NASI, Giovanni
NASI (de Naso, de Nasis, de Naseris), Giovanni. – Nacque presumibilmente a cavallo tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo da una famiglia nobile originaria di Gallarate, ascritta nella matricola di Ottone Visconti.
Nulla si sa dei genitori e poco della famiglia. Ebbe almeno tre fratelli, Matteo, Ambrogio e Franciscolo: il primo e il secondo intrapresero la carriera ecclesiastica, del terzo rimane notizia in alcuni documenti riguardanti la diocesi bolognese nel periodo di episcopato di Nasi, da cui si ricava che morì prima del 1355 (Piana, 1976, p. 237).
Nasi studiò medicina, probabilmente all’Università di Parigi, dove si laureò il 20 maggio 1340 (Chartularium Universitatis Parisiensis,1891, II, p. 500), ma già nel 1335 risultava medico (e familiare) dell’anziano cardinale Luca Fieschi, al quale rimase vicino fino alla morte, come testimonia la sua presenza alla stesura del testamento, ad Avignone nel gennaio 1336 (Paravicini Bagliani, 1980, p. 457). Lo studio della medicina sembrerebbe quasi rappresentare una tradizione di famiglia: oltre a lui, anche il fratello Matteo, prima di laurearsi in diritto canonico, era stato studente di medicina, così come Giovannolo di Pietro de Naso da Gallarate e Antonio de Naso. Significativo in proposito il lascito fatto da Giovanni da Legnano nel suo testamento: «Item iure legati reliquit libros medicine et comenta Galeni, tres libros Avicenne et libros Galieni in quaternis novis nepotibus quondam bone memorie domini Iohannis de Galorato olim Bononie episcopi» (Bosdari, 1901, p. 125).
Il 10 gennaio 1335 gli era stato conferito il canonicato a Bergamo (Biscaro, 1920, p. 263) e nel 1342, ottenne, tramite supplica al pontefice, la cantoria della Chiesa di Patrasso (Id., 1927, p. 228). Fu senza dubbio molto vicino alla curia avignonese e in particolare ebbe strettissimi rapporti con Clemente VI: i documenti pontifici lo definiscono «physicus et familiaris» del papa, oltre che cappellano. Una questione non chiara relativa alla sua carriera ecclesiastica riguarda il suo abito religioso: alcune cronache sette- e ottocentesche lo definiscono frate domenicano, notizia ripresa nella Hierarchia catholica da Eubel (1913, I, pp. 334, 523), per cui Nasi risulterebbe canonico di Patrasso fino alla nomina a vescovo di Melfi e frate predicatore quando viene traslato a Verona. I documenti coevi però non lo definiscono mai frate e mai di lui si fa cenno nelle raccolte domenicane.
Divenne vescovo di Melfi il 30 maggio 1348, ma ancora prima di prendere possesso della diocesi chiese e ottenne dal papa quella di Verona. La sua nomina, avvenuta il 27 luglio 1349, e quella del suo successore Pietro della Scala suggellarono un decennio di rapporti distesi tra la diocesi veneta e Avignone.
A Verona rimase solo un anno, prima di essere traslato a Bologna. In questo periodo non risiedette quasi mai in città, essendo impegnato ad Avignone come medico del pontefice. Già il 12 agosto designò due vicari: suo fratello Matteo de Naso e Rogerio de Galbiate, preposito della chiesa di S. Maria di Gallarate. L’atto più rilevante registrato a suo nome è il decreto di unione del monastero benedettino di S. Maria in Campo Marzio con quello delle suore clarisse di S. Maria delle Vergini, datato 19 gennaio 1350. Durante il breve episcopato, per due volte impose al clero un contributo straordinario, il secondo dei quali, di 1000 fiorini, pochi mesi prima del suo trasferimento a Bologna. L’assenza di motivazioni nelle fonti di un contributo così oneroso ha fatto ipotizzare la necessità di ‘finanziare’ il trasferimento di sede e quindi l’avanzamento della carriera ecclesiastica.
Anche a Bologna Nasi ebbe diversi vicari generali, tra i quali nuovamente Matteo de Naso (Piana, 1976, pp. 236-238). Nel complesso però la sua presenza nei dieci anni di episcopato non fu marginale e fu connotata da diverse iniziative soprattutto nel campo sociale e assistenziale: promosse la fondazione della chiesa del Buon Gesù in S. Mamolo e la nascita di due cenobi, destinati a meretrici convertite e a bestemmiatori. Inoltre avviò diverse opere edilizie nella diocesi e fu grazie a lui che la Compagnia della Morte riuscì a erigere la chiesa di S. Giovanni Battista del Mercato. Nel 1358 consacrò la chiesa dei monaci della Certosa e trovò un rifugio più sicuro all’interno delle mura per i canonici di S. Maria di Reno − la cui sede di Borgo Panigale era stata distrutta dalle truppe di Bernabò Visconti − affidando loro la chiesa di S. Salvatore in Porta Nova.
Il decennio di episcopato di Nasi fu un periodo particolarmente travagliato per Bologna. Il 16 ottobre 1350, cioè solo tre giorni dopo la sua nomina a capo della diocesi, i Visconti acquistarono la città da Giovanni Pepoli per 200.000 fiorini. In seguito a ciò, Bologna fu occupata dall’arcivescovo e signore di Milano, Giovanni Visconti. Alla morte di questo nel 1354, gli successe il nipote Matteo, che per coprire i debiti di guerra impose al clero bolognese una tassa di 8000 fiorini. Nasi oppose un netto rifiuto: il 26 marzo 1355, d’accordo con il pontefice, lanciò l’interdetto sulla città e scomunicò gli esattori. L’interdetto fu revocato un mese dopo, quando il popolo bolognese acclamò suo signore Giovanni Visconti da Oleggio e questi abolì subito la tassa. Il 13 aprile 1357 Nasi fu costretto da nuovi tumulti e conflitti tra Bologna, i Visconti e la S. Sede a lanciare un secondo interdetto, per un periodo molto più lungo, che si concluse solo 19 mesi dopo. Dopo la cessione della città da parte di Giovanni di Oleggio alla S. Sede, nel 1360 Nasi ricevette solennemente il cardinale legato Egidio Albornoz, che prese possesso della città e ne fece il centro operativo della politica avignonese.
In seguito a questi avvenimenti, e probabilmente già malato, Nasi si ritirò a Pieve di Cento, dove morì il 3 agosto 1361. Fu poi traslato a Bologna e sepolto in S. Pietro, dove ancora oggi è visibile la lapide che lo ricorda (Roversi, 1982, pp. 53, 78).
Sembra inutile, allo stato attuale delle ricerche, cercare una composizione alle contraddizioni che parrebbero aver connotato tutta la carriera ecclesiastica di Nasi, volta per un lato a opere caritative anche dall’alto valore sociale, che gli valsero nelle cronache coeve veronesi e bolognesi grandi lodi per zelo, santità e dottrina; per altro lato invece incontestabilmente tesa a ottenere benefici per sé e per i suoi numerosi familiari. I libri di suppliche di Clemente VI e i documenti relativi alle diocesi che Nasi governò rendono chiaramente la misura dei suoi interventi in questo senso: nel 1342 suo fratello Ambrogio supplicò papa Clemente VI di essere immesso nel beneficio di S. Calimero di Milano, rimasto vacante, e l’anno seguente chiese la prepositura della basilica di S. Ambrogio; la supplica venne appoggiata da Giovanni, in quel momento cappellano papale e che intanto, come si è detto, chiedeva a Clemente VI la cantoria della Chiesa di Patrasso. Nel 1345 Giovannolo del fu Pietro de Naso da Gallarate, «studens in physica», si servì della supplica di Giovanni da Milano, «physicus», per ottenere il canonicato con prebenda della stessa Chiesa di Patrasso. Nel 1347 morì Ambrogio de Naso e gli incarichi che lasciò vennero acquisiti da suoi parenti, entrambi studenti di medicina: il fratello Matteo divenne preposito di S. Ambrogio, Antonio de Naso ottenne il canonicato con prebenda di S. Maria Fulcorina; in entrambi i casi la supplica fu inoltrata dell’arcivescovo di Milano, Giovanni Visconti, circostanza che rivela in modo evidente lo stretto rapporto di questo con la famiglia di Nasi. Nel 1351 Matteo de Naso e Giovannolo de Naso sono attestati rispettivamente come «cantor ecclesie Patracensis» e «canonicus» della stessa chiesa: evidentemente Giovanni aveva in qualche modo passato al fratello il suo titolo. Un documento datato 8 agosto 1355 definisce Matteo, vicario generale della diocesi felsinea e studente di diritto canonico, «cantor ecclesie Patracensis et praepositus S. Ambrosii et canonicus S. Naçarii ecclesiarum Mediolanensis et canonicus S. Ioannis de Pontirolo Mediolanensis diocesis»; nel 1360 era doctor decretorum e nel 1370 fu eletto vescovo di Olenus in Grecia (Piana, 1976, pp. 236 s.).
Fonti e Bibl.: C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 205-255; G. Guidicini, Notizie diverse relative ai vescovi di Bologna, da s. Zama ad Oppizzoni, Bologna 1883, pp. 51 s.; Chartularium Universitatis Parisiensis, a cura di H. Denifle, II, Parigi 1891, p. 500; F. Bosdari, Giovanni da Legnano canonista e uomo politico del 1300, in Atti e memorie della reale deputazione di storia patria per le province della Romagna, s. 3, XIX (1901), pp. 123-129; Benôit XII. Lettres communes analysées d’après les registres dits d’Avignon et du Vatican, a cura di J.M. Vidal, I, Parigi 1903, pp. 50, 260; C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, I, Münster-Padova 1913, pp. 141, 334, 523; G. Biscaro, Le relazioni dei Visconti di Milano con la Chiesa, in Archivio storico lombardo, XLVII (1920), pp. 193-271; LIV (1927), pp. 201-236; Clement VI. Lettres closes, patentes et curiales intéressant les pays autres que la France, a cura di E. Déprez - G. Mollat, Parigi 1960-61, nn. 2089, 2281; L. Meluzzi, I vescovi e gli arcivescovi di Bologna, Bologna 1975; C. Piana, Nuovi documenti sull’Università di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bologna 1976, pp. 236-238; A. Paravicini Bagliani, I testamenti dei cardinali del Duecento, Roma 1980, pp. 451-457; G. Roversi, Iscrizioni medievali bolognesi, Bologna 1982, pp. 53, 78; A. Macchi, G.N., in Dizionario della Chiesa Ambrosiana, IV, Milano 1990, pp. 2439 s.; A. Vasina, Chiesa e comunità dei fedeli nella diocesi di Bologna dal XII al XV secolo, in Storia della Chiesa di Bologna, a cura di P. Prodi - L. Paolini, I, Bologna 1997, pp. 97-204; G. Ederle - D. Cervato, I vescovi di Verona, Verona 2001, p. 80; M. Rossi, Gli uomini del vescovo: familiae vescovili a Verona, 1259-1350, Venezia 2001, pp. 94-96; Giovanni de Naso, in I vescovi e gli arcivescovi di Bologna, in Domus episcopi. Il palazzo arcivescovile di Bologna, a cura di R. Terra, Bologna 2002, p. 188; M. Rossi, Governare una Chiesa, Vescovi e clero a Verona nella prima metà del Trecento, Verona 2003, pp. 228 s.; A. Cadili, Giovanni Visconti, arcivescovo di Milano (1342-1354), Milano 2007, p. 119.