DUPRÈ, Giovanni
Scultore, nato in Siena il 1° marzo 1817, morto a Firenze il 10 gennaio 1882. Recatosi a studiare a Firenze, si giovò dei consigli di L. Magi e di U. Cambi, ma subì più l'influenza di L. Bartolini. Dopo qualche saggio scolastico, appena venticinquenne, raccomandò già il suo nome alla posterità con la Morte di Abele, eseguita per l'imperatore di Russia (1842; l'originale in marmo a Leningrado; riproduzione in bronzo nella Galleria d'arte moderna di Firenze). L'anno appresso modellò il Caino, inferiore all'Abele, e nel 1844 la statua di Giotto per il portico degli Uffizî e un piccolo Dante per il granduca Leopoldo di Toscana.
Iniziò più tardi la serie numerosissima dei suoi monumenti, che va dalle tombe Ferrari Corbelli (1860) e Moltke, ambedue in S. Lorenzo di Firenze, a quelle Massotti nel Camposanto di Pisa (1863), Corridi per il cimitero delle Porte Sante in Firenze (1867), Pallavicini per la Certosa di Bologna (1870), Camerini per Piazzola sul Brenta (1872), Favaro in Rovezzano (1873), Carmignani nel Camposanto di Pisa (1879), per citare solo i principali. Della sua vastissima produzione ricordiamo ancora l'Innocenza (1846), eseguita per il granduca Niccolò di Russia, la Purità (1847), donata da Leopoldo II al principe di Metternich, Petrarca e Laura (1851) ordinatigli dal principe Demidov, la magnifica Saffo (Roma, Galleria nazionale di arte moderna, 1857), un progetto per un monumento al duca di Wellington in Londra (premiato ma non eseguito), l'Addolorata per la facciata di S. Croce (1860) e il bassorilievo della Esaltazione della Croce per la lunetta della porta centrale della stessa chiesa (1861), e una serie interminabile di ritratti (miss Roos, 1844; signora Rider, 1845; contessa Giacinta Gori-Palmilini, 1846; Giuseppina, sua prima figlia, 1848; vescovo Gabriel de Bauveau, 1851; m. lle De Garriod, marchese Filippo Gualterio, Manoel Pinto de Fonseca, barone Haynau, 1852; barone e baronessa de Hügel, Baldassarre Peruzzi, 1853; duca Leopoldo di Lorena, 1854; principessa Augusta e principe Arnolfo di Baviera, 1855; conte Carlo Guicciardini, 1863; marchese Cesare Alfieri di Sostegno, 1867; generale Rojas, 1873; la figlia Amalia, 1874; Niccolò Tommaseo, 1875; suo padre, 1878, ecc.).
V. tavv. XLIX e L.
Non tutte le opere raggiunsero un uguale grado di eccellenza. Il monumento a Cavour in Torino, di un'enfasi retorica e teatrale nel concetto, appare nella linea spezzato e sconvolto dalle cornici, dalle basi, dai capitelli; la statua di Pio IX nella cattedrale di Piacenza è tozza; il Caino melodrammatico e banale. Non ostante ciò, il D. eseguì opere di tanta purità, di tale vigoria e composte in una linea così nobile di bellezza, che va considerato come uno dei più eletti scultori del sec. XIX. Non ebbe spirito di ribelle e di novatore, ma una schiettezza che seppe esprimere con una virtuosità perspicua, un senso lirico che dà ad alcune sue statue una musicalità istintiva. Molto dovette al Canova. Fu scrittore forbito e lasciò un volume di preziosi ricordi autobiografici (1876-78). Non ebbe che pochi scolari (fra questi la figlia Amalia).
Bibl.: G. D. scultore, Milano 1917.