CASTELVETRO, Giovanni
Primogenito di Niccolò e di Liberata Tassoni, fratello di Giacomo e Lelio perseguiti per eresia, nacque a Modena nel 1532.
Questa data si desume da una richiesta di deroga indirizzata al duca di Modena il 19 febbr. 1602, in cui il C. dichiara che "si ritrova havere dell'età sua anni 70, per lo che non può fare obbligatione o contratto alcuno, ciò prohibendo lo statuto di Modona". La pronta concessione della deroga testimonia non solo della buona salute del vecchio, a quella data, ma anche della sua notorietà.
I documenti dell'Archivio di Stato di Modena ce lo mostrano soprattutto come uomo d'affari, attivo nell'amministrazione delle campagne e del fondaco di famiglia e implicato in controversie di eredità (è per esempio del 14 giugno 1583 una supplica circa la "lite con Ireneo, Giacomo et Lelio" fratelli, per ottenere la propria parte dell'eredità paterna, "grossa somma di danari"; la questione si trascina almeno per un decennio, soprattutto contro Ireneo) o di affari (una causa per una terra contro Francesco Milani, una lite col rettore di S. Brigida, una supplica contro l'ebreo Isacco Sanguineti, cui aveva dato a garanzia "tanti panni del nostro fondaco..."). Ma come nipote e fratello di uomini braccati dal tribunale dell'Inquisizione (gli zii Ludovico e Giovanni Maria, i fratelli Lelio e Giacomo) egli dovette rappresentare più volte la solidarietà del gruppo familiare a tutela della "stirps Castrovitreorum" contro "infamia" che montava a travolgerla.
Troviamo così che un testamento del padre Niccolò del 15 genn. 1574, fermo nel mantenere i diritti del figlio Giacomo esule, assegna al C. l'amministrazione della parte di lui. Al C. Giacomo rilasciò procura per l'amministrazione dei suoi beni, come appare da un rogito del notaio A. Foscardi in data 17 nov. 1579; e con atto rogato in Venezia il 26 marzo 1602 gli cedette i diritti "della vendita fatta del diretto dominio d'un luogo di Biolche vinte in circa con il Palazzo, colombara..." e gli altri edifici "posti nella villa di Roncaglia di sopra in loco detto S. Martino di Secchia distretto di Modena ecc." (per potere accettare questo atto il C. chiese al duca la deroga ricordata sopra). Fu ancora il C. che assistette in punto di morte lo zio Giovanni Maria, facendogli le esortazioni finali e raccomandandogli l'anima in assenza del prete; la sua testimonianza ebbe peso determinante nell'ottenergli sepoltura religiosa e la sua decisione allontanò dalla famiglia i pesanti impegni che l'Inquisizione voleva caricare sulle spalle di Giacomo e del piccolo Ludovico, figli di Giovanni Maria (18 dic. 1575). Quando il 7 febbr. 1576 morì il padre, il C. rimase il punto di riferimento della famiglia, e a lui si appoggiò la cognata Isabella Seghizzi, moglie del profugo Lelio, nelle interminabili liti contro il rissoso Ireneo.
Quanto alla figura pubblica del C., egli appare frequentemente nelle liste dei conservatori cittadini; e come conservatore lo ricorda il cronista G. B. Spaccini in una nota del 10 apr. 1600 e si può seguire la sua opera nei libri della Comunità.
Nella supplica del 19 febbr. 1602 il C. Si presenta, settantenne, come "mercante... sano d'intelletto et cauto ne' suoi negotii et solito di negotiare". Nel testamento redatto il 28 marzo 1604 ("0 molto carico d'anni d'età mia") dispone della "piccola et poca sua facoltà la quale invero è tanto misera et povera che quasi vergogna ne ha",lasciando erede di tutti i beni mobili e immobili, "ragioni, accioni presenti e future" la figlia Virginia, moglie di Fulvio Carandini, al quale rimette tutti i debiti, con in più un lascito di cento ducatoni. Venticinque ducatoni lascia alla nipote Ludovica figlia di una figlia naturale, legittimata, Ersilia (un figlio, Ludovico, natogli l'8 dic. 1564 era già morto). Ci sono legati individuali per i servitori (lire 15 ai servitori e io alle serve) e un lascito per i poveri. Per la parte spirituale, affida "la peccatrice anima" al "misericordiosissimo Iddio","sperando nella sua gran misericordia et per i meriti et spargimento del preciosissimo sangue del suo diletto figliuolo Christo Giesu"; quanto al corpo "senza pompa et con quella minor spesa sii possibile" sarà portato "nella chiesa di S. Francesco et reposto nella sepoltura de' miei maggiori". La moda delle sepolture sobrie era stata introdotta nel Cinquecento dai dissenzienti dell'Accademia luterana, ma ormai non era più tanto significativa.
Il Libro dei morti della Comunità di Modena registra la sua sepoltura in S. Francesco sotto il 30 luglio 1605.
Fonti e Bibl.: Il punto di riferimento essenziale rimane T. Sandonnini, Lodovico Castelvetro e la sua famiglia, Bologna 1882, che peraltro non si occupa espressamente di Giovanni. G. B. Spaccini, Cronaca modenese, a cura di E. P. Vicini, II, Modena 1919, p. 48. Indicazioni sul C. in Modena, Biblioteca Estense, Fondo Campori, ms. γ V, 4, 7, 17: Prove della genealogia della famiglia Castelvetri (cart. in fol. sec. XVIII); lettere autografe in Archivio di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Lettere e docc. di particolari, cart. C, n. 308, ragguagliano sui contrasti d'eredità e d'affari. La lite col rettore di S. Brigida, definita con bolla papale del febbraio 1695, in Modena, Biblioteca Estense, Documenti Campori, busta 129(3). Per la deroga del 1602, Arch. di Stato di Modena, Archivio notarile, cassetta n. 2169 (notaio G. B. Festasi) e per il testamento cassetta n. 2175, stesso notaio.