GABRIELLI, Giovanni
Nacque agli inizi del sec. XIV da Cantuccio di Bino, discendente dai Gabrielli del ramo di Frontone, castello del contado eugubino, loro roccaforte. Originaria del Montefeltro, la famiglia Gabrielli apparteneva a quella piccola nobiltà "itinerante" distintasi nella pratica podestarile in molte città dell'Italia centrale.
Ignote sono le vicende relative al G. nei primi anni di vita: sposatosi con la figlia di Ugolino degli Ubaldini della Carda ebbe almeno due figli maschi, Ugolino e Gabriele. La fama del G. è tutta legata a quei pochi anni in cui, tra il 1350 e il 1354, diventò signore di Gubbio.
Stando alla Cronaca di Guerriero da Gubbio, già in precedenza il G. si era posto in aperto contrasto con i propri collaterali guelfi per una questione di prebende ecclesiastiche perorando la candidatura del monaco avellanita Ceccolo di Cantuccio Gabrielli all'abbaziato di S. Andrea dell'Isola presso Costacciaro, contro Gabriele di Necciolo (il futuro vescovo di Gubbio) sostenuto invece da Giacomo di Cante Gabrielli, all'epoca governatore pontificio. L'iniziativa del G. si inserisce però in una prospettiva più ampia, caratterizzata dall'instabilità politica determinata dai crescenti successi dell'arcivescovo di Milano, Giovanni Visconti. Dopo aver posto le premesse per una sua incisiva presenza nei territori emiliani culminata con l'acquisto di Bologna nell'ottobre 1350, il Visconti, secondo la narrazione di Matteo Villani (p. 151), "si collegò con tutti i Ghibellini d'Italia" per contrastare in primo luogo la città di Firenze, il principale e più importante riferimento dello schieramento guelfo.
Ai primi di agosto del 1350, il G. confidando nel sostegno del Visconti si impadronì della città. Catturò gli avversari, in primo luogo gli esponenti dei Gabrielli del ramo di Cantiano, e, grazie anche alle truppe al soldo del suocero Ugolino, impose una ratifica formale del proprio dominio da parte degli stessi magistrati cittadini, i quali, non volendo dapprima accondiscendere, vi furono poi costretti con la forza e lo nominarono ufficialmente conservatore.
Questa iniziativa minacciava direttamente Perugia che esercitava da tempo sulla città di Gubbio una sorta di controllo militare con la presenza stabile di truppe al suo comando, e dove avevano trovato rifugio gran parte dei fuorusciti. Stando alla testimonianza del Villani (p. 160), Gubbio fu ben presto circondata dai Perugini e il G. propose allora di intraprendere trattative di pace con il nemico. Levato l'assedio, la città di Perugia inviò ambasciatori presso il G. il quale "cominciolli prima a convitare e tenerli in desinari e in cene", senza giungere a un vero accordo.
Il G. - nel tentativo di dare più forza a un dominio piuttosto debole e così apertamente contrastato - nell'inverno del 1351 chiese direttamente protezione al Visconti che, nella primavera successiva, inviò 800 "barbute" al comando di Rinaldo Dal Verme. L'attività del nuovo conservatore, il pericolo di sconfinamenti, poi effettivamente verificatisi con il sacco di castelli di confine (come Montelabate, Castiglione Fidatti e La Fratta [ora Umbertide]), e l'eventualità di una congiura interna fomentata da Gubbio costrinsero Perugia a intervenire in modo più incisivo contro il Gabrielli. Accusato formalmente di aver voluto introdurre, con la complicità di alcuni nobili locali, una "duram thirannidem et servitutem" (Arch. di Stato di Perugia, Capitano del Popolo di Perugia, anno 1351, c. 16r), il G. si vide confiscare ogni bene posseduto nel territorio del Comune, mentre Cecchino e Lodovico Vincioli, suoi alleati appartenenti a una delle più note famiglie perugine, furono pubblicamente decapitati in piazza insieme con l'abate di S. Pietro di Gubbio, Bevegnate Tilli Vincioli, anch'egli accusato di aver fatto parte del complotto.
Il conflitto tra Perugia e il G. fu risolto solo l'anno successivo con il progressivo indebolirsi della strategia ghibellina approntata dal Visconti, impossibilitato a piegare l'opposizione dei Fiorentini. Il G., infatti, "avendo veduto come le cose non succiedono prospere alle imprese fatte per lo tiranno di Melano" (M. Villani, p. 360) stipulò con i Perugini un patto, ratificato il 20 ag. 1352, con cui rinunciava al titolo di conservatore in favore di un podestà nominato da Perugia, si impegnava a lasciare il palazzo pubblico, fino ad allora sua residenza ufficiale, al nuovo gonfaloniere e accettava un ufficiale di parte guelfa per la custodia della città. In pari tempo, la guardia delle porte doveva essere affidata a soldati scelti dal gonfaloniere ma anche dallo stesso G., mentre veniva confermato il bando per i fuorusciti eugubini, primo fra tutti Giacomo di Cante Gabrielli; una sottomissione patteggiata, dunque, e non una vera e propria disfatta. Nel marzo del 1353 in occasione della stipula del trattato di Sarzana, che poneva fine alle ostilità del Visconti contro Firenze, il G. compare in veste di sottoscrittore come governatore della città di Gubbio: la sua signoria era quindi proseguita sotto altra forma fino a quel momento.
La situazione non poteva comunque rimanere a lungo inalterata, anche perché fondata su un equilibrio molto precario. L'allontanamento delle truppe milanesi dal territorio umbro e la presenza stabile di Egidio Albornoz, nuovo vicario pontificio dal giugno 1353, portarono infatti, in poco tempo, a un completo ribaltamento. Sul finire dell'anno l'Albornoz, dopo aver ricevuto l'omaggio dello stesso Visconti, si acquartierò a Montefiascone e da lì intraprese il processo di recupero dei territori della Chiesa caduti via via in mano ai diversi signori. Presso il cardinal legato si recò anche Giacomo Gabrielli che chiese un diretto intervento contro il G.; l'Albornoz, stando alla Cronaca di ser Guerriero rispose che era intenzionato a procedere "iuridice" (p. 11) contro il signore di Gubbio il quale, nel giugno del 1354, fu scomunicato con l'accusa di aver usurpato e governato senza la legittima ricognizione beni appartenenti alla Chiesa. Convocato alla presenza del cardinale, di stanza a Orvieto, il G. fu costretto a una pubblica sottomissione; poco dopo le truppe pontificie entravano in Gubbio (8 luglio) obbligandolo ad allontanarsi definitivamente dalla città dove si insediò un rettore scelto dal legato pontificio. Pochi giorni dopo (15 agosto) in qualità di rappresentante del popolo eugubino fu inviato ser Francesco di ser Marco di Paoluccio del quartiere di S. Pietro, con l'incarico di sottomettersi pleno iure all'Albornoz e di richiedere l'annullamento dell'interdetto ancora vigente per i ribelli e i partigiani del Gabrielli. Da parte sua il cardinale, il 20 settembre, accoglieva le richieste degli Eugubini, ne accettava il pentimento e perdonava anche i sostenitori del G. che "civitatem predictam in anime sue periculum et Romane Ecclesie preiudicium et gravamen tyranice ocupavit" (Mazzatinti, p. 482).
Allontanatosi da Gubbio, il G., stando alla Cronaca di ser Guerriero, fu imprigionato l'anno successivo a Montefalco dove ritrovò in cella Giacomo Gabrielli, suo vecchio nemico e il figlio di questo, Cante, che non avevano accolto le profferte di passare al servizio del cardinale legato e si erano rifiutati di concedere Cantiano all'Albornoz. Ottenuta la cessione del castello, il vicario pontificio ratificò alla fine la liberazione di tutti i Gabrielli, compreso il G. al quale fu rimessa anche la scomunica.
A partire da questa data le notizie sul suo conto sono molto scarse. Nel 1357 risultava, insieme con il figlio Ugolino, tra i fuorusciti nascosti nelle montagne intorno a Cagli per averne assalito il castello e ucciso il podestà. Si ritiene comunque che sia morto prima del 1376, anno in cui Cante Gabrielli e Francesco di Necciolo, esponenti del ramo di Cantiano, recatisi a Frontone, feudo del G., per riappacificarsi con l'opposta consorteria, si incontrarono solo con i figli del G., Ugolino e Gabriele (quest'ultimo morirà poco dopo nel 1379).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Perugia, Sez. di Gubbio, Armanni, I, B, 22; Armanni, II, B, 8, cc. 40r-44v; Arch. di Stato di Perugia, Comune di Perugia, Consigli e Riformanze, 23, cc. 49r, 85v, 92rv; Capitano del Popolo, anno 1351, c. 16v; Guerriero da Gubbio, Cronaca, a cura di G. Mazzatinti, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXI, 4, pp. 7-11; G. Franceschini, Docum. e regesti per servire alla storia dello Stato d'Urbino e dei conti di Montefeltro, I, Urbino 1982, p. 284; M. Villani, Cronica, a cura di G. Porta, I, Parma 1995, pp. 157-161, 269, 273 s., 360, 489; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, Venetia 1664, I, pp. 901-907, 927-929; G. Mazzatinti, Appendice alla Cronaca di ser Guerriero dei Campioni da Gubbio, in Arch. storico per le Marche e per l'Umbria, III (1886), pp. 199-202; Id., Il cardinale Albornoz nell'Umbria e nelle Marche, ibid., IV (1889), pp. 467-493; P. Cenci, Le relazioni fra Gubbio e Perugia nel periodo comunale, in Boll. della R. Deputaz. di storia patria per l'Umbria, XIII (1907), pp. 566-569; G. Franceschini, Gubbio dal Comune alla signoria dei Montefeltro, in Storia e arte in Umbria nell'età comunale.Atti delConvegno (Gubbio 1968), Perugia 1971, pp. 363-395; E. Dupré Theseider, Il cardinale Albornoz in Umbria, ibid., pp. 627-633; P.L. Menichetti, Storia di Gubbio dalle origini all'Unità d'Italia, I, Città di Castello 1987, pp. 82-92.