CAPONSACCHI (de Capoinsacchis, de Canposacchis, Capoinsacco, Campisacco), Giovanni Francesco (Gianfrancesco)
Appartenente a un'illustre famiglia di origine toscana che già da lunghissimo tempo si era stabilita a Rimini, nacque probabilmente un po' prima del 1450 in questa cittadina romagnola e dopo un periodo di studi, durante il quale frequentò anche l'università di Bologna, si addottorò in utroque iure. Nel febbraio del 1473 compare come uno dei principali membri del Consiglio generale del Comune di Rimini, qualificato non solo come "doctor utriusque iuris" ma anche come cavaliere e conte palatino, dignità queste ultime che l'imperatore Federico III aveva conferito forse già al suo genitore. Sempre nel 1473 iniziò a insegnare diritto canonico nell'università di Pisa con uno stipendio il cui modesto ammontare (100 fiorini) deve venir messo in relazione con la giovane età del professore. A Pisa, nonostante la concorrenza di Alberto Belli, ottenne un notevole successo e si fece particolarmente apprezzare per la sua eloquenza, tanto che il 30 apr. 1474 il vicerettore dell'università, facendosi interprete del desiderio degli studenti, chiese che venisse nominato professore ordinario e confermato nell'insegnamento per almeno due o tre anni con un congruo aumento della retribuzione. La risposta a tale richiesta dovette però essere negativa, visto che il nome del C. compare nei rotuli dei lettori dello Studio pisano unicamente nel 1473-74.
Nel giugno del 1475 troviamo il C. nella sua città natale dove assistette alle nozze tra Roberto Malatesta e Isabella da Montefeltro. La circostanza che gli venne affidato l'incarico di accompagnare durante i festeggiamenti gli ambasciatori della Repubblica di Venezia è un sicuro indice della considerazione di cui egli godeva. Dopo questo episodio mondano non si hanno più sue notizie fino al settembre del 1478, quando venne nominato professore di diritto canonico nell'università di Ferrara ove ritrovò come concorrente Alberto Belli. Anche a Ferrara l'insegnamento del C. durò un solo anno, e non si hanno prove che la sua attività didattica sia continuata anche dopo l'anno 1479. Non gli sarebbe del resto stato molto facile conciliare tale attività con gli altri numerosi impegni della carriera di funzionario e di diplomatico da lui intrapresa negli anni seguenti. Nel 1481 e nel 1487 il C. svolse infatti a Ferrara le funzioni di vicario dei podestà Nicolò Bonzagni e Cristoforo Bianchi e, nell'aprile 1484, venne confermato lui stesso podestà da Lorenzo il Magnifico.
Il signore di Rimini Pandolfo IV Malatesta, di cui doveva già da tempo godere il favore, negli ultimi mesi del 1492 lo inviò a Roma per prestare obbedienza al neoeletto pontefice Alessandro VI. Nel gennaio del 1495 il C. svolse poi una delicata missione diplomatica presso il re di Francia, per giustificare la linea di condotta del suo signore, e dall'aprile del 1496 in avanti lo troviamo stabilmente a Venezia in qualità di oratore del Malatesta. Nell'autunno del 1498 venne richiamato in patria perché sospettato di aver preso parte a una congiura contro Pandolfo, ma tale accusa dovette rivelarsi ben presto del tutto inconsistente perché già nel novembre di quello stesso anno il C. veniva esplicitamente discolpato e confermato nel suo incarico di oratore a Venezia. Ritornò a Rimini per un brevissimo periodo durante il carnevale del 1499 e successivamente nel luglio dello stesso anno per consegnare gli stipendi dovuti al Malatesta che era stato assunto come condottiero dalla Repubblica. Di nuovo a Venezia nei primi giorni dell'agosto 1499, ne ripartì il 30 dello stesso mese per andare incontro al suo signore che era in procinto di lasciare Rimini con l'esercito, e che gli affidò una parte delle truppe, con le quali il C. giunse a Chioggia in settembre. Nel giugno del 1500, quando ormai aveva ripreso le sue normali funzioni di oratore a Venezia, venne nuovamente accusato di tradimento dal sospettoso Pandolfo IV, il quale ne chiese addirittura l'arresto alle autorità della Repubblica. Anche questa volta però le accuse si dimostrarono prive di fondamento, tanto che nell'ottobre del 1500 lo troviamo a Rimini come consigliere del Malatesta e testimone dell'atto con cui venne ceduta la città a Cesare Borgia.
Anche nei difficili anni successivi il C. restò fedele a Pandolfo IV il quale, quando nel 1503 riuscì a riconquistare Rimini, lo inviò come oratore a Roma; in tale occasione non mancò di adoperarsi a favore del suo signore, al quale raccomandò pure di fare tutto il possibile per cattivarsi le simpatie dei sudditi; tali prudenti consigli rimasero tuttavia inascoltati e nel dicembre di quello stesso anno il Malatesta dovette vendere Rimini ai Veneziani. L'ultima notizia del C. risale al marzo del 1504, quando fu nuovamente a Roma come oratore di Pandolfo IV in compagnia del duca di Urbino. Fu questa, probabilmente, la sua ultima missione diplomatica, in quanto morì non molto tempo dopo, e comunque prima dell'agosto 1505. La moglie, Caterina Pierleoni, gli sopravvisse.
Un lungo consiglio del C. con sottoscrizione autografa e sigillo si conserva manoscritto nella Biblioteca Classense di Ravenna (ms. 485, vol. IX, pp. 443-474); tale consiglio si occupa di problemi procedurali e di competenza fra la giurisdizione laica e quella ecclesiastica e porta anche le firme di Vincenzo Paleotti e di Giovanni Sala, i quali erano entrambi professori nell'università di Bologna.
Fonti e Bibl.: Rimini, Bibl. civica Gambalunga, ms. 129: M. Zanotti, Collez. di atti e docum. ad illustrare la storia di Rimino, III, parte 1, p. 13; Ibid., ms. 190: Selva geneol. dalla quale si sono estratti gli alberi delle famiglie nobili riminesi, I, p. 30; II, pp. 136, 197; III, p. 397; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-81, I, coll. 120, 558, 753; II, coll. 20, 28, 88, 231, 369, 472, 1108, 1129, 1173, 1379; III, coll.375, 400; V, col. 957; B. Zambotti, Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, p. 55; M. Del Piazzo, Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74,1477-92, Firenze 1956, pp. 287 s.; C. Clementini, Raccolto istor. della fondatione di Rimino e dell'origine e vite de' Malatesti, II, Rimini 1627, pp. 524, 507, 585, 596; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrara 1735, p. 74; S. Fabruzio, Collectio praecipuorum monutorum, in Raccolta d'opusculi scientifici e filologici, XXXIV, Venezia 1746, p. 225; F. G. Battaglini, Mem. istor. di Rimino e de suoi signori..., a cura di G.A. Zanetti, Bologna 1789, p. 284; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, Pisa 1791, pp. 132, 136 s., 379; C. Tonini, Storia civile e sacra riminese, Rimini 1882-87, V, pp. 357, 419, 556; appendice, p. 331; VI, 1, p. 23; G. Pardi, Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Ferrara 1903, p. 190; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto ital., a cura di P. Del Giudice, Milano 1925, II, p. 881; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, IV, pp. 249 s.