussi, M., in Nuovo Liruti. Dizio-nario biografico dei friulani, II, Udine 2009, pp. 1772-1779. F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, VI, p. 216; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, pp. 81 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 140; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 215; The new Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVII, p. 187.