FASOLO, Giovanni
Nacque a Padova nel 1518 da Melchiorre di Giovanni Michele e da Margherita Aliprandi.
La famiglia, di origine chioggiotta (in una supplica ai Dieci Melchiorre e suo fratello Nicolò si dicono "nepoti del quondam misser Francesco Fasuol benemerito cancelier grando di questa illustrissima Signoria"), si era trasferita a Padova, con Giovanni Michele di Nicolò Fasolo, tra il settimo e l'ottavo decennio del sec. XV.
Avviato presto agli studi umanistici, il F. fu allievo di Benedetto Lampridio (che a Padova insegnò privatamente per circa un decennio, fino al marzo del 1536) e di Lazzaro Bonamico; ma il maestro che più ebbe caro fu il filosofo Marcantonio Passeri Genova, di cui seguì i corsi per almeno otto anni continuativi, dal 1535 al 1543. Non risulta, però, che si sia mai laureato.
Proprio nel 1543 diede la prima prova delle sue capacità, pubblicando a Venezia, presso ottaviano Scoto, la sua traduzione dal greco in latino del commento di Simplicio al De anima di Aristotele. Due anni dopo, nel 1545, i riformatori dello Studio di Padova gli affidarono una cattedra di greco col salario di 100 fiorini; il F. veniva così ad essere collega - sia pure in second'ordine- del Bonamico. Nel 1547 i riformatori gli aumentarono il salario a 120 fiorini, con l'obbligo di tenere anche una lezione latina: in questo modo la cattedra del F. diventava una vera e propria seconda cattedra di "unianità". L'incarico gli fti riconfermato nel 1551, con un nuovo aumento dello stipendio che salì a 170 fiorini, e durò fino al settembre del 1561.
Durante i sei anni successivi sulla cattedra dello Studio si alternarono il Sigonio e il Robortello. Alla morte di quest'ultimo, nel 1567, il F. fu richiamato, e gli fu finalmente affidata la prima cattedra di umanità greca e latina, con 300 fiorini di salario. Il suo esordio fu però quanto mai infelice: aveva appena iniziato la sua prolusione, alla presenza di Giovanni Mocenigo e Marco Grimani, podestà e capitano di Padova, del rettore degli artisti Alberto Cimerlino e di un affollatissimo uditorio, quando la voce e la memoria - probabilmente per l'emozione - gli vennero a mancare del tutto, ed egli fu costretto a scendere dalla cattedra senza aver portato a termine la sua orazione. Il giorno seguente cercò di giustificare il fallimento, allegando numerosi esempi di grandi oratori dell'antichità come Demostene, Teofrasto, Ortensio e Cicerone; ma ormai il suo prestigio presso gli studenti era incrinato. Nel 1570 i riformatori cercarono di sostituirlo con Marcantonio Mureto, ma quest'ultimo non accettò la condotta. Nel 1571 l'unianista rodigino Antonio Riccoboni fu chiamato ad affiancare il F., che morì alla fine di dicembre dello stesso anno (o, secondo il Tomasini, il 1º genn. 1572).
Dopo la traduzione di Simplicio del 1543 la produttività del F. sembra essersi arrestata. Sappiamo che mise le sue conoscenze di grecista al servizio di Francesco Barozzi, il quale gli diede da rivedere (come del resto a molti altri) la sua traduzione del Commento di Proclo Diadreo al primo libro degli Elementi di Euclide, pubblicata a Padova da G. Perchacino nel 1560; nel 1564 scrisse una prefazione ai De divi Thomae Aquinatis scriptis... libri duo, opera di Girolamo Vielmi, suffraganeo di Padova e lettore di Sacra Scrittura nello Studio. Ad un interesse del F. per la teologia farebbe pensare anche una notizia del 1566, secondo la quale egli "si trovava haver quasi tutta la sua libraria con l'annotationi di Erasmo". Pochi, infine, i corsi universitari del F. di cui ci sia stato tramandato l'argomento: lesse nel 1555-56 il De oratore di Cicerone e un dialogo di Platone; nel 1568-69 l'orazione Pro Rabirio perduellionis reo di Cicerone; nel 1569-70 le orazioni Pro Aulo Cluentio di Cicerone e Perì antidóseos di Isocrate; nel 1570-71 l'ultima Verrina di Cicerone e l'orazione Perì tēs parapresbéias di Demostene; nel 1571-72, infine, avrebbe dovuto leggere la Pro lege Manilia di Cicerone e il Panathenaikós di Isocrate.
Opere: Simplicii Commentarii in libros De anima Aristotelis, quos I. Faseolus ... ex Graecis Latinos fecit ... Accesserunt autem et tres eiusdem Faseoli epistolae..., Venetiis, apud 0. Scotum, 1543; una lettera a János Számboki in I. Sambuci... Oratio in obitum generosi ac magnifici adolescentis Georgii Bona Transylvani, domini in Landsheer et Laknpach etc., qui mortuus est VI. septemb. anni 1559…, Patavii, G. Perchacinus, 1560; l'epistola prefatoria a G. Vielmi, De divi Thomae Aquinatis scriptis ... libri duo, Patavii, ex officina L. Pasquatii, 1564; una lettera a Pier Vettori in Clarorum Italorum et Germanorum epistolae ad Petrum Victorium..., a cura di A. M. Bandini, I, Florentiae 1758, pp. 130-132; altre lettere segnala P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 284; II, p. 38.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Archivio civico antico, Prove di nobiltà, 113; Estimo 1518, 111, ff. 96r-97v, 109r; Padova, Archivio antico dell'Univ., ms. 651, ff. 174r, 177v, 181v, 187r, 193v, 199v, 207v, 211v, 217r, 220r, 226v, 231r, 238v, 254v, 258r, 260v, 264r; ms. 668, ff. 142v-143v, 203v, 210r, 211r; ms. 676, ff. 19v, 39v, 67v, 95r; Ibid., Bibl. del Museo civico, ms. B.P. 1363, XI: G. Lazara, Memorie certe di tutte le famiglie de' nobili e cittadini ammesse al Consiglio di Padova, p. 27; B. Scardeone, Historiae de urbis Patavii antiquitate et claris civibus Patavinis libri tres…, Lugduni Batavorum 1564, col. 282; P. Victorii Epistolarum libri X…, Florentiae, apud Iunctas, 1586, pp. 78 s. (una lettera del Vettori al F.); A. Riccoboni, De Gymnasio Patavino, Patavii, apud F. Bolzetam, 1598, ff. 29r, 30r, 52r-53r; I. P. Tomasini, Illustrium virorum elogia..., Patavii 1630, p. 136; Id., Gymnasium Patavimum, Utini 1654, pp. 341 s.; N. Comneno Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, p. 322; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, pp. LVII-LIX; Clarorum Italorum et Germanorum epistolae ad Petrum Victorium..., a cura di A. M. Bandius, III, Florentiae 1760, pp. 253-255 (una lettera di A. Turnèbe al F.); G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, I, Padova 1832, pp. 386 s.; S. F. G. Hoffmann, Lexicon bibliographicum..., III, Lipsiae 1836, p. 592; G. Marangoni, L. Bonamico e lo Studio padovano nella prima metà del Cinquecento, in Nuovo Arch. veneto, n.s., II (1901), pp. 137, 190 s.; B. Nardi, Saggi sull'aristotelismo padovano dal sec. XIV al XVI, Firenze 1958, pp. 343, 379, 394-399, 423, 452; C. Flores Sellés, A. Agustin, estudiante en Italia (1536-1541), in El cardenal Albornoz y el Colegio de España, a cura di E. Verdera y Tuelis, VI, Bologna 1979, pp. 320, 329, 334, 336, 345, 365, 370; F. Bandini, La letteratura pavana dopo il Ruzante tra manierismo e barocco, in Storia della cultura veneta, 4, Seicento, I, Vicenza 1983, pp. 342, 344; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia, 1520-1580, Torino 1987, pp. 315, 455; F. Piovan, Per la biografia di L. Bonamico. Ricerche sul periodo dell'insegnamento padovano (1530-1552), Trieste-Padova 1988, pp. 2-4.