FINATI (Finatti), Giovanni
Primo di quattro figli, nacque a Ferrara nel 1786 da Giovanni e Anna, di cui non si conosce il cognome, "non ricchi ma rispettabili", come scrive nelle sue Memorie. Suo padre aveva una piccola proprietà terriera, con abitazione, a Zello, sulle rive del Tartaro, ed un'altra casa a Trecenta.
Dopo essere stato educato da uno zio sacerdote, a 18 anni cercò di sottrarsi. con l'aiuto della famiglia, alla leva militare nell'esercito napoleonico, ma nel 1806 fu costretto ad indossare la divisa a Milano e in seguito nel Tirolo.
Le vicende delle guerre napoleoniche lo condussero prima, via mare, a Cattaro, e poi a Budoa, a 30 km a sud di Ragusa, da dove, con l'aiuto di alcuni mercanti albanesi, riusci a fuggire in Albania, allora sotto la dominazione turca.
Costretto a farsi musulmano, il F. prese il nome di Mohammed, ma, per aver insidiato la favorita del suo signore, una georgiana di nome Fatima, nel marzo del 1809 fu costretto a fuggire da Scutari, dove si era stabilito, su una nave che lo portò prima a Corfù e a Rodi e poi ad Alessandria d'Egitto. Arruolatosi come soldato semplice al servizio del pascià d'Egitto alle dipendenze di un ufficiale albanese, si congedò ben presto per recarsi al Cairo, dove entrò invece al servizio diretto del governatore Mohammed Ali, col grado di "belik-bash", corrispondente all'incirca a quello di caporale in un esercito europeo.
Dopo aver sposato, con rito musulmano, una ragazza indigena catturata nel corso di una strage compiuta ai danni dei Mamelucchi, durante la quale il F. rimase accidentalmente ferito, e dopo aver partecipato alla sfortunata spedizione contro i Wahhabiti, guidata dal figlio di Mohammed Ali, Tusùn pascià, tornò al Cairo per separarsi dalla moglie ed aggregarsi, nel 1814, ad un contingente di truppe albanesi che stava per partire alla volta di Gedda per prendere parte alle operazioni militari di Qunfidhah e di Turabah. In questa circostanza ebbe l'opportunità di visitare la Mecca, dove giunse al seguito di una carovana di beduini dopo una lunga serie di marce avventurose e dove ebbe anche l'opportunità di farsi ricevere da Mohammed Alì.
Rientrato nei ranghi delle truppe egiziane, fu testimone, successivamente alla sconfitta di Tusùn pascià a Turabah, della decisiva vittoria di Bessel (20 genn. 1815), che inferse un colpo decisivo al prestigio e alla potenza dei Wahhabiti.
Dopo un soggiorno di tre mesi a Turabah, la guarnigione alla quale apparteneva il F. venne trasferita prima alla Mecca e poi a Gedda, dove allora imperversava una violenta pestilenza. Tornato al Cairo stanco e malandato, si dimise dal servizio militare per concedersi un periodo di riposo e tranquillità, ma nel settembre del 1815 accolse di buon grado la proposta di un ricco gentiluomo inglese, Wj. Bankes, che si proponeva di compiere ricerche archeologiche nell'Alto Egitto, di porsi al suo servizio come interprete. La comitiva risalì il corso del Nilo, visitando poi, nel viaggio di ritorno, località di estremo interesse, come Abu Simbel, Korn Ombo, Tebe, ecc.
Seguì il Bankes anche l'anno successivo in un viaggio alla volta della Palestina e della Siria: dal Cairo, attraverso la zona costiera della penisola del Sinai, questa spedizione raggiunse prima El Arista e poi Ghaza e Giaffa, per dirigersi infine verso Gerusalemme, Gerash, Tiro, Sidone, Damasco, Palmira ed Antiochia.
Mentre il Bankes si imbarcava per Cipro, il F. entrava, per un breve periodo, al servizio del pascià di Aleppo, allora in guerra contro i Curdi, per tornare poi al Cairo, dove, dopo aver cercato di farsi assumere ancora come guida ed interprete da qualche spedizione, si arruolava nuovamente nell'esercito; ma, in seguito alla morte dell'ufficiale albanese dal quale dipendeva, passò ben presto al servizio del console inglese H. Salt. Da questo ricevette, nell'estate del 1817, l'incarico di recarsi nell'Alto Egitto per raggiungere l'inglese H.W. Beechey e l'italiano G.B. Belzoni, che dovevano recarsi ad Abu, Simbel per compiere scavi nella zona dei templi.
All'inizio del 1818 il F. lasciò l'Egitto alla volta prima di Acri e poi di Gerusalemme, dove accompagnò la moglie del Belzoni, Sarah, per raggiungere nuovamente il Bankes e dirigersi insieme con lui verso Petra (dove arrivarono dopo un viaggio reso difficile dall'ostilità delle popolazioni locali) attraverso le zone costiere del Mar Morto.
Tornati al Cairo, dopo un breve periodo di riposo, il F. ed il Bankes ripartivano alla volta dell'Alto Egitto, insieme con il Salt, il barone prussiano H. von Minutoli e il senese A. Ricci. Fermatisi ancora una volta a lungo a Tebe, dove incontrarono il Beechey e il Belzoni, che si aggregarono al gruppo, visitarono Tebe. Abu Simbel (dove arrivarono a scoprire fino ai piedi una delle quattro colossali statue di Ramsete II) e Wadi Halfa spingendosi poi fino a 150 miglia al di là della seconda cateratta del Nilo.
Alla fine del 1819 il Bankes decise di rientrare in Europa e affidò al F. l'incarico di curare il trasporto della base di un obelisco da Assuan. Il F. poi tornò a prestare servizio presso il Salt, ricevendo spesso l'incarico di fare da interprete e da guida agli europei che desideravano inoltrarsi lungo il corso del Nilo.
Nel 1821 accompagnò, insieme col Ricci e alcuni servi, H. von Linant oltre il corso del Nilo, discendendo da Wadi Halfa sino ad Atbara, Shendi ed il Sennaar, dove il F. pote osservare una fauna (elefanti, giraffe, scimmie, iene, ecc.) ed un paesaggio insoliti.
Rientrato al Cairo nel luglio del 1822, accettò l'invito del Bankes di tornare momentaneamente in Europa per rendere una testimonianza in suo favore in tribunale, fermandosi qualche tempo nel Galles, nella villa del suo ricco amico, e a Londra, dove dettò le sue memorie. Queste, raccolte in dodici piccoli quaderni, vennero poi tradotte in inglese dal Bankes e pubblicate in due volumi, nel 1830 a Londra col titolo Narrative of the life and adventures of G. Finati, native of Ferrara, who, under the assumed name o Mohamet, made the campaigns against the Wahabees for the recovery of Mecca and Medina., and since acted as interpreter to European travellers in some of the parts least visited of Asia and Africa (una traduzione italiana di questa edizione, curata da M. Visani, venne pubblicata a Milano nel 1941 dall'Istituto per gli studi di politica internazionale col titolo di Vita e avventure di G. Finati).
Se gli avvenimenti militari ai quali prese direttamente parte, o quelli con essi connessi, costituiscono la parte preponderante di questo resoconto e rappresentano una testimonianza storica di notevole importanza, non mancano anche, inframmezzati al resoconto delle vicende di cui fu protagonista, brevi, ma efficaci, descrizioni dei luoghi attraversati, delle città visitate e delle popolazioni con le quali entrò in contatto. Particolarmente interessante è la descrizione della Mecca coi circostanziati riferimenti ai pellegrinaggi ed alle cerimonie religiose che si svolgevano nella città sacra dei musulmani.
Tornò in Egitto nel 1824 per aprire un albergo per viaggiatori europei, occupazione nella quale risultava ancora impegnato nel 1829, data a partire dalla quale non ci è giunta alcuna altra notizia sul Finati.
Fonti e Bibl.: H.R. Hall, The life and corrispondence of Henry Salt, London 1834, passim; P. Amat di San Filippo, Biografia ... dei viaggiatori italiani, Roma 1875, p. 544; G. Lombroso, Descrittori italiani dell'Egitto e d'Alessandria, in Mem. della R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filol., III (1879), p. 511; L.A. Baldoni, Gli Italiani nella civiltà egiziana del sec. XIX, Alessandria d'Egitto 1906, I, pp. 239, 252; G. Ricchieri, Viaggiatori e descrittori italiani dell'Egitto dalla metà del XVI secolo in poi, in L'opera degli Italiani per la conoscenza dell'Egitto e per il suo risorgimento civile ed economico, a cura di R. Almagià, Roma 1926, pp. 142, 153; C. Cesari, I nostri precursori coloniali, Roma 1928, p. 18; R. Said-Ruete, Said Ben Sultan, Londra 1930, pp. 136, 139; M. Pigli, Ignote figure di avventurieri, in Rivista delle colonie italiane, V (1931), pp. 124-130; S. Bono, G. F., militare e archeologo..., in Levante, XIII (1966), 2, pp. 3-20; L.A. Christophe, Abu Simbel. L'epopea di una scoperta archeologica, Torino 1970, passim; G. Ferlini, Nell'interno dell'Africa, 1829-1835, a cura di W. Boldrini, Bologna 1981, p. 261.