BERETTI (erroneamen. Beretta), Giovanni Gaspare
Nacque a Milano nel 1660 ed entrò nell'Ordine benedettino il 17 giugno 1676 come professo del monastero milanese di S. Pietro in Gessate. Ben presto gli fu affidato l'insegnamento della filosofia e della teologia, che esercitò prima nel monastero di San Benedetto Po, poi nel ginnasio di Pavia, ove stabilì la sua residenza.
Quando, il 1° ott. 1695, nella cripta della chiesa di S. Pietro in Ciel d'oro di questa città fu rinvenuta una cassetta argentea contenente resti umani, che avrebbero dovuto essere quelli del corpo di s. Agostino, il B. fu eletto fra i componenti la commissione incaricata della ricognizione delle reliquie che ne stabilì l'autenticità. Tale giudizio fu contestato da alcuni, e in particolare dal p. G. M. Bellini, il quale pubblicò un'opera in cui sosteneva che le reliquie rinvenute non corrispondevano a quelle del corpo del santo. A difesa dell'identificazione già effettuata insorse allora il B., che fece così il suo esordio in campo erudito.
L'opera da lui dedicata alla difesa delle reliquie pavesi uscì anonima nel 1700 a Milano (Lycnus chronologico-iuridicus ad discutiendas tenebras sive dubia… expressa a p. I. M. Bellini… pro sacrorum ossium m. d. Aurelii Augustini… identitate vindicanda atque illustranda, Mediolani 1700), come del resto tutte le sue successive pubblicazioni, nessuna delle quali recò il suo nome (nel maggio del 1728, scrivendo al Muratori, avrebbe detto: "chi mi nomina mi fa ingiuria": Castagna, VII, p. 65). L'erudizione ancora farraginosa ed incerta del B. - cosicome risulta da questo primo tentativo - fu in seguito ampliata e modernizzata dall'influenza del Muratori, che nel 1701 entrò in rapporto epistolare con il quarantenne benedettino, che gli aveva inviato in omaggio l'opera scritta l'anno precedente. Da questa data in poi tutta l'attività scientifica del B. si svolgerà sotto l'egida muratoriana, e sarà proprio il Muratori a liberare - anche se mai del tutto - il discepolo pavese dalle tentazioni di un dilettantismo generico, troppo avido di curiosità e di novità; ancora nel 1734, infatti, egli era costretto ad ammonirlo: "Meglio sarebbe l'attenersi a più grandiose idee… Non vi vorrei sì facile a lasciarvi imbarcare da tutti" (Muratori, Epistolario, VIII, p. 3377). Forse anche per l'influenza benefica svolta dal Muratori - oltre che per i molti impegni didattici e pratici da cui era oberato - il B. non riuscì a realizzare neppure una parte dell'ampio programma di studi e di pubblicazioni che ancora nel 1720 (ormai, dunque, a sessanta anni) comunicava al maestro in Modena, e che comprendeva, fra numerosi repertori di storia locale pavese, anche una Historia politica e letteraria del Senato di Milano e una Metaphisica anti-cartesiana.
Gli anni della vecchiezza, del resto, furono i più fecondi del B., che, mentre coltivava sempre più intensamente studi di diplomatica, epigrafia e numismatica medievale (come risulta dal suo carteggio col Muratori), veniva indotto a collaborare alla grande impresa dei Rerum Italicarum Scriptores,per la quale apprestava nel 1724 il commento critico alla cronaca trioreniana (In historiam rerum Laudensium Othonis et Acerbi Morenae eius filii adnotationes, in Rer. Italic. Script., VI, Mediolani 1725, coll. 949-1164). Si tratta di un ricchissimo - a volte anche troppo! - apparato di note storiche, cronologiche, linguistiche e anche filologiche, con frequente ricorso ad altre fonti e discussioni della tradizione manoscritta; lo stesso Muratori, ben a ragione timoroso di dover pubblicare commentari troppo ampi, asseriva nel luglio 1724 che se le note che il B. veniva apprestando fossero riuscite "prolisse" egli non le avrebbe stampate (Muratori, Epistolario,VI, p. 2393). Ma già nel 1724 il B. affrontava un altro, e ben più gravoso, compito: la preparazione di una dissertazione sulla topografia storica dell'Italia altomedievale, che sarebbe stata pubblicata a commento della Tabula Italiae graecolangobardico-francicae annessa al decimo volume dei Rerum.
La De Italia medii aevi Dissertatio chorographica è un'opera imponente; essa occupa infatti più di trecento colonne del volume in cui èinserita, stampate in un corpo così piccolo che il B. se ne lamentò pubblicamente. Come sempre accade nel caso di ampi repertori eruditi, le disuguaglianze e le inesattezze vi sono numerose, accresciute anche dal vivace temperamento dell'autore, e dalla sua tendenza ad avanzare ipotesi, pronunciare giudizi e aprire polemiche senza, spesso, possedere un'adeguata documentazione; non a caso, dei resto, il Muratori nel Monitum premesso alla Dissertatio definì l'anonimo autore dello scritto "vir… cui bene sanguis calet in venis ". La Dissertatio consta di ampi Prolegomena (coll. VII-XCVI),in cui all'esame delle fonti segue un'accurata storia dell'organizzazione amministrativa dell'Italia altomedievale, e della vera e propria Chorographia (coll. XCVII-CCCXIV),divisa in più sezioni, nelle quali, dopo una breve trattazione sull'Italia, viene esaminata la topografia storica delle singole regioni e si dà notizia della toponomastica delle diverse località, con riferimenti a fonti e bibliografia. La Dissertatio - che il B. in un primo momento avrebbe voluto limitare all'Italia centro-settentrionale - non comprende le isole ed è piuttosto stringata nella parte, notevolmente inferiore alle precedenti, dedicata alle regioni meridionali. In una Protestatio auctoris aggiunta al termine (coll. CCCXIV-CCCXVI) il B. - sempre nascosto nell'anonimato - prevedeva che alcuni suoi polemici atteggiamenti contro tradizioni e autori affermati avrebbero suscitato proteste: "quod contra receptas non raro sententias severus insurrexerim et ipsos etiam clarissimos auctores censoria veluti virga notaveram ". Né si sbagliava, perché nel giro di due anni si trovò investito da una tempesta di critiche, quali stampate, quali manoscritte, quali violente, quali moderate, quali anonime, quali firmate, che a volte colpirono anche il Muratori. Il B. si sentì in dovere di rispondere pubblicamente ad almeno alcune di esse, e precisamente a quelle mossegli da F. Mariano bibliotecario della Vaticana, da un anonimo veneziano e infine da G. A. Astezati, suo erudito amico e confratello in religione. Raccolti i testi delle critiche e le sue ampie risposte, il B. pubblicava a Milano nel 1729 un volume in sua difesa: In Dissertationem Italiae medii aevi Censurae III, Viterbiensis, Veneta et Brixiana… belli diplomatici historia tertio premissa…, Mediolani 1729; in esso, dopo aver controbattuto con sufficienza alle obiezioni del Mariano e dell'altro contraddittore, che investivano minori problemi di topografia storica, dedicava i due terzi dell'opera alla discussione con l'Astezati, il quale gli aveva rimproverato di aver troppo frettolosamente condannato come falsi tre documenti dell'archivio del monastero di S. Salvatore e S. Giulia di Brescia, di cui invece rivendicava la genuinità.
Era quello un periodo in cui i bella diplomatica - che furono all'origine stessa della nuova disciplina critica dei documenti - agitavano tutta l'Europa dotta, e in particolare la Francia e la Germania: il B. ebbe piena coscienza dell'importanza generale della polemica erudita accesasi intorno ai documenti bresciani e volle far precedere la sua autodifesa da una dotta e ampia Storia della guerra diplomatica (pp.111-159; fu questa la prima trattazione italiana del genere) in cui riepilogò le vicende dei bella combattuti fra il Mabillon, il Papenbroech, il Germon, quasi a voler ostentare l'ampiezza delle sue conoscenze erudite e la difficoltà di un giudizio sicuro in materia diplomatica. Ben difficile era infatti il suo compito per quanto riguardava l'accertamento della natura dei tre documenti già incautamente incriminati: si trattava di un diploma di Adelchi re dei Longobardi (dalla moderna critica attribuito all'11 nov. 772: cfr. A. Chroust, Untersuchungen über die langobardischen Königs- und Herzogsurkunden,Graz 1888, pp. 192 s., n. 36) e di due diplomi di Lotario I imperatore (rispettivamente del 15 dic. 837 e dell'8 sett. 851: cfr. J. F. Böhmer-E. Mühlbacher., Regesta Imperii, I, Innsbruck 1889, nn. 1024, p. 388, e 1113, pp. 427 s.), che nella edizione consultata dal B. (C. Margarini, Bullarium Casinense, II,Tuderti 1670, pp. 23 s., 27) presentavano evidenti discordanze cronologiche e che perciò il frettoloso erudito benedettino, senza procedere alla ricognizione degli originali, aveva condannati come falsi; invano egli sostenne la singolare tesi secondo la quale l'ispezione diretta dei documenti sarebbe necessaria soltanto in caso di questioni di carattere giudiziario e non in quelle di carattere storico (pp. 160-164); l'Astezati dimostrò con buoni argomerti critici la genuinità dei tre documenti, che lo stesso B., al quale il dotto contraddittore rimproverava anche di aver giudicato genuino un documento assai dubbio (pp. 166-179: si tratta di un altro diploma di Lotario I imperatore dei 18 ag. 846 per San Colombano di Bobbio, che effettivamente la moderna critica ritiene falso; cfr. Codice diplomatico del monastero di S. Colombano di Bobbio, a cura di C. Cipolla, I, Roma 1918, in Fonti per la storia d'Italia, LII, pp. 147-19), dovette, sia pure a malincuore, riconoscere.
Il B. trascorse gli ultimi anni di vita tra le cure dell'insegnamento e la raccolta di monete e di epigrafi medievali che usava trasmettere al Muratori; pronto sempre a dar battaglia in campo erudito (nel 1734progettava di entrare in polemica anche con G. Grandi, vanamente sconsigliato dal Muratori: cfr. Castagna, IX, pp. 135 s., e Muratori, Epistolario, VIII, p. 3377) e a impostare ancora vasti e complessi disegni di opere storiche che la tarda età e i molti impegni non gli permisero di condurre a termine. Morì nel monastero di S. Pietro in Gessate il 1° genn, 1736,molto compianto dal Muratori, che lo commemorò come "uno de' miei più cari amici. Egli letterato de' primi d'Italia; egli di un cuore generoso e onoratissimo al maggior segno" (Muratori, Epistolario, VIII, p. 3518).
Fonti e Bibl.: L. A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori. II, Modena 1901, p. 650; III, ibid. 1902, p. 963; V, ibid. 1903, p. 2115; VI, ibid. 1903, pp. 2225, 2333, 2393, 2400, 2503, 2508, 2542, 2593, 2660; VII, ibid. 1904, pp. 2781, 2909, 2852, 2862, 3060; VIII, ibid. 1905, pp. 3246, 3260, 3377, 3512, 3522, 3533, 3s63, 3679; IX, ibid. 1905, pp. 3986, 4048; X, ibid. 1906, pp. 4255, 4553; G. Castagna. La corrispondenza dei monaci benedettini cassinesi col Muratori, in Benedictina. VI (1952). pp. 270-86; VII (1953), pp. 61-84; IX (1955), pp. 249-80; X (1956), pp. 121-41; XI (1957), pp. 97-108; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 921-23; A. Cappelli, Il p. Beretta e una lettera ined. dei Muratori, Modena 1890; S. Bertelli. Erudiz. e storia in L. A. Muratori, Napoli 1960, pp. 196, 303, 317.