(ebr. Yĕrūshālayim; arabo Ūrushalīm o el-Quds «la città santa») Città della Palestina centrale, proclamata da Israele propria capitale unita e indivisibile nel 1980, sebbene tale status non sia universalmente riconosciuto in sede internazionale. È situata nella parte più alta dell’altopiano della Giudea, a 750-800 m, in posizione favorevole per le comunicazioni, dove l’antica strada meridiana della Giudea si unisce con una via che risale dalle aree costiere, affiancata dalla ferrovia proveniente dalla conurbazione di Tel Aviv-Giaffa. Data l’ubicazione elevata e aperta, ha un clima rigido e piovoso d’inverno (oltre 450 mm di piogge invernali su un totale annuo di appena 650; la neve non è rara) e molto caldo d’estate. L’aridità del clima e la scarsità delle sorgenti hanno sempre creato problemi di approvvigionamento idrico, cui si faceva fronte un tempo mediante la costruzione di cisterne, mentre a partire dagli anni 1950 è stata realizzata una rete di adduzione collegata agli acquedotti e idonea al progressivo sviluppo urbano.
A G. hanno sede impianti industriali operanti soprattutto nei rami alimentare, tessile, farmaceutico, poligrafico, dell’arredamento e dei materiali da costruzione (questi ultimi sotto la spinta dell’intensa attività edilizia); G. è tuttavia una città eminentemente terziaria (circa l’80% della forza-lavoro è occupata nei servizi) ed è il maggiore centro politico-amministrativo e culturale di Israele.
Considerata ‘città santa’ da ebrei, cristiani e musulmani, G. è composta da una parte antica, a est, circondata da mura che racchiudono luoghi sacri cristiani, e da una più moderna, a ovest, comprendente i quartieri industriali e alcuni notevoli edifici pubblici. Nel secondo dopoguerra l’agglomerato si è esteso verso ovest e sud, con la costruzione di quartieri residenziali destinati soprattutto ad accogliere immigrati ebrei. Un ulteriore impulso all’urbanizzazione si è manifestato dopo la Guerra dei sei giorni (1967) con l’occupazione del settore giordano da parte di Israele e, a partire dagli ultimi anni del 20° sec., con la costruzione di nuovi insediamenti per coloni israeliani (tra i quali particolarmente significativo quello di Har Homa), la cui ubicazione è tale da rendere difficili le relazioni fra insediamenti arabi tra loro vicini.
Il nome di G. deriva dalla forma verbale yārāh («fondò») e dal nome della divinità semitica Shālēm. La città, abitata già agli inizi dell’epoca storica, è menzionata al principio del 2° millennio a.C. nei testi egiziani di esecrazione. Al tempo di David la città era in possesso dei Gebusei (ca. 1000 a.C.); fu conquistata da Ioab e David ne fece la capitale del Regno di Israele. Nel centro dell’acropoli di Sion Salomone fece edificare un grandioso tempio, distrutto nel 587 dai Babilonesi che saccheggiarono la città. Rientrati i Giudei in patria dopo l’editto di Ciro (538), costruirono il secondo tempio e Neemia rielevò le mura.
Nel 331 a.C. fu occupata da Alessandro Magno e passò poi sotto i Tolomei d’Egitto (sino al 198) e sotto i Seleucidi di Siria. Ma i tentativi di questi ultimi di ellenizzare la città provocarono la rivolta dei Maccabei e l’instaurazione della dinastia degli Asmonei, che durò sino a quando G., nel 63 a.C., fu conquistata da Pompeo: nel 37 a.C. i Romani consegnarono la città a Erode che la ricostruì, rifacendo per intero il tempio. Sotto il procuratore romano Ponzio Pilato, Gesù Cristo fu crocefisso sul Golgota. I fermenti religiosi e il malcontento per l’amministrazione romana provocarono due gravissime rivolte, quella del 66-70, al termine della quale Tito distrusse il tempio, e quella di Bar Kōkĕbā (132-35), scoppiata quando Adriano volle ricostruire G. come colonia romana. Repressa la rivolta e distrutta la città, G. fu riedificata e assunse il nome di Aelia Capitolina.
Conquistata nel 614 dai Persiani di Cosroe II, G. fu riconquistata da Eraclio nel 629. Nel 637 si arrese al califfo ‛Omar; passò poi sotto i califfi di Damasco e di Baghdad. Nel 972 fu occupata dai califfi fatimidi e nel 1010 il califfo al-Ḥākim fece distruggere il Santo Sepolcro. Passata nel 1076 ai Turchi selgiuchidi, nel 1098 tornò al califfo d’Egitto. Conquistata dai crociati nel 1099, fu capitale del Regno di G.; dopo la riconquista musulmana (1187) del Saladino, nel 1229 vi entrò Federico II; occupata nel 1239 dagli Egiziani, fu restituita temporaneamente ai cristiani nel 1243. L’anno successivo entrò a far parte dell’Egitto musulmano fino al 1517, quando fu occupata dal sultano turco Selīm I.
Il dominio ottomano ebbe termine nel 1917, con l’occupazione inglese della Palestina. Sede dell’amministrazione britannica durante il mandato della Società delle Nazioni (1922-48), G. registrò un rapido aumento della popolazione e una crescita dei conflitti fra gli immigrati ebrei, installati soprattutto nei nuovi quartieri occidentali, e la popolazione araba (musulmana e cristiana), prevalente nella città vecchia (fig. 1). In base al piano di spartizione della Palestina fra uno Stato arabo e uno ebraico, approvato (1947) dall’Assemblea generale dell’ONU, la zona di G. (comprendente anche Betlemme) doveva costituire un’enclave all’interno dello Stato arabo, sottoposta a regime internazionale sotto il controllo delle Nazioni Unite, in modo da salvaguardare i diritti di ebrei, cristiani e musulmani, la libertà di accesso e la protezione dei Luoghi Santi delle tre religioni. La guerra del 1948-49 (durante la quale il quartiere ebraico della città vecchia fu quasi totalmente distrutto) portò all’occupazione di G. da parte delle forze israeliane (settore occidentale) e giordane (la città vecchia con i principali Luoghi Santi) e alla sua conseguente divisione di fatto, sancita dall’armistizio tra Tel Aviv e Amman (1949). Malgrado la riaffermazione da parte dell’ONU (1948 e 1949) del principio dell’internazionalizzazione di G. e l’approvazione del relativo Statuto (1950), Israele e Giordania procedettero all’annessione delle rispettive zone di occupazione e nel 1950 Israele proclamò G. propria capitale (il settore giordano fu annesso formalmente da Amman, con il resto della Cisgiordania).
Dopo la guerra del giugno 1967, che estese il controllo di Tel Aviv all’intera Cisgiordania, G. fu riunificata sotto la sovranità israeliana e nel 1980 l’annessione fu solennemente sancita da una ‘legge fondamentale’ che proclamò G. capitale ‘unita e indivisibile’ dello Stato di Israele; censurando tale legge, nel 1980, il Consiglio di sicurezza dell’ONU invitò gli Stati a stabilire a Tel Aviv le rappresentanze diplomatiche in Israele. Malgrado le ripetute condanne da parte sia dell’Assemblea generale sia del Consiglio di sicurezza dell’ONU, l’opera di integrazione fra le due parti di G. e di quest’ultima nel territorio nazionale è proseguita, negli anni successivi, anche attraverso l’intervento sulle caratteristiche fisiche e demografiche della città (estensione dell’area municipale, trasformazioni urbanistiche, insediamenti ebraici ecc.); l’espansione degli insediamenti israeliani nella città e attorno a essa ha determinato una crescita imponente della popolazione israeliana a G. Est, che è giunta quasi a eguagliare la popolazione palestinese nella zona e che dal 2002 è stata praticamente isolata dalla Cisgiordania dalla costruzione di una barriera difensiva di sicurezza (fig. 2), mirata a ostacolare i violenti attentati terroristici palestinesi sferrati contro la popolazione civile di G. e di altre città israeliane. Poiché lo Stato di Palestina non rinuncia a considerare la città come sua capitale, la questione di G. continua a rappresentare un tema di particolare difficoltà nei tentativi di pace.
A causa delle ripetute distruzioni e ricostruzioni, i resti artistici e archeologici del periodo più antico della storia di G. non sono numerosi. L’abitato ebbe inizio sulla collina orientale. Resti ceramici attestano la prima occupazione durante il periodo Calcolitico (seconda metà 4° millennio a.C.) e il Bronzo Antico (3100 a.C.). Altro materiale (ceramica, tombe, corredi funebri, strutture murarie) attesta le fasi urbane e le attività commerciali nelle epoche seguenti. Il massimo sviluppo della città è stato riferito all’8°-6° sec. a.C., periodo a cui risale anche la realizzazione di un sistema idrico (circa 400 m di lunghezza) che permetteva alle acque della sorgente di Gīḥon di giungere all’interno della città.
Non è ancora chiarita l’estensione della città ricostruita dopo l’esilio babilonese (6° sec. a.C.), come pure l’abitato di epoca ellenistico-maccabea o asmonea del 2°-1° sec. a.C. È noto invece l’attivismo edilizio del re Erode, contemporaneo di Augusto, che fece raggiungere a G. il massimo sviluppo monumentale: ricostruì il Tempio, distrutto da Pompeo, e la vicina fortezza, di cui rimangono alcuni resti; si fece inoltre edificare un palazzo protetto da alte torri. L’assedio e la distruzione della città (68-70) per opera di Tito comportò la rovina anche del Tempio (restano i grandi muri di sostegno della spianata e gli ingressi meridionali del Tempio). Aelia Capitolina, la città romana ricostruita da Adriano nel 130-36, sul sito della G. distrutta da Tito, era assai più piccola della precedente e soltanto le aree settentrionali sembrano aver avuto un qualche sviluppo. Venne adottato l’usuale impianto romano incentrato su cardine e decumano, che intersecandosi dividevano la città in quartieri, con un tetrapilo a segnare il punto di incrocio nei cui pressi, immediatamente a S dall’odierna chiesa del Santo Sepolcro, sorgeva il foro. Aelia Capitolina non dovette avere una cinta muraria prima dell’abbandono della città, nel 3° sec., da parte della Decima legione; all’estremità settentrionale sorgeva la porta di Neapolis, i cui resti sono venuti alla luce al di sotto dell’odierna porta di Damasco. Il decumano partiva dalla porta occidentale, nell’area dell’odierna porta di Giaffa, per giungere nella valle del Tyropeion, al di sotto della spianata del Tempio. Una strada che lo intersecava immediatamente a N della spianata conduceva alla porta orientale, detta di Gerico o di Beniamino. L’influenza di questa pianta è tuttora visibile nella disposizione della città vecchia.
La città vecchia, nucleo abitato di G. fino al 19° sec., è cinta dalle mura di Solimano (1536), con porte forse corrispondenti a quelle antiche: a N, quelle di Erode, di Damasco e Nuova; a O, di Giaffa; a E, di S. Stefano o dei Leoni e Porta Aurea; a S, di Sion e Dung.
Sul colle di Moria, luogo legato al sacrificio di Isacco, dove erano stati costruiti il tempio salomonico, il secondo tempio e il tempio di Erode, al-Ḥaram ash-Sharīf («il nobile santuario»), si eleva la Cupola della roccia (Qubbat aṣ-Ṣakhra), uno dei più importanti monumenti dell’arte islamica, costruita da artisti bizantini per il califfo omayyade ‛Abd al-Mālik (691 circa; rivestimento esterno del 16° sec.; restauri 20° sec.). Al califfato di al-Walīd (705-715) risale la moschea di al-Aqṣā («la più lontana», ricostruita 1033, poi residenza dei templari).
Le strutture sotterranee a volta del lato sud dell’Ḥaram, note come Stalle di Salomone, e numerose cisterne, testimoniano le opere connesse con la ricostruzione del tempio erodiano, insieme al muro occidentale di sostegno della spianata del tempio (Muro del pianto).
A nord del Ḥaram, presso la porta di S. Stefano, è S. Anna, del periodo crociato; dal cosiddetto arco dell’Ecce Homo (arco trionfale sul cardo maximus della città adrianea, costruito sulla Fortezza Antonia erodiana), si snoda la Via dolorosa, fiancheggiata da chiese, monasteri, istituzioni cristiane, verso la chiesa del Santo Sepolcro. Questa è rimasta, nelle linee essenziali, quale fu ricostruita dai crociati riunendo i tre preesistenti monumenti costantiniani (basilica, sulla cripta dell’Invenzione della Croce; chiostro del Calvario; rotonda dell’Anastasis), e conserva nella facciata il carattere del 12° secolo. Presso la porta di Giaffa è la Cittadella ottomana, con la Torre di David, importante nodo nel sistema di fortificazioni asmodee ed erodiane. La cattedrale di S. Giacomo mantiene l’impianto dell’11° secolo.
Fuori le mura si conservano tombe rupestri (la cosiddetta tomba della figlia del faraone, del periodo del primo tempio; quella di Assalonne, di stile ionico; di Zaccaria ecc.) e opere di canalizzazione sotterranea (acquedotto di Ezechia). Sul monte degli Ulivi sono le fondazioni della basilica dell’Eleona, eretta da s. Elena e ripetutamente distrutta; tracce del tempio dell’Ascensione (376), della basilica teodosiana del Getsemani e della Tomba della Vergine (5° e 12° sec.). Sul monte Sion è il Cenacolo, costruito dai francescani di Cipro nel 14° sec. (poi trasformato in moschea); nello stesso edificio è la tomba di David; nei pressi è il memoriale delle vittime dell’olocausto (Yad Vashem, 1959-64, arch. A. Sharon).
Nella città nuova, tra i notevoli esempi di architettura contemporanea: ospedale Hadassah (1934-39, E. Mendelsohn), ampliato nel 1979 da Y. Rechter con gli edifici della vecchia università; nuova università (A. Mansfeld, Y. Rechter, A. Sharon, R. Karmi); Parlamento (Knesset, 1966, con opere di M. Chagall, D. Karavan); l’Hebrew Union College (1984, M. Safdie) ecc.
Il Museo archeologico della Palestina, fondato nel 1927, grazie a una donazione di J.D. Rockefeller, ampliato nel 1979 (arch. M. Safdie), è legato al Museo d’Israele, il cui grande complesso (1965, prog. A. Mansfeld e D. Gad; ampliamenti 1990) comprende il ‘Santuario del Libro’ con i manoscritti del Mar Morto (arch. F. Kiesler, A. Bartos), le collezioni dell’ex-Museo Bezalel, il Museo S. Bronfman, il giardino d’arte Billy Rose (arch. I. Noguchi).
Si ricordano inoltre il Museo Storico dell’Olocausto, l’Istituto L. A. Mayer e il Museo d’Arte Islamica, il Museo Edward e Helen Mardigan per la cultura armena, il Museo U. Nahon, il Museo Archeologico Wohl, il Museo Storico di Gerusalemme.
Nell’assetto della gerarchia ecclesiastica G. non ebbe inizialmente un posto preminente quale poteva competerle per essere stata luogo di nascita del cristianesimo. Solo con il Concilio di Calcedonia (451) fu resa autonoma da Antiochia e si configurò in patriarcato, con giurisdizione sulla Palestina e la riva orientale del Giordano. L’indipendenza tuttavia spesso rimase puramente nominale e G. gravitò di fatto verso Costantinopoli, accettandone lo scisma del 1054 e staccandosi da Roma. Un’interruzione nella vita del patriarcato greco si ebbe all’epoca delle crociate, quando fu istituito il patriarcato latino di G., che estese la sua giurisdizione alle provincie ecclesiastiche dipendenti da Tiro, Cesarea, Nazaret e Petra, a loro volta latinizzate. Il patriarcato greco riprese nel 1142, ma con vita difficile, a causa delle vessazioni degli arabi e la continua ingerenza dei patriarchi di Costantinopoli. Il patriarcato ortodosso di G. conta oggi circa 100.000 fedeli.
I cattolici di rito greco-bizantino sono sottoposti al patriarca melchita di Antiochia, che dal 1838 porta il titolo di patriarca di G. ed è qui rappresentato da un vicario.
Il patriarcato latino di G., dopo la conquista della Terrasanta da parte del Saladino, ebbe sede a San Giovanni d’Acri fino al 1291; caduta la città, il patriarca si rifugiò a Cipro e dal 14° sec. divenne puramente titolare. Ristabilito da Pio IX nel 1847, il patriarcato latino di G. dipende dalla Congregazione per le Chiese orientali ed estende la sua giurisdizione a Israele, Giordania e Cipro.
G. è, dal 1311, sede anche di un patriarca armeno-gregoriano. Vi hanno pure autorità un vescovo copto-monofisita, un metropolita nestoriano e dal 1841 un vescovo anglicano.
Fu costituito nel corso della prima crociata da un gruppo di principi franchi. Goffredo di Buglione nel 1099 assunse il titolo di ‘difensore del Santo Sepolcro’, mentre l’anno dopo il fratello Baldovino assunse quello di re. Sotto Baldovino II (1118-31), Folco d’Angiò (1131-44) e Baldovino III (1144-62), il Regno si estese su tutta la Palestina ed ebbe l’alta sovranità sugli altri Stati cristiani della Siria. Con la morte di Baldovino IV (1185) cominciò il disgregamento sotto l’assalto dei musulmani. G. cadde in mano al Saladino nel 1187 e ai cristiani rimasero solo San Giovanni d’Acri e Tiro. Il titolo di re di G. si mantenne anche in seguito e fu portato da Federico II di Svevia e discendenti; nel 1268 passò a Ugo III di Lusignano re di Cipro e quindi alla casa di Savoia, che lo mantenne sino alla proclamazione del Regno d’Italia (marzo 1861).