Giudice dell’esecuzione e spese del processo
Nel 2002 il legislatore, attraverso un testo unico, ha intrapreso un’opera di riorganizzazione e razionalizzazione della materia della riscossione delle spese processuali, tra l’altro, espungendo dal codice di procedura numerose norme che erano ad esse dedicate. Varie, però, le questioni alle quali la nuova disciplina ha dato luogo. Alcune di esse concernono il regime di impugnazione delle liquidazioni delle spese in quanto le diverse disposizioni dedicate alla materia oscillano tra competenze affidate al giudice civile ed altre attribuite a quello penale in un non sempre decifrabile equilibrio. Un recente intervento delle Sezioni Unite in materia non sembra aver dissolto tutte le problematiche.
Ai sensi dell’art. 535 c.p.p. con la sentenza con la quale viene affermata la responsabilità dell’imputato, il giudice pone a carico dello stesso le spese processuali maturate durante la custodia cautelare.
In forza di quanto stabilito poi dall’art. 692 c.p.p., quando l’imputato è condannato a pena detentiva per il reato per il quale fu sottoposto a misura della custodia in carcere sono poste a suo carico le spese per il mantenimento durante il periodo di detenzione.
Analogamente dispone l’art. 592 c.p.p. per quanto concerne le spese nei giudizi di impugnazione. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l’impugnazione, infatti, la parte privata che l’ha proposta è condannata alle spese del procedimento e, nell’ipotesi in cui l’imputato, nel giudizio di impugnazione riporti condanna penale, deve rispondere anche delle spese dei precedenti giudizi anche se conclusisi con sentenza di proscioglimento. Nel caso in cui l’impugnazione sia proposta per gli interessi civili, il regime delle spese è regolato dal principio della soccombenza1.
La previsione, oltre che nel procedimento principale, opera anche in quelli incidentali de libertate2.
Le statuizioni dei provvedimenti che dispongono la condanna alle spese processuali costituiscono delle ‘condanne generiche’ equiparabili a quelle che, in tema di interessi civili, il giudice può emettere ai sensi dell’art. 539 c.p.p. quando le prove acquisite non consentono la liquidazione del danno3.
L’esatta quantificazione delle spese di cui si tratta, infatti, a differenza di quelle in favore della parte civile ex art. 541 c.p.p. o del querelante ex art. 542 c.p.p., che invece sono liquidate dal giudice di cognizione direttamente con la sentenza4, è demandata alla fase esecutiva sulla base di quanto previsto dal d.P.R. 30.5.2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) che ha sensibilmente inciso sulla materia de qua.
Il d.P.R. n. 115/2002 contiene una serie di disposizioni l’esame delle quali solleva varie questioni con riferimento ai rimedi esperibili avverso i provvedimenti con i quali si procede alla liquidazione dell’importo da recuperare.
Ancorché, infatti, l’ufficio competente a curare l’esecuzione delle spese processuali sia costituito presso il giudice dell’esecuzione e svolga compiti integrativi della decisione adottata dal giudice penale, il procedimento di liquidazione è del tutto privo di carattere di giurisdizionalità ed assume natura esclusivamente amministrativa5. L’articolata disciplina concernente le spese processuali, poi, ha lasciato aperta la questione delle forme attraverso le quali possano essere contestati eventuali errori nella quantificazioni delle spese processuali tanto che, sul punto, si è reso necessario un intervento della Corte di cassazione a sezioni unite che, tuttavia, non ha risolto tutte le questioni.
2.1 Le spese processuali
Va premesso che, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 115/2002, le spese processuali – di regola anticipate dall’erario6 ad eccezione di quelle relative agli atti richiesti dalle parti private e di quelle relative alla pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 694, co. 1, c.p.p. e dell’art. 76 d.lgs. 8.6.2001, n. 231 – sono recuperate, in base a quanto si ricava dal combinato disposto degli artt. 205 e 212 d.P.R. n. 115/ 2002, nei confronti di ciascuno condannato7 una volta passata in giudicato o divenuto irrevocabile il provvedimento che costituisce il titolo per la riscossione8.
2.2 Procedimento di riscossione
A differenza delle altre disposizioni contenute nella sentenza di condanna che, ai sensi dell’art. 635 c.p.p., sono eseguite dal pubblico ministero, in base a quanto prevedono gli artt. 208, co. 1, lett. b), e 209, d.P.R. n. 115/2002, sono gli uffici amministrativi aventi sede presso il giudice dell’esecuzione ed in quello presso l’ultimo istituto nel quale il condannato risultava ristretto, rispettivamente per le spese del procedimento e quelle di custodia, ad essere incaricati della gestione delle attività connesse alla riscossione. Ai fini della quantificazione dell’importo dovuto, l’art. 227 bis d.P.R. n. 115/2002 rinvia all’art. 211 in virtù del quale, poi, viene stabilito che il funzionario addetto all’ufficio quantifica l’importo dovuto per le spese sulla base degli atti e dei registri e delle norme che individuano le somme da recuperare.
Si deve ricordare, a tale riguardo, che l’art. 3, co. 2, lett. c), del d.m. 30.9.1989, n. 334 (Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale), statuisce che i fascicoli processuali devono contenere la «distinta delle spese anticipate dall’erario, diverse da quelle per le quali è stabilito il recupero in misura fissa» e che, attraverso tale documento, avviene il computo delle spese da recuperare.
Ai sensi dell’art. 227 ter d.P.R. n. 115/ 2002, entro un mese dalla data della irrevocabilità della sentenza, infatti, l’ufficio competente alla riscossione, dovrà eseguire il computo delle spese sulla base di quanto risulta dalla distinta delle spese redatta nel corso del processo, nonché di quelle fisse stabilite, con riferimento al grado ed al tipo di processo, con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Occorre, inoltre, tenere conto che, in base a quanto dispone l’art. 5 del cit. d.P.R., non tutte le spese possono essere recuperate.
A seconda del tipo di spese, l’art. 205 d.P.R. n. 115/2002, stabilisce, poi, se quelle anticipate e recuperabili debbano essere riscosse per intero (come, ad esempio, quelle per la consulenza tecnica e per la perizia; quelle per la pubblicazione della sentenza penale di condanna; quelle per le spese di demolizione di opere abusive e per la riduzione in pristino dei luoghi) ovvero forfettizzate. Sempre l’ufficio competente per la riscossione individua le spese che sono recuperate nei confronti di ciascun condannato in misura corrispondente alla quota da ciascuno dovuta senza vincolo di solidarietà. Analogamente dovrà procedere l’ufficio liquidazioni presso l’ultimo istituto nel quale il condannato è stato ristretto.
Una volta eseguiti i conteggi, il funzionario addetto all’ufficio emette ordine di pagamento che costituisce il titolo in base al quale la società Equitalia Giustizia s.p.a., con la quale il Ministero della giustizia ha stipulato un’apposita convenzione, procede all’iscrizione a ruolo9.
2.3 Le spese degli ausiliari del giudice
Il procedimento di liquidazione delle spese processuali che, come detto, di regola viene attivato dopo il passaggio in giudicato della sentenza ad opera dell’ufficio presso il giudice dell’esecuzione, subisce una sensibile variazione per quanto concerne le competenze degli ausiliari del giudice.
Sebbene anche in questo caso il recupero dal condannato avvenga nel momento successivo al passaggio in giudicato della sentenza ad opera dell’ufficio competente, ai sensi dell’art. 83 d.P.R. n. 115/2002, ed analogamente a quanto previsto per il difensore ammesso al regime del patrocinio, l’onorario e le spese spettanti all’ausiliario del magistrato ed al consulente tecnico di parte sono liquidati al termine di ciascuna fase o grado del processo ovvero all’atto della cessazione dell’incarico. Inoltre, a differenza di quanto statuito per le spese processuali, alla liquidazione provvede la stessa autorità giudiziaria che ha proceduto con decreto che sostituisce l’ordine di pagamento del funzionario addetto all’ufficio. In maniera pressoché identica dispongono gli artt. 168 e 169 d.P.R. n. 115/2002, rispettivamente con riferimento alle indennità di custodia ed alle spese liquidate in favore delle imprese private o alle strutture tecnico operative del Ministero della difesa che hanno eseguito la demolizione di opere abusive e di riduzione in pristino dei luoghi.
I rimedi esperibili avverso i provvedimenti di liquidazione delle spese processuali mutano a seconda del tipo di spese processuali.
3.1 L’opposizione avverso l’ordine di pagamento del funzionario amministrativo
La quantificazione del debito, che talvolta può comportare delicate operazioni di valutazioni in ordine alla natura delle spese e del modo di computo delle stesse, può determinare contestazione. Come si è visto, non tutte le spese anticipate dallo Stato sono recuperabili e quelle che lo sono possono essere addebitate al condannato in misura diversa (per intero o in misura forfetizzata). Inoltre, come pure evidenziato, le spese devono essere poste a carico di ciascun condannato per quota senza vincolo di solidarietà.
Possono sorgere, ancora, questioni in ordine alla effettiva sussistenza di un titolo idoneo per la riscossione. Presupposto indefettibile per l’attivazione del procedimento, infatti, secondo l’art. 204 d.P.R. n. 115/2002 è l’esistenza di una condanna a tale titolo contenuto in una sentenza o in altro provvedimento divenuto definitivo ed in sede di recupero delle spese possono prospettarsi questioni sulla definitività del titolo analoghe a quelle che potrebbero profilarsi per l’esecuzione delle altre statuizioni penali contenute nella sentenza. Inoltre, va rammentato che ci sono provvedimenti che non comportano condanna alle spese (come, ad esempio, le sentenze di applicazione della pena su richiesta: art. 445, co., 2 c.p.p.; i decreti penali: art. 460, co. 5, c.p.p.10; le sentenze emesse a carico di persona minore degli anni diciotto nel momento in cui ha commesso il fatto: art. 29 d.P.R. 22.9.1989, n. 448) per cui è possibile che possa essere contestata l’esistenza stessa del titolo che funge da presupposto del procedimento di recupero delle spese. Infine, potrebbero sorgere questioni sul soggetto a carico del quale effettuare il recupero delle spese. Sul punto si deve richiamare l’attenzione sul fatto che, ad esempio, nel caso rimessione della querela, le spese del procedimento sono a carico del querelato salvo nell’atto di remissione sia stato diversamente convenuto (art. 340, co. 4, c.p.p).
Ai sensi dell’art 211 d.P.R. n. 115/2002 il funzionario addetto all’ufficio corregge eventuali propri errori, d’ufficio o su istanza di parte, ma con riferimento a ciascuna di tali questioni si pone il problema di individuare le forme del rimedio giurisdizionale esperibile ed il problema è reso ancor più complesso in ragione del fatto che l’art. 299 d.P.R. n. 115/ 2002 ha abrogato l’art. 695 c.p.p. (che statuiva che sulle questioni concernenti le materie delle spese dovesse decidere il giudice dell’esecuzione con le forme di cui all’art. 666 c.p.p.).
Secondo un orientamento giurisprudenziale avallato dalle Sezioni Unite, in base alla disciplina contenuta nel d.P.R. n. 115/2002, le questioni concernenti la quantificazione delle spese operata dall’ufficio competente sulla base della statuizione recata dalla sentenza penale, devono essere trattate con l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c.
Sebbene, infatti, il titolo II bis (introdotto dall’art. 52 del d.l. 25.6.2008, n. 112, conv. in l. 6.8.2008, n. 133 e modificato dall’art. 67 della l. 18.6.2009, n. 69), contenente disposizioni generali concernenti anche le spese di mantenimento in carcere e quelle processuali, nulla disponga con riferimento ai rimedi praticabili, si ritiene operante nella materia de qua l’art. 226 che, a sua volta, estende le garanzie giurisdizionali del d.lgs. 24.2.1999, n. 46 (escludendo l’applicabilità dell’art. 57, co. 1, del d.P.R. 29.9.1973, n. 602). Tale percorso interpretativo, in sostanza, conduce a rendere esperibile il regime dell’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c.11
Va chiarito, però, che non tutte le questioni riguardanti le spese sono attribuite alla cognizione del giudice civile. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza avallata dalla decisione delle Sezioni Unite, infatti, solo le questioni concernenti la quantificazione delle spese operata dall’ufficio competente sulla base della statuizione recata dalla sentenza penale va proposta con le forme ordinarie. Per tutto quanto afferisce il momento della statuizione delle spese, invece, permane la cognizione del giudice dell’esecuzione12.
Sebbene i confini del riparto delle attribuzioni del giudice penale e di quello civile possano apparire sufficientemente tracciati, in pratica la distinzione può non essere agevole.
Più in dettaglio, dalle indicazioni della giurisprudenza della Corte di cassazione si ricava che al giudice civile spettano solo le “controversie” sugli aspetti meramente quantificatori della statuizione penale o la riconducibilità di talune voci al perimetro di applicabilità della condanna nonché le questioni relative alla pertinenza delle singole voci di spesa ai reati a cui si riferisce la condanna qualora esattamente desumibili dalla statuizione contenuta nella decisione del giudice penale.
L’intervento del giudice civile, tuttavia, presuppone che non vi siano dubbi sulla definizione di detto perimetro e si verta soltanto sul concreto rispetto di esso in sede di quantificazione.
Formeranno, pertanto, ancora oggetto di incidente di esecuzione le questioni riguardanti la esistenza di un titolo che consenta il recupero delle spese nonché quelle concernenti la interpretazione dell’esatta definizione del titolo esecutivo13.
3.2 L’opposizione al decreto di pagamento del magistrato
Un rimedio differente è, invece, previsto per contestare il decreto di liquidazione delle spese degli ausiliari emesso dal magistrato ai sensi degli artt. 83, 168 e 169 del d.P.R. n. 115/2002.
In base a quanto dispone l’art. 170 del d.P.R. n. 112/2002, infatti, avverso il decreto a favore del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione che, per effetto di espresso rinvio, si propone con le forme di cui all’art. 15 del d.lgs. 1.9.2011, n. 150, vale a dire con il rito sommario di cognizione con ricorso proposto al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato (o al presidente del tribunale per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale; o al presidente della corte di appello per i provvedimenti emessi da magistrati dell’ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello) e deciso con ordinanza inappellabile.
3.3 Il coordinamento dei procedimenti di opposizione
Sebbene l’actio finium regundorum tra i due rimedi esperibili avverso i provvedimenti di liquidazione appaia nettamente distinguibile, il loro coordinamento dà luogo a talune delicate problematiche.
Poiché le spese relative agli ausiliari del giudice sono liquidate nel corso del processo ma vengono recuperate dopo il passaggio in giudicato della sentenza, si pone la questione di quale sia l’efficacia della liquidazione operata in corso di causa ovvero della decisione adottata all’esito dell’eventuale procedimento di opposizione ed in particolare se, con l’opposizione ex art. 226 d.P.R. n. 115/2002, possano essere contestate le somme liquidate con decreto dell’autorità giudiziaria e ricomprese nell’ordine di pagamento del funzionario addetto all’ufficio riscossione.
Secondo la giurisprudenza, il decreto del magistrato che procede, ai sensi dell’art. 168 del d.P.R. n. 115/ 2002, nella parte in cui pone il pagamento a carico di una o più parti, avrebbe carattere interinale e provvisorio, in quanto destinata a venir meno con la sentenza emessa all’esito del giudizio, sicché sarebbe inammissibile il ricorso per cassazione contro l’ordinanza sull’opposizione ex art. 170 qualora i motivi d’impugnazione attengano all’individuazione della parte tenuta al pagamento della somma liquidata dal giudice14.
Sebbene il principio, avuto riguardo alla specifica fattispecie considerata, possa apparire condivisibile, il coordinamento della procedura di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice con quella delle spese giudiziarie sembra far ritenere che, qualora regolarmente notificato, la parte che intenda contestare il decreto del magistrato che procede debba proporre opposizione ai sensi dell’art. 170. In sostanza, una volta divenuto definitivo, la parte alla quale il decreto è stato liquidato non potrà più reclamare la liquidazione allorquando, con il passaggio in giudicato della sentenza, l’ufficio competente attivi il procedimento di riscossione.
1 In sede di legittimità, però, l’annullamento con rinvio al giudice a quo, implica che la parte civile potrà far valere le proprie pretese concernenti la rifusione delle spese, durante l’ulteriore iter processuale, in cui il giudice di merito accerterà l’eventuale sussistenza, a carico dell’imputato, di siffatto obbligo: così, Cass. pen., 19.1.2012, n. 17770.
2 Cfr. Cass. pen., 16.6.1997, n. 1547.
3 Qualora il giudice non abbia provveduto in merito alle spese, la sentenza può essere rettificata ai sensi del combinato disposto degli artt. 535, co. 3, e 130 c.p.p., con la procedura degli errori materiali.
4 L’art. 153 disp. att. c.p.p., infatti, statuisce che agli effetti degli artt. 541, co. 1, c.p.p. le spese sono liquidate dal giudice sulla base della nota spese che la parte civile presenta al più tardi insieme alle conclusioni ex art. 523 c.p.p.
5 Così, Cimadomo, D., Spese di giustizia, in Spangher, G., Codice di procedura penale, Milano, 2008, 897.
6 Rileva Tonini, P., Manuale di procedura penale, Milano, 2012, 968, come in base al principio per cui l’imputato non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva le spese vengono anticipate dallo Stato.
7 Si ricorda che l’art. 67, co. 2, lett. b), l. 18.6.2009, n. 69, nell’abrogare il co. 2 dell’art. 535 c.p.p., ha eliminato il vincolo di solidarietà tra condannati per lo stesso reato o per reati connessi.
8 Anche la condanna alle spese processuali relative al procedimento incidentale di riesame non costituisce titolo autonomo, suscettibile di immediata esecuzione (cfr. Cass., 30.10.1998, n. 3399).
9 Si tratta della convenzione 23.9.2010 stipulata ai sensi degli artt. 1, co. 367, l. 24.12.2007, n. 244 e 227 bis d.P.R. n. 115/2002.
10 Si ricorda, però che l’art. 204 c.p.p., nel caso dei citati provvedimenti, statuisce che si proceda al recupero delle spese di custodia dei beni sequestrati e delle spese di mantenimento.
11 Cass. pen., 23.3.2007, n. 16721; Cass. pen., 11.11.2008, n. 44079; Cass. pen., 2.12.2008, n. 45773; Cass. pen., 7.4.2011, n. 30569.
12 Cass. pen., S.U., 29.9.2011, n. 491.
13 Nell’ipotesi in cui il condannato erroneamente instauri con le forme dell’incidente di esecuzione il procedimento per far accertare l’insussistenza delle obbligazioni al pagamento dovrà dichiarare il non luogo a procedere con decisione che, comunque, non pregiudicherà la successiva domanda da proporre al giudice civile. Così Cass., S.U., n. 491/2011.
14 Cass., 4.5.2012, n. 6766; conf. Cass., 11.1.2012, n. 179.