PAGLIARDI, Giovanni Maria
PAGLIARDI (Palliardi, Paliardi), Giovanni Maria (Gianmaria). – Nacque a Genova, nel 1637, da Giovanni Francesco, come si ricava dal registro dei morti della chiesa fiorentina di S. Lorenzo (Kirkendale, 1993, p. 419).
Nulla si sa della sua formazione, che dev’essere avvenuta nella città natale. A Genova nel 1660 fu data l’«opera musicale» L’Innocenza trionfante, oratorio di Paolo Francesco Pallieri, che nella prefazione indica Pagliardi come autore principale della musica. Almeno dal 1662 fu «maestro di cappella nel Giesù di Genova», come dichiarano suoi mottetti apparsi in edizioni collettive stampate a Roma e curate da Florido De Silvestris e da Giovanni Battista Caifabri (Roma 1662, 1663, 1664, 1667; cfr. Vizzaccaro, 2011, pp. 282 s.); la sua presenza a Genova, nel 1667, è inoltre attestata da un documento archivistico (cfr. Moretti, 1990, p. 125).
Alle raccolte menzionate fa eccezione un’antologia del 1665, in cui il compositore è definito «maestro di cappella in S. Apollinare» in Roma, di cui era in quel momento maestro di cappella Giacomo Carissimi. Se non si tratta di un errore di stampa (per cui la qualifica spettante a Carissimi sia stata inavvertitamente assegnata a Pagliardi), bisogna indurne che nel 1665 Pagliardi abbia temporaneamente sostituito il titolare: in una collettanea che raggruppa «diversi eccellentissimi autori romani» difficilmente sarebbe potuto entrare un forestiero, se in quell’anno non fosse stato in Roma. L’ipotetica presenza di Pagliardi a Roma potrebbe a sua volta essere collegata a quella dell’organista genovese Federico Mangiarotti, che nella raccolta del 1664 viene detto «allievo del Pagliardi» e «maestro di cappella in Albano». Che poi Pagliardi sia stato allievo di Carissimi, come mezzo secolo più tardi vorrebbe Pitoni ([1713], p. 339), è probabilmente frutto di un’illazione.
Il debutto in campo teatrale avvenne con musiche di scena per le recite viennesi della commedia El secreto a voces di Calderón (carnevale 1671); la partitura, che esplicita la paternità della musica, è conservata a Vienna (Österreichische Nationalbibliothek, Mus. Hs. 18.739; cfr. Seifert, 1985, pp. 181 s.; Mühl, 2011).
Nella corte austriaca il teatro ispanico non era mai mancato: ma l’arrivo, a fine 1666, della nuova consorte dell’imperatore Leopoldo I, l’infanta Margarita, ne intensificò la presenza. Committente dello spettacolo fu il genovese Paolo Spinola Doria, marchese de los Balbases, ambasciatore di Spagna a Vienna dal 1670: il che spiegherebbe l’ingaggio del concittadino Pagliardi.
Al più tardi dal 1671 il compositore era subentrato ad Antonio Cesti (deceduto il 14 ottobre 1669) come maestro di cappella alla corte di Cosimo III de’ Medici: la qualifica risulta nella prefazione al libretto del suo primo «melodrama», Caligula delirante (Venezia, teatro di Ss. Giovanni e Paolo, carnevale 1672; la partitura è conservata a Venezia, Bibl. Marciana, It. IV, 398).
Il dramma, adespoto, si dovette presumibilmente a Nicolò Beregan, ossia all’unico drammaturgo veneziano che in quest’epoca utilizzasse la dicitura «melodrama», e non a Domenico Gisberti, cui è stato talvolta attribuito per confusione con la sua «opera in stile recitativo» (un dramma di parola) La pazzia in trono, ovvero Il Caligola delirante (1660; cfr. Walker, 1984, pp. CXLII, CLVII n.; lo stesso Gisberti, ristampando il componimento nella raccolta Talia, fugò ogni dubbio: «Tanto notifico al mio lettore, acciò sappia che non è copiato il mio titolo né la pazzia dal Caligola ultimamente condannato ad impazzir su le venete scene da più valorosi poeti»; 1675, I, p. 5; Bertieri, 2002, p. 196 n.). Fra le numerose riprese italiane del Caligula (cinque allestimenti solo nel 1675) va menzionata almeno quella romana al teatro di Tordinona (24 gennaio 1674), in presenza di Cristina di Svezia, che però pare non l’apprezzasse gran che; cfr. Kirkendale, 1993, p. 422).
I fratelli Grimani, proprietari del teatro di Ss. Giovanni e Paolo, scritturarono Pagliardi per altri due drammi: Lisimaco (dicembre 1673; libretto di Cristoforo Ivanovich; partitura a Venezia, Bibl. nazionale Marciana, It. IV, 432; il manoscritto di Modena, Bibl. Estense, Mus.F.875, attribuito a Pagliardi nell’Ottocento, corrisponde invece all’omonimo dramma di Giacomo Sinibaldi e Bernardo Pasquini, Roma 1681); e Numa Pompilio (carnevale 1674; Matteo Noris; partitura Ibid., It. IV, 441; attribuita a Pagliardi da Ivanovich, 1681, p. 441).
La prefazione dello stampatore al Lisimaco rimanda all’autore del Caligula: «Avrai la musica di chi già nel Caligola con la delicatezza delle sue note s’acquistò il tuo intiero applauso». Due lettere che Ivanovich e Pagliardi si scambiarono tra giugno e luglio 1673, durante il lavoro al Lisimaco, compaiono nelle Poesie del letterato dalmata (Venezia 1675, pp. 372-376): notevoli gli spunti di poetica operistica circa la «varietà di metri», l’uso dei «lamenti, a’ quali sarà dirizzata principalmente la curiosità» degli spettatori, e il procedimento della «cavata», che consente al musicista di conferire un maggior risalto melodico a «qualche affetto nel recitativo» (Kirkendale, 1993, pp. 424-426; Rosand, 2013, pp. 699 s.).
Nel novembre 1680 Pagliardi alloggiava nel convento filippino di S. Firenze (Kirkendale, 1993, p. 418). L’anno successivo partecipò, con Bonaventura Cerri e Pietro Sammartini, al concorso per il posto di maestro di cappella in S. Maria del Fiore, concluso il 26 giugno 1681 con un compromesso formale: Cerri, già sacrestano nella cattedrale fiorentina, fu bensì eletto ma mantenne la mera nomina, e il relativo salario mensile, per ordine del granduca, fu pagato a Pagliardi; morto Cerri nel 1685, l’anno dopo l’incarico passò a Pietro Sammartini (Hill, 2001, pp. 179, 194). Nei documenti del concorso si parla del «sacerdote Giovanni Maria Pagliardi, valentissimo maestro di canto, facendolo d’ottimi costumi e che ha servito per molti anni e serve attualmente alla serenissima Granduchessa» (Lorenzetti, 2001, p. 219 n.). È ignoto l’anno dell’ordinazione sacerdotale: essendo sprovvisto dell’appellativo «don» nella stampa Caifabri del 1667, al contrario di altri canonici che vi compaiono, si può presumere che sia stato ordinato dopo tale data.
Nel 1681 iniziò a comporre per il teatro della villa di Pratolino voluto dal principe ereditario Ferdinando: il 30 agosto il cantante Filippo Melani inviò da Firenze a Ippolito Bentivoglio a Ferrara il libretto di una «commedia che il signor principe di Toscana ha fatto e fa rappresentare a Pratolino»: ma «la musica del Paliardi […] ha dato in freddura» (Monaldini, 2000, p. 476). Si sarà trattato del «drama in musica» Rosalba, l’unico dato a Pratolino in quell’anno (libretto adespoto; Weaver - Weaver, 1993, p. 151). Per lo stesso teatro compose Lo speziale di villa (autunno 1683, ripreso l’anno dopo), attribuibile in base a una lettera del cantante Giuseppe Canavese a Bentivoglio da Firenze il 30 luglio 1683 (risulta «opera del signor poeta Villifranchi, musica del Pagliardi»; Monaldini, 2000, p. 584), e Il finto chimico (stesso poeta, settembre 1686; Kirkendale, 2001, p. 450; Weaver - Weaver, 1993, p. 158). Nell’autunno 1685 vi venne ripreso il Caligula delirante. Sempre per Pratolino Pagliardi compose due «drami musicali» su versi del fiorentino Giovanni Andrea Moniglia: Il pazzo per forza (26 agosto 1687), versione ridotta dello spettacolo già dato a Firenze nel 1658 con musica di Jacopo Melani; e Il tiranno di Colco (1° settembre 1688); la paternità della musica è dichiarata nelle prefazioni ai drammi (Moniglia, 1689). Nel settembre 1689 venne data La serva favorita (di nuovo di Cosimo Villifranchi; Weaver - Weaver, 1993, p. 166; per l’attribuzione della musica, cfr. Kirkendale, 2001, p. 450).
Per il Marco Aurelio (autunno 1691) non vi è un’attribuzione certa, salvo una posticcia annotazione manoscritta sul libretto conservato a Firenze; per Attilio Regolo (6 settembre 1693) la paternità è dichiarata dalle Notizie di casa Salvini: «musica squisitissima del Palliardi» (Kirkendale, 1993, p. 430).
Grande risonanza ebbe la «festa teatrale» Il Greco in Troia (Noris) data nel teatro fiorentino della Pergola (29 gennaio 1689) per le nozze fra Ferdinando e Violante Beatrice di Baviera, avvenute per procura il maggio precedente, ma ufficializzate a Firenze il 9 gennaio, presente la sposa. In una relazione sui festeggiamenti si allude a Pagliardi come «insignissimo professore e maestro di cappella […] che, come colla facilità de’ recitativi, colla varietà e gentilezza dell’arie, fece maravigliosamente spiccare gli affetti de’ personaggi introdotti, così colla maestria ne moltiplicò il diletto negli ascoltanti presenti» (Segni, 1688, p. 162).
Nella corte medicea Pagliardi si prodigò non solo come operista: fu insegnante di musica di Ferdinando, come si evince da un documento del 1681, da una memoria del 1689 e dall’Elogio del fu serenissimo Ferdinando de’ Medici (in Giornale de’ letterati d’Italia, XVII, 1714), dove si legge che il principe «apprese a sonar di cimbalo, il contrappunto e la musica da Gianmaria Pagliardi, sacerdote genovese» (Kirkendale, 1993, pp. 418, 429). Nel 1690 Ferdinando lo omaggiò a sua volta di un ritratto a pastello, opera di Domenico Tempesti, in cui il compositore è raffigurato in abito talare, e gli acquistò presso Bartolomeo Cristofori, costruttore di strumenti a tastiera, una «spinetina» realizzata da Niccolò Berti (30 ottobre; ibid., pp. 418, 421).
A parte un presunto incarico di organista e insegnante di canto a S. Lorenzo (cfr. Fabbri, 1959, p. 82, senza attestazioni documentarie), dal 1693, come vicemaestro di cappella in S. Maria del Fiore, assunse l’incarico pieno in sostituzione di Sammartini, improvvisamente sospeso nel 1690 per ragioni ignote; lo mantenne, pur senza nomina ufficiale, anche dopo la morte di costui (gennaio 1701).
Morì il 4 dicembre 1702 (Lorenzetti, 2001, p. 233), nel Casino di S. Marco, dove alloggiava almeno dal 1693 (Kirkendale, 1993, p. 418), e fu sepolto l’indomani in S. Lorenzo (l’epitaffio sulla lapide, oggi scomparsa, è riportato ibid., p. 419).
L’11 agosto dell’anno seguente Francesco Pistocchi scrive a Giacomo Antonio Perti a Bologna che il 14, per il genetliaco del granduca, «ci aggiusteremo un poco la bocca nel cantare un mottetto o sia anticaglia […] del Pagliardi. Gesù, mio Dio, che miseria, che sciagurato gusto» (Lora, 2012, p. 299); e in una lettera di pochi giorni dopo (18 agosto) soggiunge che il mottetto fu infine rimpiazzato con un brano di Francesco Grassi (Kirkendale, 1993, p. 420). Nell’aprile 1707 il principe Ferdinando spedì a Perti – in quegli anni suo compositore prediletto – un Benedictus di Pagliardi, perché lo riscrivesse per la Settimana Santa dell’anno successivo; disse anche che l’avrebbe già voluto far rifare dall’autore stesso, poi deceduto: col che additava implicitamente una continuità stilistica fra i due compositori (Lora, 2012, pp. 118, 137, 331).
Fonti e Bibl.: D. Gisberti, Talia. Poesie dramatiche, comiche nuove, I, Monaco di Baviera 1675, p. 5; A. Segni, Memorie de’ viaggi e feste per le reali nozze de’ serenissimi sposi Violante Beatrice di Baviera e Ferdinando principe di Toscana, Firenze 1689 (1688 ab Incarnatione), pp. 158-168; G.A. Moniglia, Poesie dramatiche, Firenze 1689-90, II, pp. 1-68 (Tiranno di Colco); III, pp. 97-170 (Pazzo per forza); G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica [1713], a cura di C. Ruini, Firenze 1988, pp. 339 s.; Elogio del fu serenissimo Ferdinando de’ Medici, in Giornale de’ letterati d’Italia, n. 17, Venezia 1714, p. 5; M. Fabbri, Due musicisti genovesi alla corte granducale medicea: G.M. P. e Martino Bitti, in Chigiana, XVI (1959), pp. 79-85; N. Steeble Miller, The Venetian operas of G.M. P., diss., Columbia University, New York, 1967; M. Chiarini, I quadri della collezione del principe Ferdinando di Toscana, in Paragone, XXV (1975), p. 93; Th. Walker, «Ubi Lucius»: Thoughts on reading ‘Medoro’, in A. Aureli - F. Lucio, Il Medoro, a cura di G. Morelli - Th. Walker, Milano 1984, pp. CXLII, CLVII n.; H. Seifert, Die Oper am Wiener Kaiserhof im 17. Jahrhundert, Tutzing 1985, pp. 181, 473; M. De Angelis, Il teatro di Pratolino tra Scarlatti e Perti: il carteggio di Giacomo Antonio Perti con il principe Ferdinando de’ Medici (1705-1710), in Nuova Rivista musicale italiana, XXI (1987), pp. 605-640; M.R. Moretti, Musica e costume a Genova tra Cinquecento e Seicento, Genova 1990, pp. 125 s.; E. Rosand, Opera in seventeenth-century Venice: the creation of a genre, Berkeley 1991, ed. it. L’opera a Venezia nel XVII secolo, Roma 2013, ad ind.; I. Alm, Catalog of Venetian librettos at the University of California, Los Angeles, Berkeley 1992, nn. 180, 194, 190; R.L. Weaver - N.W. Weaver, A chronology of music in the Florentine theater: 1751-1800, Warren 1993, pp. 151, 154 s., 159 s., 162 s., 170 s., 174; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the Principate of the Medici, Firenze 1993, pp. 417-431 (addenda in Id., Emilio de’ Cavalieri «gentiluomo romano», Firenze 2001, pp. 434, 450, 455); K. Harness - J.W. Hill, rec. a Kirkendale 1993, in Journal of the American Musicological Society, XLVIII (1995), pp. 113 s.; S. Monaldini, L’orto dell’Esperidi: musici, attori e artisti nel patrocinio della famiglia Bentivoglio, 1646-1685, Lucca 2000, pp. 476, 584; A.L. Bellina, Brevità, frequenza e varietà: Cristoforo Ivanovich librettista e storico dell’opera veneziana, in Musica e storia, VIII (2000), pp. 380-384; P. Fabbri, Il secolo cantante: per una storia del libretto d’opera nel Seicento, Bologna 1990, nuova ed. Roma 2003, ad ind.; J.W. Hill, The musical chapel of the Florence cathedral in the second half of the seventeenth century, in Atti del 7. centenario del Duomo di Firenze, III: «Cantate Domino»: musica nei secoli per il Duomo di Firenze, a cura di P. Gargiulo et al., Firenze 2001, pp. 179, 194; S. Lorenzetti, Un «huomo valentissimo nella professione dell’insegnare e comporre in musica»: Pietro Sammartini, maestro di cappella in S. Maria del Fiore (1686-1700), ibid., pp. 219, 230, 233; M.C. Bertieri, La circolazione dei testi: il caso del «Caligula delirante», in I teatri di Ferrara. Commedia, opera e ballo nel Sei e Settecento, a cura di P. Fabbri, Lucca 2002, pp. 675-714; Id., Le pazzie di Caligola dalla Laguna al Golfo, in Francesco Cavalli: la circolazione dell’opera veneziana nel Seicento, a cura di D. Fabris, Napoli 2005, pp. 195-204; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford 2007, pp. 105 s., 112, 110 s., 145; K. Mühl, Musik und Tanz im «Secreto a voces». Die Inszenierung am Wiener Hof im Jahr 1671, inLaute Geheimnisse: Calderón de la Barca und die Chiffren des Barock, a cura di W. Aichinger - S. Kroll, Wien-Berlin 2011, pp. 87-112; F. Vizzaccaro, Florido de Silvestris (1596-1674), promotore della cultura musicale romana, in Studi (e testi) italiani, 2011, n. 28, pp. 268, 271, 282 s.; F. Lora, I drammi per musica di Giacomo Antonio Perti per il teatro della Villa medicea di Pratolino, diss., Università di Bologna, 2012, pp. 118, 137, 299, 331; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 424; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 551; The new Grove Dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVIII, p. 898; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XII, 2004, coll. 1556-1558.