VILLIFRANCHI, Giovanni Cosimo
– Nacque a Volterra il 29 marzo 1646, da Virginio e da Caterina figlia di Giovan Andrea Lapi, medico condotto a Volterra. Fu battezzato durante il parto: i medici lo avevano creduto morto nel grembo della madre.
Di umili origini, fu catechizzato nella chiesa di S. Giovanni in Volterra. Ricevette un’accurata educazione: padroneggiò il latino, il greco, l’ebraico e il francese, componendo sin da giovane in queste lingue «con assai eleganza» (Maffei, 1881, p. 23). Studiò «lettere umane» nella città natale; a Siena imparò filosofia e medicina; infine a Pisa progredì negli studi filosofici grazie agli insegnamenti di Giovanni Andrea Albizzini, che introduceva gli allievi alla dottrina galileiana. Esito di questi insegnamenti fu l’opuscolo Philosophica asserta ex lucubrationibus praestantissimi viri Galilei deprompta publice discutienda (Pisa 1662). Laureatosi in philosophia et medicina l’8 marzo 1666, fu lettore straordinario di filosofia nell’Università pisana.
Conclusi gli studi, esercitò la medicina a Volterra, ma presto si stabilì a Firenze, «chiamato dal granduca Ferdinando per medico fiscale e per altri servigi della serenissima corte» (Manni, in Raccolta di opuscoli..., 1737, p. XV). Di «statura giusta, piuttosto complesso ed atticiato che magro, con faccia larga anzi che no, avvegnaché agile, mobile e vivo nell’atteggiamento [...] di carnagione ulivastra e di pel nero, di occhio non sol morato ma soprammodo fiero e vivace» (p. XXXII), seguì le orme del prozio Giovanni Villifranchi (v. la voce in questo Dizionario), poeta e drammaturgo, ai primi del secolo attivo alla corte fiorentina e segretario di Paolo Giordano Orsini, terzo duca di Bracciano.
Il giovane Villifranchi fu poeta serio e burlesco, commediografo e librettista. Membro dell’Arcadia con il nome di Monimo Straziano, fu affiliato anche alle Accademie dei Concordi di Ravenna, degli Accesi di Bologna, dei Capricciosi di Pisa e dei Sepolti di Volterra. A Firenze partecipò attivamente alla vita culturale e teatrale: accademico Abbozzato, Imperfetto e Arso (Manni, in Raccolta di opuscoli..., 1737, p. XIX; per l’Accademia degli Arsi compose il Discorso in lode dell’Arsura, ibid., pp. 175-212), allacciò amicizie durature con letterati e intellettuali, tra loro Giovanni Battista Ricciardi, Paolo Minucci e Francesco Redi. Lodato per il «grande e profondo ingegno» e il carattere «faceto [...] con pronte, brevi e spiritose risposte alla lingua» (pp. XXXI s.), collaborò con Minucci nel commento al Malmantile racquistato (1677) di Lorenzo Lippi (Firenze 1750, ibid., p. XXI), compose brevi racconti spiritosi (Firenze, Dotti, 1870), alcuni dei quali su bizzarri personaggi fiorentini cui alludeva il Malmantile (la sua settima novella era inserita nel lungo commento di Minucci su Pippo Bussi, cantare III, stanza 64, pp. 302 s., riproposto in Manni, 1816), discorsi accademici e numerosi componimenti poetici, rimasti perlopiù manoscritti (un elenco in Crescimbeni, 1721, pp. 337-339; esemplari in Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII, codd. 187, 188, 241, 363, 364). Tra questi ultimi ebbe particolare risonanza un panegirico in ottave dedicato a Giovanni III Sobieski, re di Polonia, liberatore di Vienna dall’assedio turco (1683); pubblicato nel 1685 dall’Accademia dei Concordi di Ravenna (Maffei, 1881, p. 36), il componimento ricevette l’elogio del sovrano polacco (Crescimbeni, 1721, p. 336; Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, pp. 137-174; diversi esemplari manoscritti in Firenze, Biblioteca nazionale e Biblioteca Marucelliana).
Esordì sulle scene fiorentine con alcune commedie in prosa: L’Armanda, o vero Le stravaganze del caso, recitata nel 1669 dagli accademici Imperfetti nel teatro di Borgo Tegolaio; Amore e politica, data nel Carnevale 1677 nel teatro di corso dei Tintori, fondato e gestito dall’Accademia degli Imperfetti, «coll’assistenza e direzione del medesimo autore» (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3471, cc. 311r-353r; altro esemplare, 3165, cc. 219r-318r; censiti, assieme agli altri mss. riccardiani, in Castelli, 1998); e, forse, La forza dell’adulazione, di cui però non rimane traccia (Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, p. XXVIII). Compose anche diversi prologhi (e finali) per musica dati in occasione della recita di commedie di Ricciardi, Mattias Maria Bartolommei Smeducci e Antonio Fineschi da Radda nei teatri accademici della città: Gli spazi immaginari, per la sua succitata Armanda (ed. in Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, pp. 41-54); prologo per la recita nel 1672 di una commedia di Ricciardi da parte degli accademici Imperfetti: Le cautele politiche (secondo Giuseppe Manni, pp. 1-17), ma più probabilmente la Rivalità generosa, data nel teatro di Borgo Tegolaio (Di Muro, 1999, pp. 162, n.n.); Lo spedale, per La Caduta d’Ulasta, o vero Dove forza non val giova l’ingegno di Bartolommei (molti gli esemplari manoscritti; Michelassi - Vuelta García, 2009); Le miniere dell’oro, prologo e finale per Il trionfo del savio in corte di Bartolommei, recitato nel 1676 nell’Accademia del Casino di S. Marco; un prologo per la commedia intitolata La civil villanella; e, infine, i preludi musicali per Amore non vuol vendetta e Amore difende l’innocenza di Fineschi da Radda, commedie date nel 1690 e nel 1691 dagli accademici Imperfetti (Vuelta García, 2005, p. 490). Manni pubblicò anche un «Prologo per la commedia intitolata La dama spirito folletto, recitata nel teatro de’ Rinvigoriti l’anno 1686», edito, in versione più estesa, nelle Rime piacevoli del drammaturgo Giovan Battista Fagiuoli (V, Lucca, 1733, pp. 254-263; Di Muro, 1999, p. 163 nota), e ne citò un altro, Amore sulla corda, «traslasciato per la sua brevità», osservando che «nella maggior parte di questi prologhi spicca a meraviglia quella sagacissima maniera di riprendere il vizio cotanto necessaria a migliorare il costume» (Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, p. XVII).
Dei librettisti fiorentini, Villifranchi è considerato il più produttivo e creativo nella seconda metà del Seicento, distinguendosi anche per lo stile semplice e naturale (Weaver, 2001). I suoi drammi furono cantati, in alternanza con quelli di Giovanni Andrea Moniglia, nel teatro della villa medicea di Pratolino tra il 1683 e il 1695, sotto il patrocinio del principe Ferdinando, che curava di persona molti aspetti degli spettacoli: Lo speziale di villa (1684), Il finto chimico (1686), La serva favorita (1689), Il Trespolo oste (1692), e infine L’ipocondriaco (1695). Villifranchi avrebbe composto anche Filippo Macedone, «dramma per musica fatto per recitarsi nel teatro di via della Pergola l’anno 1698» (Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, pp. XXVIII s.); a detta di Giovanni Cinelli Calvoli (Firenze, Biblioteca nazionale, La Toscana letterata), esso fu stampato ma non recitato, perché sostituito dal Greco in Troia di Matteo Noris: si tratta però di un probabile lapsus calami del bibliografo, perché l’opera di Noris fu data alla Pergola nel 1689 in occasione del matrimonio del principe Ferdinando. Non si conosce la musica di queste opere, né il nome dei compositori, tranne che per L’ipocondriaco (Giovanni Maria Pagliardi) e La serva favorita (Alessandro Scarlatti e Pagliardi; Fantappiè, in corso di stampa).
Il citato Trespolo oste derivava dall’omonima commedia in prosa di Ricciardi, che a sua volta si rifaceva all’Aulularia di Plauto. Ma già diversi anni prima Villifranchi aveva «con somma grazia» (Manni, in Raccolta di opuscoli, 1737, p. XXIX) «ridotto per drama» (sottinteso ‘in musica’) il fortunato Trespolo tutore, «commedia» del drammaturgo pisano: esempio eminente d’un genere, la commedia per musica, raramente coltivato nel Seicento.
Villifranchi ebbe con Ricciardi un forte e duraturo legame di amicizia (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, 882, c. 38v: G.C. Villifranchi, Sonetto in morte di G.B. Ricciardi). L’11 giugno 1679, nel dedicargli l’edizione letteraria del proprio Trespolo tutore per musica (sotto il titolo Amore è veleno e medicina degl’intelletti, Bologna 1679), il volterrano sottolineò di non aver aggiunto «concetto alcuno di mio, fuori che qualche cosa indifferente nella pazzia di Nino per dar qualche satisfazione al musico», nel duplice intento di «far vedere che la commedia» dell’amico «sarebbe ancor piaciuta in musica, e che sarebbero sempre belli e graziosi i drami fatti con tutte le leggi poetiche, e particolarmente osservata quella del decoro», e di «mostrare che una musica ben intesa non snerva ma rende più spiritosi quei sali, dei quali simil composizione deve esser ripiena». Nel contempo si lamentava dei cambiamenti non autorizzati inflitti al suo testo in alcune recite romane e napoletane: negli anni e mesi precedenti, infatti, il dramma per musica di Villifranchi era stato dato in forme diverse, con musica di Bernardo Pasquini (su una versione modificata) a Roma (1677) e a Napoli (1679), e di Alessandro Stradella (sul testo autentico) a Genova nel 1679.
Morì a Firenze il 12 marzo 1698, affetto da anasarca. Fu sepolto in S. Croce, nel sepolcro della famiglia Giorgini.
Nel 1689 aveva sposato Maria Maddalena, figlia di Benedetto Salvi di Figline, da cui aveva avuto vari figli, tutti morti in giovane età salvo Ferdinando (1693). A questi lasciò i suoi manoscritti.
Le opere di Villifranchi circolarono in Italia fino a metà Settecento. A Firenze e dintorni sono documentate a lungo riprese delle sue commedie in prosa nei teatri accademici e in case private: l’Armanda fu recitata il 30 maggio 1706 a Sesto nel teatro di Piero Giannetti e ancora nel 1746 in Borgo dei Greci; Amore e politica nel Carnevale 1700 dall’Accademia dei Rigettati nello stesso teatrino di corso dei Tintori dov’era stata recitata nel 1677 dagli accademici Imperfetti. I drammi per musica ebbero una lunga circolazione e furono più volte ristampati. A Firenze furono recitati nel teatro del Cocomero tra gli anni Venti e Quaranta del Settecento: Lo speziale di villa nel 1719 (già replicato nel 1704 a Fiesole, nella villa di Palmiero Palmieri) e ancora nel 1730 e nel 1731; nel 1720 Il finto chimico; nel 1726 e nel 1741 La serva favorita, con musica di Giovanni Chinzer. Essi dettero origine a rifacimenti musicali e, curiosamente, anche a riduzioni in prosa, come nel caso dello Speziale di villa, di cui si conserva manoscritto il «Cartoccio speziale. Commedia del sig.r dottor Villifranchi da lui composta in dramma e ridotta così in prosa si crede dal P.F. Simon Grassi carmelitano» (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3166, cc. 319r-388v).
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, IX, 74: G. Cinelli Calvoli, La Toscana letterata ovvero Storia degli scrittori fiorentini, II, c. 584.
G.M. Crescimbeni, Notizie istoriche degli arcadi morti, III, Roma 1721, pp. 334-339; Raccolta di opuscoli del dottore G.C. V., Firenze 1737 (in partic. G. Manni, Vita di G.C. V., pp. XI-XXXII); L. Lippi, Il Malmantile racquistato di Perlone Zipoli colle note di Puccio Lamoni e d’altri, Firenze 1750; D. Manni, Le veglie piacevoli ovvero Notizie de’ più bizzarri e giocondi uomini toscani, VI, Firenze 1816, pp. 102-113; L. Puliti, Cenni storici della vita del serenissimo Ferdinando dei Medici granprincipe di Toscana e della origine del pianoforte, Firenze 1874, p. 39 nota 16; R. Maffei, Tre volterrani: Enrico Ormanni, G.C. V., Mario Guarnacci, Pisa 1881, pp. 20-47; C. Gianturco, “Il Trespolo tutore” di Stradella e di Pasquini, in Venezia e il melodramma nel Settecento, a cura di M.T. Muraro, Firenze 1978, pp. 185-198; R.L. Weaver - N.W. Weaver, A chronology of music in the Florentine theater, 1590-1750, Detroit 1978; Acta graduum Academiae Pisanae, II, (1600-1699), a cura di G. Volpi, Pisa 1979, p. 533; M. de Angelis, Ferdinando de’ Medici: l’“Orfeo” dei principi, in Il giardino d’Europa. Pratolino come modello nella cultura europea (catal.), a cura di A. Vezzosi, Milano 1986, pp. 102-106; S. Castelli, Manoscritti teatrali della Biblioteca Riccardiana di Firenze, Firenze 1998; N. Di Muro, Il teatro di Giovan Battista Ricciardi (1623-1686). Il linguaggio comico del “Trespolo”, in Biblioteca teatrale, 1999, n. 49-51, pp. 145-193; R.L. Weaver, V., G.C., in Grove music online, 2001, https://doi.org/10.1093/gmo/ 9781561592630.article.29397 (25 giugno 2020); S. Vuelta García, I cultori del teatro spagnolo nelle accademie fiorentine del Seicento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), a cura di J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Rome 2005, pp. 473-500; N. Michelassi - S. Vuelta García, Francisco de Rojas Zorrilla nella Firenze del Seicento: due traduzioni di Mattias Maria Bartolommei (con un catalogo delle sue commedie), in Commedia e musica tra Spagna e Italia, a cura di M.G. Profeti, Firenze 2009, pp. 177 s.; F. Lora, Nel teatro del principe. I drammi per musica di Giacomo Antonio Perti per la Villa medicea di Pratolino, Bologna 2016, pp. 43, 71 s., 285 s.; A. Morelli, La virtù in corte: Bernardo Pasquini, Lucca 2016, pp. 45 s., 140-148; F. Fantappiè, Spettacoli in villa: organico e costi delle opere di Pratolino (1679-1696), in Il Saggiatore musicale, XXVIII, in corso di stampa.