RICCI, Giovanni Battista
RICCI, Giovanni Battista. – Figlio di Bartolomeo, nacque a Suno, presso Borgomanero, nell’odierna provincia di Novara. L’anno di nascita è incerto: da alcuni fissato verso il 1545, potrebbe invece cadere nel 1552, in base alle informazioni di Giovanni Baglione (1642, p. 150), che lo dice scomparso a settantacinque anni. Sono poche e confuse le notizie riguardanti la formazione e l’attività in terra lombarda: nel 1576 fu pagato insieme a Bernardino Lanino per dipinti nella cappella di S. Benedetto nel duomo di Novara, opera da identificare forse con la Crocifissione tra santi, che sarebbe pertanto l’unica al momento nota della sua produzione novarese.
Nel 1578 è registrata la costituzione della dote in favore della moglie, Cassandra Cattanea (Cattanei), originaria di Novara e ivi abitante. La moglie avrebbe seguito Ricci nella sua trasferta romana, morendo il 5 aprile 1622, nella parrocchia di S. Giacomo a Scossacavalli in Borgo, poi sepolta in S. Maria in Traspontina, nella cappella dei Ss. Pietro e Paolo (o delle Colonne), prescelta dall’artista per la tomba di famiglia.
Nel 1581 Ricci si era già spostato nell’Urbe, fissando la propria dimora in Borgo Pio: in quell’anno fu accettato nella compagnia dei Virtuosi al Pantheon e tra gli iscritti all’Accademia di S. Luca (schede Noack); nel 1585 lo raggiungeva il fratello Bartolomeo. I fervidi cantieri di Sisto V lo videro costantemente impegnato: a lui Baglione attribuisce affreschi nella Scala Santa, nel palazzo lateranense e nella Biblioteca Sistina, dove la sua mano è stata individuata dalla storiografia moderna (Zuccari, 1993).
L’attività nei cantieri pittorici sistini permise all’artista di mettersi in luce anche presso illustri committenti curiali: negli anni 1585-92 condusse, in società con il ferrarese Ludovico Lancione (o Lanzone) e i marchigiani Vincenzo e Cesare Conti, diverse importanti decorazioni pittoriche di palazzi romani: risalgono a questo periodo gli affreschi nella biblioteca del cardinale Ascanio Colonna nel palazzo ai Ss. Apostoli (1588-92) e quelli nel palazzo di monsignor Pietro Vento (poi Giustiniani, 1585-90); nel 1591-93 e 1599 partecipò, con Giovanni Guerra, alla decorazione del palazzo pontificio sul Quirinale. Probabilmente entro il pontificato sistino si debbono datare anche gli affreschi della cappella di S. Monica in S. Agostino a Roma, e poco oltre quelli nella cappella di S. Francesco (Colonna) ai Ss. Apostoli (perduti; Baglione, 1642, p. 149).
Nel pontificato Aldobrandini le opere di Ricci nelle chiese di Roma si moltiplicarono, soprattutto in vista del Giubileo del 1600: partecipò alla campagna di affreschi nella navata di S. Maria Maggiore per il cardinale Domenico Pinelli (1593 circa) e a quella nella cosiddetta nave clementina, il grandioso spazio del transetto lateranense, cantiere-chiave della propaganda clementina affidato al Cavalier d’Arpino. Inoltre cadono tra il 1594 e il 1600 i dipinti del soffitto ligneo e gli affreschi con Storie della Vergine per l’abside in S. Marcello al Corso, commissionati da Giulio Vitelli.
Tra i committenti di questo periodo spicca la figura del cardinale Antonio Maria Salviati, protettore dell’ospedale di S. Giacomo degli Incurabili: su commissione del porporato, Ricci eseguì per la chiesa del nosocomio una perduta Ultima cena per l’altare maggiore (Baglione, 1642, p. 149; Wiedmann, 2004) e affreschi nel coro, entro l’anno di morte del prelato, il 1602. Probabilmente subito dopo il 1600 l’artista realizzò anche la decorazione della cappella del cardinale in S. Gregorio al Celio, conclusa da Carlo Maderno proprio nell’anno giubilare: suoi sono tutti gli affreschi dell’interno – tra i quali spiccano la volta con il Cristo in gloria tra angeli e la Processione di s. Gregorio Magno a castel S. Angelo – e l’Isaia e S. Gregorio sull’arcone d’ingresso.
La pala d’altare della cappella – perduta – con S. Gregorio Magno in preghiera, fu affidata ad Annibale Carracci, che la dovette eseguire negli anni 1601-02, proprio in coincidenza con l’Assunzione della Vergine in un’altra cappella realizzata da Maderno e affrescata da Ricci, la Cerasi in S. Maria del Popolo.
Nel 1600-01 Ricci ottenne la commissione degli affreschi nella cappella del tesoriere di Clemente VIII, Tiberio Cerasi, in S. Maria del Popolo, i Quattro Evangelisti nella volta e due lunette con i Dottori della Chiesa: si tratta di dipinti di gusto intensamente classicista, che interpretano a pieno quel «recupero del Rinascimento» (Spezzaferro, 1993) che si andava diffondendo a Roma a inizio Seicento. Subito dopo (1601-05) affrescò la cappella del cardinale Ludovico Madruzzo in S. Onofrio.
Nel 1602 Ricci inviò da Roma alla chiesa del Real Colegio del Corpus Domini di Valenza un dipinto con la Gloria della Trinità con tutti i santi, che, insieme a un quadro di Giovanni Baglione, fu forse commissionato dal cardinale Camillo Borghese (futuro Paolo V) come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta nel 1593 dall’arcivescovo di Valenza, il beato Juan de Ribera. È datata 1606 la stampa con la Caduta degli angeli ribelli, firmata da Ricci (Roma, presso Giovanni Giacomo de’ Rossi).
Il pontificato di Paolo V lo vide tra i comprimari della grande stagione artistica borghesiana, espressione di un gusto di transizione tra austerità postridentina e nuove tendenze classiciste, ancora molto in voga presso la committenza romana. Per il pontefice si incaricò di completare, in stretta continuità con le decorazioni sistine, le due stanze Paoline nella Biblioteca Vaticana (1610-12); nel secondo decennio del Seicento cadono i perduti affreschi dell’arcone trionfale di S. Giuseppe dei Falegnami al Foro Romano (1610-12; Baglione, 1642, p. 149) e la decorazione della cappella dell’Annunziata nella chiesa della Ss. Trinità dei Pellegrini, dipinta nel 1612 per il conterraneo Giulio Maffioli da Novara, con Storie di s. Giulio e la pala d’altare dell’Annunciazione, malamente ridipinta nel Settecento e spostata in sacrestia nel XIX secolo.
Sembrerebbe appartenere al 1613, in base alla lapide dedicatoria dell’altare, anche la tela con i Ss. Giuseppe e Benedetto che inquadra l’immagine miracolosa della Vergine nella cappella della Madonna. Non dovrebbero essere cronologicamente lontani i Quattro Evangelisti dipinti da Ricci nei pennacchi della cupola della medesima chiesa.
Nel 1612-13 tornò in S. Marcello al Corso per eseguire le Storie della Passione nella navata, comprensive della grandiosa Crocifissione in controfacciata (firmata e datata 1613), gli affreschi nella cappella Grifoni-Weld, e quelli nel battistero (perduti; Baglione, 1642, p. 149). Entro il 1614 dovrebbero datarsi le Storie della Vergine nella cappella del vescovo spagnolo Tommaso Gargall in S. Maria di Monserrato, e la perduta Ultima cena per il refettorio del monastero di S. Onofrio. Al 1615 circa risale la decorazione della cappella di S. Nicola da Tolentino nel transetto destro della chiesa di S. Agostino, condotta da Ricci insieme ai marchigiani Vincenzo Conti e Andrea Lilio. Per lo stesso convento agostiniano il novarese eseguì alcuni anni più tardi altri lavori perduti, ma documentati (per tutti si veda: Tosini, 2006, p. 72): gli affreschi nell’archivio (1620), nella sacrestia (1625) e il disegno per la sepoltura di un sacrista (1620).
L’artista fu inoltre coinvolto a pieno regime nel grande cantiere della basilica Vaticana rinnovato da Paolo V, chiamato ad affrescare e a fornire disegni e cartoni per gli stucchi della cappella del coro (1618-27), per il portico del campanile, per le cappelle della Bocciata, della Madonna del Parto e per i corridoi della Confessione (1615-20) e per gli stucchi con Storie di s. Pietro del nuovo portico petriano (1618-20).
Nel 1619 lasciò firma e data sugli affreschi della cappella delle Colonne o dei Ss. Pietro e Paolo in S. Maria in Traspontina, iniziata già verso il 1605 dietro volontà testamentaria del conte Giovanni Battista Stanga da Cremona, e per cui aveva eseguito la pala d’altare con la Flagellazione dei due santi (1605). Verso il 1612 nella medesima chiesa affrescò ed eseguì la pala d’altare della cappella di S. Angelo Carmelitano, su commissione del generale dell’Ordine, Enrico Silvio. Nel 1622 si accordò con il pittore e stuccatore ticinese Cristoforo Greppi per ornare la cappella Rustici Castellani in S. Francesco a Ripa e nella medesima chiesa realizzò anche gli affreschi del coro (perduti; Baglione, 1642, p. 149). Sono forse di questi stessi anni gli affreschi nella cappella di S. Nicola dei Lorenesi in S. Luigi dei Francesi.
Eletto principe di S. Luca nel dicembre del 1621, Ricci rifiutò l’incarico forse per le cattive condizioni di salute. Il 7 ottobre 1623 pagò una penale per non aver consegnato «il quadro di sua mano», forse l’autoritratto previsto per l’adesione all’Accademia (Canestro Chiovenda, 1992, p. 228).
In questo periodo inviò anche opere fuori Roma, come la Consegna delle chiavi, firmata e datata 1620, per la chiesa di S. Pietro a Jesi, e lo Sposalizio della Vergine in S. Michele Arcangelo a Canepina (Viterbo), firmato e datato 1624, commissionato dai fratelli Attilio e Alberto de Nicolai, mercanti originari del borgo della Tuscia.
Nel 1627, poco prima di morire, l’artista si impegnò a eseguire anche una pala di S. Maria Maddalena dei Pazzi per la stessa chiesa della Traspontina, restituendo parte del compenso per realizzare la sepoltura di famiglia nella cappella dei Ss. Pietro e Paolo.
Morì a Roma il 5 agosto 1627, senza fare testamento, e fu sepolto in quella cappella insieme alla moglie e alla figlia Lucia, quest’ultima morta nel 1624 (Alla ricerca di “Ghiongrat”, 2011, p. 360). Una vastissima attività di disegnatore di Ricci sta ora progressivamente emergendo, a partire dalla ricostruzione fattane da John Arthur Gere e Philip Pouncey (1983).
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