CEVA, Giovanni
Nacque a Milano, da Carlo Francesco e da Paola de' Colombi, molto probabilmente nel dicembre del 1647. Come il fratello Tommaso, compì i primi studi nel locale collegio gesuitico, mostrando particolare inclinazione per le scienze esatte; nella prefazione al De lineis rectis dirà d'aver trovato nella matematica un rifugio per vicende negative occorsegli, senza ulteriormente precisarle, aggiungendo che aveva insistito nel suo studio nonostante l'opposizione dei familiari. Seguì poi i corsi universitari a Pisa, ove ebbe come maestri Donato Rossetti e Alessandro Marchetti, due tra i migliori allievi di G. A. Borelli e da questo introdotti allo sperimentalismo galileiano; si coglie così tramite il C. una delle vie di sviluppo del galileismo nel preilluminismo dei gruppi lombardo-piemontesi agli inizi del Settecento.
Il primo problema matematico al quale il C. si applicò fu quello classico della quadratura del cerchio, per cui egli si valse degli indivisibili del Cavalieri; ma dopo essersi illuso più volte d'aver trovato una soluzione, dovette alla fine desistere del tutto scoraggiato. Di questi tentativi giovanili non resta traccia nella produzione matura, ma la loro caratteristica di fondo, l'approccio ad una tematica consueta, ritenuta definita nei termini e nelle procedure, con uno strumento concettuale precedentemente non adibito al suo studio, resterà distintiva di tutta la sua opera matematica. Ad una prima valutazione, infatti, il C. appare studioso d'impostazione strettamente tradizionale; e ciò, nel particolare contesto della cultura matematica italiana al finire del sec. XVII, significa che i suoi studi s'iscrissero entro la geometria classica, senza il ricorso a sussidi analitici; in nessun modo, tuttavia, ciò giustifica un giudizio riduttivo circa l'importanza dei suoi lavori che al tradizionalismo della tematica uniscono una spiccata originalità nella metodologia. Questa ambivalenza appare evidente nel primo e più noto scritto matematico del C., il De lineis rectis se invicem secantibus statica constructio (Mediolani 1678), dedicato al duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga.
L'operetta consta di due parti e un'appendice, la quale ultima contiene risultati nuovi ed anche brillanti, ma tratta argomenti difformi da quelli indicati dal titolo ed è strettamente tradizionale nel metodo. Le prime parti presentano invece risultati ottenuti mediante l'applicazione a situazioni geometriche di considerazioni tratte dalla statica, in particolare baricentriche. Il C. individua in tal modo nuovi settori d'analisi, relativi ai punti d'incontro delle bisettrici di poligoni e poliedri qualsiasi e alle proporzioni tra i segmenti individuati sui lati d'un poligono da una sezione conica ad esso inscritta. Stabilisce anche in modo autonomo, più generale e sistematico, risultati conseguiti rapsodicamente dalla geometria precedente, come il teorema di Menelao. Il complesso di queste ricerche prefigura così temi e problemi della successiva geometria analitica e della proiettiva, di cui può dirsi uno dei predecessori. Tra i teoremi stabiliti nel De lineis, il più noto è quello solitamente indicato con il nome del C., da quando M. Chasles stabilì la sua priorità rispetto a J. Bernoulli, cui fu a lungo attribuito: tale teorema prova che se dai vertici d'un triangolo si conducono tre rette passanti per uno stesso punto, esterno o interno al triangolo, esse determinano sui lati opposti, o sui loro prolungamenti, sei segmenti tali che il prodotto di tre non aventi termini comuni è uguale al prodotto degli altri tre. In un suo studio, già L. Cremona mostrò che nell'opera del C. sono contenuti, o quanto meno enunciati, alcuni degli sviluppi che il teorema poteva avere sul piano logico, e che ebbe a partire dal Bernoulli e dal Carnot. Il fatto che l'originalità d'impianto del De lineis ed anche i contributi nuovi che esso conteneva venissero dimenticati al punto che alcuni furono ritenuti scoperte originali più d'un secolo dopo, induce a ritenere che la diffusione dell'opera dove essere poco più che regionale, come prova anche l'assenza di edizioni ulteriori. La si trova indicata nei repertori storici a partire dalla fine del Settecento, ma fino a Chasles il suo valore non fu analiticamente discusso.L'impostazione delle ricerche dei De lineis a partire da concetti statici mostra che già in età giovanile gli interessi matematici del C. s'associavano a quelli fisici e tecnici. Con gli anni questo aspetto operativo andò accentuandosi, a partire dagli Opuscula mathematica de potentiis obliquis,de pendulis,de vasis et de fluminibus (Mediolani 1682). Com'è già implicito nel titolo, nell'operetta, divisa in quattro parti, il C. spazia dalle questioni di geometria pura alle misurazioni idrodinamiche, avvicinandosi così al settore dal quale dipenderanno maggiormente la sua affermazione professionale e scientifica. A questa specializzazione è connesso il suo trasferimento a Mantova, come funzionario tecnico del governo ducale; è questo il fatto centrale della sua biografia, poiché resterà a Mantova fino alla morte. Finora è però mancata una ricostruzione dei motivi del trasferimento e delle vicende del servizio a corte, con le probabili correlazioni con le vicende politico-militari dell'epoca; dai dati disponibili si può solo rilevare che egli appare in rapporto coi Gonzaga fin dagli anni giovanili, data la dedica del De lineis a Ferdinando Carlo, e che si trovava già a Mantova nel 1686 insieme con il padre. Precedentemente si era sposato, e nell'ottobre del 1685 gli era nata una figlia. La prima opera a stampa di questa nuova fase, in cui la tematica idraulica si fa sempre più rilevante, è la Geometria motus,opusculum geometricum in gratiam aquarum excogitatum (Bononiae 1692).
L'opera studia le linee di moto di corpi singoli o di sistemi di corpi non in quiete tra loro, introducendo così curve complesse come parabole e iperboli, e giungendo per via rigorosamente geometrica a nozioni infinitesimali, che il C. tenta di trattare con gli indivisibili cavalieriani. Assume così che il punto di una curva abbia dimensione minore di qualunque segmento comunque scelto su di essa, definisce la linea come flussione di punti e ipotizza che per distanze infinitamente brevi ogni moto si possa considerare uniforme. Nella parte terminale dell'opera tenta poi interessanti applicazioni idrauliche delle nozioni precedentemente acquisite, approfondendo la linea di geometrizzazione di questo settore fenomenico iniziata da B. Castelli e proseguita con l'intera scuola galileiana.
Nei primi anni del sec. XVIII il C. assunse nella struttura amministrativa del ducato di Mantova un ruolo di un certo spicco; nei documenti lo si trova indicato come matematico cesareo e commissario della Camera arciducale, cioè del governo gonzaghesco, ed in seguito vi divenne questore, carica corrispondente al più alto grado tecnico. In tale veste dovette conseguire ampi riconoscimenti, anche da parte della cittadinanza, dato che nel 1708, al momento della conquista di Mantova da parte degli Austriaci, la popolazione d'un quartiere della città lo scelse come suo delegato per giurare fedeltà al nuovo assetto politico. Negli scritti successivi del C. si fa sempre più marcata l'evoluzione da un interesse strettamente scientifico verso temi di più immediata rilevanza tecnico-amministrativa, senza che venga meno il tentativo di rigorosa impostazione matematica dei problemi. Dopo uno scritto minore, i Tria problemata geometris proposita,una cum ipsius ratiocinio in gravitatem omnigeni corporis ostendendam (Mantuae 1710), l'anzidetta evoluzione appare, nei pregi come nei precisi limiti, nel De re numaria quoad fieri potuit geometrice tractata (Mantuae 1711), l'opera del C. più considerata dalla critica, dedicata al preside ed ai questori della Camera mantovana.
Lo scopo immediato dell'operetta era relativamente delimitato, proponendosi il C. di fissare le condizioni tecniche e finanziarie ottimali per il funzionamento d'un sistema monetario plurimetallico presentante il minimo d'instabilità, con l'occhio palesemente rivolto alle caratteristiche amministrative d'un piccolo territorio come quello mantovano. Tuttavia l'impostazione analitico-deduttiva data alla trattazione, che procede per postulati, definizioni e scolii, esempio tipico del fenomeno tardosecentesco di matematizzazione anche esteriore di settori d'indagine prima estranei alla metodologia delle scienze esatte, esigeva di per sé il chiarimento di nozioni economiche fondamentali, travalicanti di molto l'ambito applicativo dell'indagine. Compaiono così, introdotti come nozioni primarie di cui si cerca d'esprimere in formule i rapporti funzionali, concetti talora corrispondenti, talora semplicemente preludenti a quelli moderni di valore reale e nominale delle monete, delle relazioni tra la quantità del circolante e le variazioni demografiche, ecc. L'intera materia è esposta in tre capitoli, che focalizzano sempre più il discorso sugli aspetti applicativi immediati.
Si è discusso tra gli interpreti se il De re numaria sia da considerarsi uno dei primi tentativi di economia matematica o se la impostazione deduttiva e l'adozione d'un simbolismo per le nozioni economiche non siano che il rivestimento, o la sintesi stenografica, di idee correnti nell'epoca o di quelle personali dello stesso Ceva. Ci si limita qui ad osservare che tale contrapposizione di valutazioni pare discendere dal tentativo antistorico di comparare in modo non mediato la metodologia ed i risultati dell'operetta con quelli della moderna scienza economica, mentre il suo valore sta nell'esser sintomo del manifestarsi a livello scientifico d'una problematica, e nel primo sbozzarsi d'un quadro concettuale nei cui termini essa potesse venire espressa. In tale senso lo scritto del C. con quelli quasi contemporanei di G. Montanari e W. Petty, e unitamente a fatti quali la nomina di Newton a sovrintendente della monetazione inglese, è indice dell'esigenza storicamente indifferibile di razionalizzazione della politica dell'emissione e della manovra monetaria. Naturalmente nel C. l'esigenza si manifesta nei termini della consapevolezza del tempo, ancora decisamente preilluministica nel restringere la trattazione ai soli indici monetari, senza guardare in profondità ai fatti sociali e politici di cui essi sono espressione e che ne determinano i dinamismi. Tale spessore degli eventi monetari è programmaticamente escluso dalla trattazione, e il C. vi allude solo sotto l'aspetto psicologico, laddove osserva che la trattazione quantitativa delle vicende monetarie è complicata dal fatto che esse sono determinate da comportamenti collettivi, che più che essere razionali seguono l'idea che della razionalità hanno i soggetti agenti. Egli persegue quindi lo scopo d'un incremento dell'efficienza amministrativa, senza che ciò incida sulle decisioni di politica economica spettanti all'autorità politica.
Gli accennati limiti del preilluminismo ceviano si possono anche ravvisare nella sua attività di commissario alle acque del Mantovano; dopo un ulteriore scritto teorico, in cui si manifesta la consonanza del suo pensiero con l'avanzante newtonismo, il De mundi fabrica,unico gravitatis principio innixa,deque fluminibus (Mantuae 1715), quella attività dette luogo ad un episodio polemico per il quale il C. fu largamente noto, la vertenza con Eustachio Manfredi, sostenitore dell'immissione del Reno nel Po grande, osteggiata dai Mantovani e per essi dal Ceva. La questione non era solo tecnica, ed anzi lo era forse solo esteriormente, perché l'iniziativa era sostenuta ed osteggiata in zone diverse anche in relazione agli effetti agricoli ed economici prevedibili; comunque la polemica tra i due scienziati contribuì a porre in chiaro i termini della questione ed influì sul suo esito, favorevole al Ceva.
La polemica iniziò quando questi pubblicò nel 1716 a Mantova un opuscolo sulle Conseguenze del Reno,se coll'aderire al progetto de' Signori Bolognesi,si permettesse in Po grande, cui il Manfredi rispose con le Ragioni del Signor G. C. ... e del Signor D. M. Battaglia ... contra l'introduzione del Reno nel Po grande (Bologna 1716); il C. ribatté con una Replica ... in difesa delle sue dimostrazioni,e ragioni,per le quali non debbasi introdurre Reno in Po (Mantova 1717), inducendo il Manfredi a stampare ulteriori Osservationi alla replica di G. C. (Roma 1717). L'ultima parola fu del C., con una Risposta alle osservazioni del Sig. Dott. E. M. contro la di lui replica in proposito dell'immissione di Reno in Po grande,pretesa da' Signori Bolognesi (Mantova 1721). Nel complesso, le argomentazioni del C. elaborarono un modello dei fenomeni idraulici in discussione, noto come teoria dei rigurgiti fluviali, che ebbe una notevole risonanza anche all'estero (Acta Eruditorum, 1720, p. 290).
L'ultima opera del C., che è anche la sua più complessa, è l'Opus hydrostaticum, edito a Mantova nel 1728 e utilizzante in parte gli scritti idraulici precedenti. Nel 1734, in seguito a contingenze belliche, il circondario di Mantova fu occupato da truppe franco-piemontesi, la cui presenza provocò un'epidemia, con migliaia di morti anche nella popolazione civile. Nel corso di essa - non sappiamo se per sua causa - morì anche il C., il 3 0 il 13 maggio 1734, a Mantova.
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