Giovanni V
Di origine siriana, nacque in data imprecisata nella provincia di Antiochia. Quanto alla sua famiglia sappiamo solo che suo padre si chiamava Ciriaco. A causa della sua provenienza, è stato ipotizzato che fosse fuggito dalla Siria in seguito alle invasioni musulmane, ciò che è probabile, ma non è confermato da alcuna fonte.
Durante il pontificato di papa Agatone fu uno dei più importanti membri della delegazione pontificia al VI concilio ecumenico di Costantinopoli, che si tenne dal 7 novembre 680 al 16 settembre 681 e che contrassegnò il ritorno della pace tra Roma e Costantinopoli, ponendo fine al monotelismo. Il Liber pontificalis sottolinea che G., oltre agli atti del sinodo, portò dalla capitale dell'Impero anche l'ordine dell'imperatore Costantino IV che diminuiva le gravose imposte sui beni posseduti dalla Chiesa di Roma in Sicilia e in Calabria e che eliminava l'obbligo di vendere il grano all'esercito bizantino ad un prezzo politico stabilito dalle autorità imperiali, provvedimenti quanto mai preziosi per Roma considerando che la maggior parte delle derrate alimentari provenivano da quelle aree.
Eletto all'unanimità nella basilica del Laterano il 23 luglio 685, fu consacrato, sull'esempio di papa Leone I, dai tre vescovi di Ostia, Porto e Velletri.
Considerando la provenienza orientale di G. e il fatto che, a partire da lui fino a papa Zaccaria, solamente Gregorio II fu romano, questo pontefice è stato considerato come il primo del periodo definito come la "cattività bizantina" del papato. Questa interpretazione è stata però contestata (Th.F.X. Noble) per il fatto che, indipendentemente dalla loro origine, questi papi, prima di essere eletti, avevano prestato servizio per un lungo periodo presso la Chiesa di Roma e in molti casi le loro famiglie risiedevano in Italia da molto tempo. Una delle ragioni dell'aumento dell'importanza degli ecclesiastici di origine orientale deve essere imputata alla circostanza che questo periodo fu contrassegnato da numerose dispute teologiche con la Chiesa orientale. Le discussioni si tenevano in greco, lingua che ormai in Occidente pochi conoscevano e perciò c'era bisogno di persone che fossero in grado di seguire il complesso evolversi delle questioni dottrinarie e avessero i mezzi per partecipare ai dibattiti. G. rappresenta probabilmente uno dei migliori esempi a sostegno di questa posizione, poiché, come abbiamo visto, prima di diventare pontefice, era stato inviato al VI concilio ecumenico, che si era tenuto a Costantinopoli, in qualità di rappresentante del papa.
Il più importante evento che contrassegnò il suo pontificato fu il deciso intervento che pose fine alla situazione irregolare, che si protraeva da numerosi anni in Sardegna. Fece infatti indire un concilio che reintegrò nelle sue funzioni il vescovo di Porto Torres, che era stato sospeso da vari anni, poiché l'arcivescovo di Cagliari Citonato si era arrogato il diritto di ordinarlo senza avere il permesso della Sede apostolica. Ebbe modo di occuparsi di problemi giurisdizionali anche al di fuori dell'Italia. Su richiesta dell'abate del monastero di S. Benigno di Digione, stabilì che ci fosse un unico cimitero di S. Benigno per i monaci e il clero secolare di Digione e che il vescovo di Langres non interferisse più su tale questione - a proposito di questo intervento si sospetta però che il documento relativo sia spurio (L. Delisle). Confermò inoltre i possedimenti della chiesa di S. Maria di Auxerre, minacciando la scomunica contro chi attentasse alla loro integrità. Il suo biografo lo ricorda come un uomo energico e al tempo stesso moderato; era inoltre dotato di una buona cultura. Il suo epitaffio sottolinea anche che amministrò la giustizia in ugual misura nei confronti di tutti. Nonostante sia stato in carica per poco più di un anno, fece eleggere quindici vescovi. Morì il 2 agosto 686 e fu sepolto presso la tomba di S. Pietro dopo una lunga malattia che lo aveva debilitato e che gli impedì di portare a termine tutte le ordinazioni dei sacerdoti da lui progettate. Lasciò una cospicua somma in favore del clero e dei monasteri.
Degno di nota è che la morte di G. rappresentò la fine di un periodo di pace interna che durava da circa cinquant'anni. L'elezione del suo successore fu infatti contrassegnata da forti dissensi tra il clero e l'esercito, che parteggiava per il presbitero Teodoro e che impedì con la forza agli ecclesiastici di entrare nella basilica lateranense. Tale situazione fece sì che la sede papale rimanesse vacante per due mesi e diciotto giorni, ossia fino a quando il clero non propose come nuovo papa l'anziano e neutrale Conone.
La morte impedì a G. di assistere agli inizi del cambiamento di politica religiosa da parte del nuovo imperatore Giustiniano II, il quale, a differenza del padre (Costantino IV), si dimostrò molto meno conciliante con la Chiesa di Roma. Il giovane Giustiniano II aveva inviato a G. una lettera, che però ricevette Conone, nella quale l'imperatore comunicava al papa di avere ricevuto gli atti ufficiali del VI concilio ecumenico nel testo fissato in quella occasione e si impegnava a custodirli e farli osservare. Giustiniano II aveva però reintegrato nel patriarcato di Costantinopoli Teodoro, che era stato rimosso da suo padre per fare tornare la pace con Roma, e nell'epistola indirizzata a G. aveva fortemente sottolineato che Dio lo aveva investito della missione di custodire la purezza della fede cristiana, prerogativa che esercitò negli anni seguenti con gravi conseguenze per i rapporti non solo religiosi tra Costantinopoli e l'Italia bizantina.
fonti e bibliografia
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