NETTI, Giovanni Cesare
NETTI, Giovanni Cesare. – Nacque a Putignano, in Terra di Bari, il 4 settembre 1649 (Putignano, Chiesa Madre, Registri dei Battesimi, 1649) da Francesco Antonio e da Teresa Venera Cristolla.
Nulla si conosce dei primi anni di vita. A detta di Salvatore di Giacomo (1924, p. 214), nel 1663, entrando al Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli, avrebbe avuto «otto anni»: in tal caso la nascita andrebbe collocata nel 1655. In realtà ne aveva 14, età ancora ammissibile (come indicato correttamente in Prota-Giurleo, 2002, III, p. 43). Ai Turchini, restò per circa 5 anni fino al 1667, allievo in primis di Giovanni Salvatore, uno dei grandi didatti napoletani del Seicento. Negli ultimi anni divenne «mastricello» insieme al collega Gennaro Ursino, con cui condivise anche la scelta di diventare sacerdote (ibid., p. 83).
Conclusi gli studi, fornì cantate da camera ai circoli accademici della nobiltà napoletana: nella decina di fonti manoscritte pervenute si trovano tracce di questo contatto (su due cantate v’è la dicitura «parole del Sig.r Conte Valle»; Napoli, Conservatorio di S. Pietro a Majella, 33.5.28). Nel 1675 (1679 secondo Di Giacomo, 1924, p. 214, ma anche in Prota-Giurleo, 2002, III, p. 296) fu assunto come organista soprannumerario nella cappella vicereale, servendo per ben 9 anni senza alcuna paga (eccettuati i gastos secretos per il servizio nella camera del viceré), e soltanto nel 1684 gli furono accordati 4 ducati al mese per volontà vicereale e forse per l’appoggio di «algunas Señoras Napolitanas» (ibid., pp. 144 s.).
Il servizio nella cappella reale fu comunque il primo gradino di una rapida carriera. Nel 1680 venne scelto a sorpresa come maestro di cappella al Tesoro di S. Gennaro, preferito al celebre Francesco Provenzale, «avute tutte quelle relationi che lo rendono ottimo e d’ogni perfettione per l’esercizio predetto, essendosene di tutto ciò pienamente accertati con che debia detto Don Giovanni Cesare fare tutto quello ch’è stato solito farsi nelle musiche celebrate per l’addietro nel detto Tesoro» (in Columbro-Maione, 2009, p. 221). Nel contempo aveva avviato l’attività operistica, componendo almeno due melodrammi: L’Adamiro rappresentata nella sala del Palazzo Reale il 16 febbraio 1681, e La Filli, data l’anno dopo nel palazzo dei Cappello a carnevale, ma forse anche a Palazzo Reale in febbraio per volontà dei fratelli del conte di Conversano Acquaviva d’Aragona. Nel 1684 Provenzale si dimise con clamore dal posto di organista titolare della Real Cappella, dopo aver perso anche la competizione per il posto di maestro, assegnato ad Alessandro Scarlatti; al suo posto fu scelto Netti, così com’era già successo al Tesoro: gli subentrò con uno stipendio elevato a 80 e passa ducati annui.
Se fin dal primo Cinquecento la Real Cappella era legata alla corte vicereale (di fatto era la terza cappella di Stato dopo le due di Madrid), la cappella del Tesoro di S. Gennaro, istituita in Duomo dopo l’assunzione del santo a protettore della città e inaugurata nel 1646, dipendeva da un gruppo di nobili deputati; da 6 eletti della città era invece retta la cappella della Fidelissima Città di Napoli, che operava nelle feste principali in Duomo e fuori. Nel 1665 Provenzale era stato nominato maestro di entrambe le cappelle ecclesiastiche, ma i deputati del Tesoro gli avevano anteposto con varie scuse prima Filippo Coppola e poi Netti, entrambi membri anche della Real Cappella. I numerosi documenti contabili superstiti del Tesoro (in gran parte editi in Columbro-Maione, 2009, App. I) danno i compiti spettanti al maestro e il nutrito organico a sua disposizione nelle tre feste del santo (prima domenica di maggio, 19 settembre e 16 dicembre) e nelle altre principali: 4 cori di voci e strumenti (con altrettanti organi), violini, viole, arciliuto, arpa, cornetti e fagotto. Il 10 dicembre 1681 per la prima volta Netti fu assente, sostituito per l’Immacolata Concezione dall’organista Francesco De Maria; il 15 aprile 1682, fu chiamato a sostituirlo proprio Provenzale. Ma non volendo creare un precedente che giustificasse il subentro dell’avversario, l’assenza successiva in maggio fu coperta ancora da De Maria. Da settembre 1682 a luglio 1686 Netti non mancò più alcuna festa principale al Tesoro, forse preoccupato di perdere il posto. Può darsi che le assenze dal Tesoro corrispondessero a commissioni teatrali in Terra di Bari, dove doveva essersi diffusa la fama della sua bravura.
Nel 1682 fu incaricato di musicare l’antiprologo Acquaviva laureata su testo del drammaturgo acquavivese Domenico Antonio Mele, già in anni precedenti autore di feste teatrali per i duchi di Conversano, gli Acquaviva d’Aragona. La composizione di Netti fu rappresentata ad Acquaviva (oggi Acquaviva delle Fonti, Bari) nel palazzo De Mari per le nozze di Laura Doria e Giambattisa De Mari, primogenito dei principi d’Acquaviva. Ma i documenti rivelano anche fin dall’aprile 1682 gli effetti della malattia, la podagra, che lo avrebbe infine stroncato.
Morì a Napoli prima del 31 luglio 1686.
Il suo posto al Tesoro di S. Gennaro fu immediatamente assunto da Provenzale. Un fratello prete, don Giovanni Antonio Netti, ricevette per qualche tempo un rateo dalla Real Cappella, probabilmente sui diritti spettanti allo scomparso Giovanni Cesare.
I due melodrammi superstiti di Netti (entrambi nella biblioteca del Conservatorio di Napoli) aprono squarci importanti sull’ambiente operistico napoletano subito prima dell’arrivo da Roma di Alessandro Scarlatti. Il «melodrama» L’Adamiro si deve alla penna di Baldassarre Pisani (ma l’attribuzione al poeta non compare nel primo libretto e fu dichiarata solo posteriormente). Il libretto esplicita che si tratta del debutto operistico di Netti, creando un barocco gioco di parole tra l’autore e le «tante Arie […] che sono il Nettare dell’udito». L’ossatura della Filli del 1682 ricalca la fortunata opera d’esordio di Scarlatti, Gli Equivoci del sembiante (Roma 1679, ripresa nel 1681 a Palazzo Reale a Napoli).
Le arie d’opera di Netti condividono con le cantate una notevole padronanza della melodia cantabile, su un tessuto armonico semplice ma adeguato alle atmosfere evocate dal testo. Proprio nel campo della cantata da camera, e soprattutto delle prime forme di serenata, Netti esprime il suo miglior contributo alla formazione di uno stile vocale autoctono, distinto da quello scarlattiano. Il testo di A dio, cara libertà è multisezionale e presenta numerosi cambi di tempo in corrispondenza dei diversi inserti successivi («Misera, e qual io sento», «Mi dice un pensiero»). I due brani accolti nel manoscritto del Conservatorio di Napoli 33.4.4, Semiviva e dolente e A dio, cara libertà, sono accomunati dalla scrittura virtuosistica nella parte del soprano, ricca di figurazioni melodiche che imitano i concetti poetici (nel primo sottesi a parole che esprimono sofferenza e dolore). In questo repertorio raffinato, concepito per ambienti aristocratici o accademici, la composizione di Netti che godé di maggiore notorietà e diffusione dovette essere la serenata Nella notte più fosca, che compare in ben tre fonti oggi custodite a Genova e a Roma, oltre che a Napoli. Anche in questo caso si tratta di una composizione multisezionale, in cui ai bruschi cambi d’atmosfera del testo corrispondono mutamenti ritmici e armonici. Tre arie sono concatenate ad altrettanti recitativi, donde una notevole estensione complessiva. L’ambiente notturno e il lamento dell’«infelice amante» sono tipici della serenata napoletana coeva
La fortuna delle musiche vocali profane di Netti dovette risiedere nell’intensità lirica della linea melodica più che nella struttura armonica, più semplice che nei principali coetanei attivi a Napoli, come Provenzale e poi Alessandro Scarlatti. Impossibile formulare un giudizio sullo stile di Netti in campo sacro: nulla è pervenuto delle molte opere che deve aver composto per il servizio in S. Gennaro.
Oltre le opere già citate, sono note alcune altre cantate (Nel bel regno d’Amore, Nella stagion appunto ch’al feroce leone, Risvegliatevi, o luci mie belle, Semiviva e dolente) e il duetto Seguane pur che può scoprirmi. Le composizioni di Netti sono custodite a Napoli (Biblioteca del Conservatorio), Roma (Biblioteca Nazionale Centrale) e Genova (Biblioteca Universitaria).
Fonti e Bibl.: S. Di Giacomo, Maestri di cappella, musici e istromenti al Tesoro di San Gennaro nei secoli XVII e XVIII, Napoli 1920, p. 214; Id., Il Conservatorio di S. Onofrio a Capuana e quello di S. M. dei Turchini, Palermo-Milano 1924, pp. 101 s., 222; U. Prota-Giurleo, Breve storia del Teatro di corte e della musica a Napoli nei secoli XVII e XVIII, in R. De Filippis - U. Prota-Giurleo, Il Teatro di corte del Palazzo reale di Napoli, Napoli 1952, pp. 19-146; A. Giovine, Musicisti e cantanti lirici di Terra di Bari, Bari 1968, pp. 50 s.; L. Bianconi, Funktionen des Operntheaters in Neapel bis 1700 und die Rolle Alessandro Scarlattis, in Colloquium Alessandro Scarlatti, Würzburg 1975, a cura di W. Osthoff - J.Ruile-Dronke, Tutzing 1979, pp. 28, 30 s., 52 (e Musikanhang VI);U. Prota-Giurleo, I teatri di Napoli nel secolo XVII, a cura di E. Bellucci - G. Mancini, Napoli 2002, III: L’Opera in musica, pp. 43, 83, 116, 120, 125, 144 s., 154, 209, 296, 302, 306, 333, 341, 343; D. Fabris, Music in Seventeenth-Century Naples: Francesco Provenzale (1624-1704), Aldershot 2007, ad ind.; Id., La serenata a Napoli prima di Alessandro Scarlatti, in La serenata tra Seicento e Settecento: musica, poesia, scenotecnica, a cura di N. Maccavino, Reggio Calabria 2007, pp. 15-72; M. Columbro - P. Maione, La cappella musicale del Tesoro di San Gennaro di Napoli tra Sei e Settecento, Napoli 2009, pp. 16, 78, 80, 109, 134-137, 152, 167-169, 221-234; A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768), Roma 2009, pp. 115, 290.