CAPPONI, Giovanni
Figlio di Agnolo di Recco e di Bartolomea (il cui cognome non è dato di sapere), nacque a Firenze, presumibilmente tra il 1343 e il 1346. Difatti troviamo il suo nome tra coloro che si immatricolarono all'arte della lana nel 1364 e solitamente tale immatricolazione avveniva fra i diciannove e i venti anni. Questa ipotesi tuttavia è suscettibile di correzioni, poiché per i figli dei già iscritti all'arte erano ammesse eccezioni, e il padre del C., Agnolo, risulta iscritto sino dal 1328. Sposatosi intorno al 1360 con Giovanna Saltarelli, ne ebbe quattro figli, due maschi, Bernardo e Agnolo, morti in giovane età di peste, e due femmine, Tera e Contessa. Il C., discendente di una famiglia già affermata in città sebbene non di origine nobile, partecipò alla vita politica e praticò l'attività mercantile prevalentemente a Firenze. Ricalcò così le orme del nonno Recco, che si era distinto, fra l'altro, nella battaglia di Campaldino, e dei suoi numerosi zii che ricoprirono più volte, nella prima metà del Trecento, la carica di priore. Nel 1373 troviamo il C. tra i consoli dell'arte della lana, carica che ricoprì anche quattro anni dopo; prese parte attivamente anche agli avvenimenti che maggiormente scossero la vita cittadina in quegli anni, e in particolare alla guerra cosiddetta degli Otto santi.
Scoppiato il conflitto contro il papa, agli Otto cittadini di balia, che ne avevano la direzione, fu affiancata una commissione con il compito di trovare fondi per le campagne militari confiscando i beni ecclesiastici in città. Fra questi commissari accanto ad Antonio Tolosini, Tommaso Soldani, Luigi da Quarata, Giovanni del Bene e Filippo Rondinelli troviamo il C., che si distinse per la decisione con cui imponeva le deliberazioni della commissione. Ma mentre a Sarzana si trattava la pace, l'11 apr. del 1378, giunse la notizia della morte di Gregorio XI, che immediatamente rese sicura la ratifica della pace. A quel punto riscoppiarono in città le lotte che di lì a poco avrebbero portato al tumulto dei Ciompi. La Parte guelfa, che non aveva favorito la guerra, ma piuttosto l'aveva subita, rialzò la testa e si permise di ammonire perfino uno degli Otto, Giovanni Dini. Nel frattempo, se l'oligarchia si andava riorganizzando intorno alla Parte e aveva il suo capo riconosciuto in Lapo da Castiglionchio, intorno agli Otto di balia si coagulavano le forze del "popolo", contrarie all'uso indiscriminato della legge dell'ammonire, che si riconoscevano nelle istanze portate avanti da Salvestro de' Medici, il quale proprio il 1º maggio del 1378 fu non senza difficoltà nominato gonfaloniere.
Fra le persone più vicine a Salvestro e acceso membro della sua fazione era da tempo il C., il quale, per questa sua attività partigiana e per la parte sostenuta durante la guerra degli Otto Santi, fu chiamato, nei mesi caldi del tumulto dei Ciompi, a ricoprire la carica di priore (luglio-agosto 1378). Dopo questa data le notizie sul C. cominciano a scarseggiare: di lui sappiamo soltanto che nel 1380 fu capitano di custodia a Pistoia e che morì nel 1392.
Il C., come uomo politico, non si distinse particolarmente dalla grande massa dei fiorentini che s'impegnarono nella vita cittadina; anche la sua attività di mercante non ci è testimoniata con abbondanza di documenti. Di lui conosciamo soltanto le matricole dell'arte della lana e il fatto che ricoprì alcune cariche all'interno della medesima corporazione, Ma la sua figura è lumeggiata soprattutto dal fatto che fu amanuense di uno dei più antichi manoscritti del Decameròn, il codice Ital. 482 della Biblioteca nazionale di Parigi. È nota la fortuna che riscosse il Decameròn nell'ambiente "borghese" e mercantile fiorentino, tanto è vero che più dei due terzi dei manoscritti più antichi del testo boccaccesco furono opera proprio di "borghesi" e mercanti; il C. si dovette dedicare alla trascrizione davvero con "passione"(è questo il termine che il Branca usa per indicare i motivi che spinsero all'opera un certo numero di copisti), se, come ha notato la Nadin, la trascrizione del C. ha la caratteristica essenziale di essere estremamente corretta e fra le più fedeli al testo originale del Decameròn.Ilmanoscritto parigino è notevole anche perché fu il primo del Decameròn ad essere illustrato: graziosi disegni infatti accompagnano la prima novella di ogni giornata. Pare tuttavia che questi disegni non siano attribuibili al C., poiché sembrano databili posteriormente, seppure di poco, al 1392, anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Priorista Mariani, Famiglia Capponi, I, c. 172; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, p. 326; Il tumulto dei Ciompi, Cronache e memorie, ibid., XVIII, 3, a cura di G. Scaramella, pp. 33, 76, 113, 130; Mem. stor. cavate da un libro di ricordi scritto da Naddo di ser Nepo di ser Gallo da Montecatini, in Delizie degli eruditi toscani, XVIII(1784), p. 14; Diario di Anonimo fiorentino dall'anno 1358 al 1389, a cura di A. Gherardi, Firenze 1876, pp. 369, 387; F. Perrens, Histoire de Florence, V, Paris 1880, p. 262; V. Branca, Copisti per passione, tradiz. caratterizzante, tradizione di memoria, in Studi e probl. di critica testuale, Bologna 1961, p. 71; G. A. Brucker, Florentine Politics and Society, Princeton 1962, pp. 299, 383 n., 389 n.; L. Nadin, G. di Agnolo C., copista del "Decameron", in Studi sul Boccaccio, III, Firenze 1966, pp. 41-54; M. Meiss, The first fully illustrated Decameron, in Essays in the History of Art presented to R. Wittkower, London 1967, p. 57; C. Bec, Les marchands écrivains. Affaires et Humanisme à Florence (1375-1434), Paris 1967, p. 397; V. Branca, Boccaccio medievale, Firenze 1970, pp. 5, 317 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Capponi, tav. II.