CAPOCCI (de Capoccinis, da Capucinis, Capoccini), Giovanni
Nacque nella prima metà del sec. XV dall'autorevole famiglia romana dei Capocci. La prima notizia che abbiamo su di lui è dovuta a Paolo di Lello Petrone, che nella sua Mesticanza loricorda con molti altri romani per i quali nel 1445 furono fatti fare da papa Eugenio IV "molti belli vestimenti ... tutti de seta e 13 de panno de lana de pavonazzo"; poco tempo dopo lo scribasenato M. Guidi lo registra come conservatore per il periodo luglio-settembre 1447 e come abitante nel rione Colonna.
Niente altro sappiamo del C. fino a una"vendetta" in cui rimase coinvolto nel 1466 e che travolse tutta la sua famiglia. Al principio di quell'anno, infatti, Cristoforo e Marcello Del Bufalo, figli di Angelo, nominati da Paolo II rispettivamente protonotario e "maresciallo del Campidoglio", uccisero Francesco Capocci, figlio del C.; il pontefice, irritato per lo scandalo in cui veniva coinvolta la sua amministrazione, fece imprigionare in castel S. Angelo non solo Angelo Del Bufalo, accusato di aver suggerito ai figli il delitto, ma anche il C., padre dell'ucciso, "giacché il metodo spiccio, usato da Paolo II per reprimere le brighe romane consisteva nell'arrestare tutt'e due le parti" (V. Zabughin, p. 136).
Le ragioni dell'omicidio sono state variamente sfumate dai cronisti contemporanei, ma anche nelle loro divergenze sono rintracciabili i motivi veri; così Michele Canensi (p. 103) si limita a parlare di "intestina odia... quae rursus per ipsum Franciscym exasperata, infelicem ei sortem tandem attulerunt"; Gaspare da Verona invece, in un racconto più dettagliato, accenna a una vanteria, forse falsa, di Francesco Capocci "qui .... se adulterium cum uxore Marcelli commisisse iactabat passimque gestibus variis atque diversis eum illudebat" (p. 45); il più tardo Platina, mentre in un primo momento ricordava la violenza di Francesco "qui ...strupum intulerat", preferiva non farne menzione in una seconda versione, e decideva definitivamente per il silenzio nella versione a stampa (L. v. Pastor, Die Originalhandschrift von Platina's Geschichte der Päpste, in Deutsche Zeitschrift für Geschichtwissenschaft, IV[1890], p. 354).
L'atteggiamento reticente del Platina è del resto coerente con il suo intervento di mediazione: egli, rinchiuso nello stesso carcere di castel S. Angelo, per la cosiddetta congiura degli umanisti del 1468, vi aveva trovato ancora rinchiusi i protagonisti e aveva tentato la funzione di paciere, con una nota lettera al C., che, forse per questa ragione, il Gregorovius dice arrestato per la congiura. Nella lettera il Platina assicura di avere sempre rispettato il C. come padre, e di averlo amato come il migliore degli amici, ricorda poi la consuetudine che ha avuto e avrà sempre con i suoi figli, e afferma che proprio per queste ragioni si permette di intervenire. Considerato il danno che da questa faida viene alla famiglia Capocci, con i figli dispersi ed esuli per l'Italia e tutti gli altri componenti come banditi dalla patria, perse le sostanze stesse della famiglia (che il Platina dice "facultatibus non exiguis"), persi anche gli amici, consiglia al C. il perdono: i colpevoli hanno pagato abbastanza con l'esilio, niente ha tralasciato il pontefice per soddisfare l'offesa subita, il padre e alcuni amici dei Del Bufalo hanno sofferto il carcere e le torture "ad extorquendam veritatem". È giunto il momento ormai di rendere la pace alla sua famiglia e a quella dei suoi nemici. Non sappiamo quali risultati abbia ottenuto la lettera, e solo un'indicazione può essere il conoscere che Angelo Del Bufalo otteneva una prima volta un permesso di libertà "ad aliquot dies" nel 1470, e risulta definitivamente libero nel 1471.
Nessuna notizia abbiamo del C. dopo il 1468.
La scarsità dei dati rimastici, relativi alla vita del C. e specialmente alla sua formazione e ai suoi interessi culturali, non permette di confermare - ma neppure smentire - la notizia riferita dal Forcella, sulla base di una affermazione del Casimiro, che il C. sarebbe autore di una raccolta epigrafica ("preziosissima e più antica raccolta") di iscrizioni delle chiese di Roma; in effetti il Casimiro asseriva che tali iscrizioni, copiate dal C. verso la fine del secolo XV, erano state a lui comunicate da Pietro Polidori.
Fonti e Bibl.:Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 7934: G. V.Capocci, Historia de gente Capocina, f. 142v; T. A. Vairani, Cremonensium Monumenta Romae extantia, I, Romae 1778, pp. 39 s. (vi è edita la lettera del Platina al C.); Il registro degli Officiali del Comune diRoma esemplato dallo scribasenato Marco Guigi, in Rendiconti della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze fisiche e morali s. 4, III (1887), 1, p. 202; Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, in Rerum ItalicarumScriptores, 2 ediz., III, 16, a cura di G. Zippel, pp. 45 s., 102 s.; La Mesticanza di Paolo diLello Petrone,ibid., XXIV, 2, a cura di F. Isoldi, p. 54; Platynae historici Liber de vita Christi ac omnium pontif., ibid., III 1, a cura di G. Guida, p. 384 n. 2; P. Casimiro, Mem. istor. della chiesa e conv. di S. Maria in Araceli, Roma 1736, pp. 155 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Roma, I, Roma 1869, p. VIII; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, IV, Roma-Torino 1902, ad Indicem; V. Zabughin, Giulio PomponioLeto, I, Roma 1909, pp. 128, 134-37; R. Weiss, The Renaissance discovery of classical antiquity, Oxford 1969, p. 157.