Savonarola, Girolamo
Il predicatore dell’austerità
Frate predicatore con fama di profeta, Girolamo Savonarola alla fine del 15° secolo progettò di riformare la Chiesa e di moralizzare i costumi. Partecipò alla rivolta contro i Medici di Firenze. Papa Alessandro VI lo accusò di eresia e fece in modo che fosse condannato al rogo
Savonarola nacque a Ferrara nel 1452. Studiò medicina, campo nel quale suoi antenati avevano eccelso, ma si dedicò anche alla filosofia. Alcuni biografi narrano che ad avviarlo verso una fede rigorosa fu lo sprezzante rifiuto che subì da parte di una donna di cui si era innamorato, ma sono molte le leggende o le notizie non accertabili che accompagnano la sua vicenda.
Intorno ai vent’anni Girolamo scrisse due componimenti dedicati alla corruzione dei costumi della società e della Chiesa e nel 1475 lasciò di nascosto la casa paterna per andare a Bologna, dove chiese di essere ammesso nell’ordine domenicano. Tornò a Ferrara per studiare teologia e da qui, nel 1482, partì per Firenze, dove prese dimora nel convento di S. Marco.
Superate alcune difficoltà – la voce debole e una gestualità sgraziata –, Savonarola divenne un predicatore di successo. Condannava con vigore l’atteggiamento della Chiesa, ne chiedeva la condanna per i suoi peccati e ne auspicava la radicale riforma. Nel 1492 profetizzò l’arrivo di un nuovo Ciro che sarebbe disceso da oltralpe per compiere la vendetta divina. Nel 1494 il re di Francia Carlo VIII invase davvero l’Italia: egli era però tutt’altro che disposto a impegnarsi nella riforma generale invocata dal frate.
La discesa di Carlo VIII provocò però la fine del regime di Piero de’ Medici. Su ispirazione tra l’altro anche del frate, Firenze adottò un regime politico fondato sul modello veneziano, finalizzato a creare un equilibrio tra consigli allargati (in rappresentanza del grosso della popolazione) e consigli ristretti, in cui operava l’élite fiorentina. Savonarola, ormai padre spirituale riconosciuto di Firenze, lanciò una vigorosa campagna per la moralizzazione della vita cittadina. Libri e stampe licenziose, abbigliamenti femminili sconvenienti e oggetti di lusso vennero arsi in quelli che furono chiamati «bruciamenti delle vanità».
Si perseguirono bestemmiatori e giocatori, si proibì l’usura. Ad appoggiare il frate erano i piagnoni, a osteggiarlo i compagnacci (contrari al suo rigore morale), gli estremisti arrabbiati (insospettiti dai suoi continui appelli alla pacificazione) e i bigi, ovvero i fautori dei Medici.
Le continue condanne della corruzione della Chiesa di Roma spinsero papa Alessandro VI a convocare Savonarola in curia. Questi rifiutò di presentarsi e oppose resistenza anche all’ordine di interrompere le sue prediche. Nel maggio 1497 fu così scomunicato per eresia, ma le autorità fiorentine continuarono a proteggerlo almeno fino a quando Alessandro VI non minacciò nel febbraio 1498 di colpire la città con l’interdetto.
La scomunica di Firenze era un rischio troppo grave da correre e l’intimazione papale privò Savonarola di importanti appoggi.
Nel marzo un frate lo sfidò a sottoporsi alla prova del fuoco: Savonarola avrebbe dovuto dimostrare il favore divino esponendosi al contatto con oggetti roventi. Venne fissata per il 7 aprile la data della sfida; ma quel giorno, dapprima estenuanti trattative sulle modalità da seguire, poi un violento acquazzone mandarono a monte la prova.
Della prova mancata approfittarono gli arrabbiati che assaltarono il giorno dopo il convento di S. Marco. Difeso dai suoi, dopo uno scontro sanguinoso, il frate si consegnò alle autorità cittadine. Si organizzò in tutta fretta un processo-farsa. Anche su pressione degli inviati papali, Savonarola, che fu torturato, venne condannato al rogo per eresia e impostura, assieme a due confratelli fedelissimi. La sentenza venne eseguita il 23 maggio 1498 in piazza della Signoria.
Alla fine del Cinquecento papa Clemente VIII si dichiarò favorevole all’apertura del processo di canonizzazione per Savonarola.
Dopo qualche anno, però, la pratica, che aveva sollevato non poche perplessità, venne congelata.