ARGAN, Giulio Carlo
Nacque a Torino il 17 maggio 1909 da Valerio, economo del Manicomio provinciale di via Giulio, e Libera Paola Roncaroli, maestra elementare. Aveva una sorella maggiore, Serafina. Il cognome è di origine ginevrina (Argand) ma già nell’Ottocento la famiglia risiedeva stabilmente in Piemonte.
Il lavoro paterno comportava che la famiglia alloggiasse all’interno della struttura manicomiale; il contatto quotidiano con la follia e il rapporto con i medici sono stati indicati dallo stesso Argan come spinta a sviluppare un protettivo e rigoroso razionalismo. Gli anni dell’infanzia coincidono con il contesto drammatico della prima guerra mondiale; nel 1915-19 frequentò le scuole elementari De Amicis e Sclopis, coltivando una forte passione per il disegno che l’avrebbe indirizzato verso una breve carriera di pittore e illustratore; leggendo Charles Darwin si allontanò dalla forte religiosità della famiglia mentre i libri di Jean-Henri Fabre gli fecero nascere la passione per l’osservazione della vita degli insetti. Negli anni 1919-24 fu iscritto al ginnasio del liceo Cavour ed ebbe come compagni Albino Galvano (con cui iniziò a dipingere), Fernando De Rosa (poi morto nella guerra di Spagna) e per un breve periodo Mario Sturani, già amico di Cesare Pavese e abilissimo pittore, che condivise con Argan anche la passione entomologica; su sua emulazione tentò di entrare da privatista all’Accademia Albertina: non fu ammesso ma iniziò a frequentare i pittori Luigi Onetti e Venanzio Zolla. Proseguì gli studi al liceo classico Cavour (1924-27), dove ebbe Giusta Nicco (allieva di Lionello Venturi) come docente di storia dell’arte, e da un fratello del padre fu iniziato alla lettura dei testi di Benedetto Croce. Il principale interesse rimase però la pittura; nel 1926 riuscì a partecipare alla LXXXIV Esposizione nazionale della Società promotrice di belle arti di Torino, grazie al giudizio positivo di Felice Casorati, del quale iniziò a frequentare la vivace scuola di pittura. Nel 1926-27 collaborò come illustratore alla rivista per ragazzi Cuor d’oro e frequentò lo studio di Fillia (Luigi Colombo), capofila del secondo futurismo torinese e aperto alle esperienze internazionali dell’architettura razionale e dei movimenti d’avanguardia.
Nel 1927 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, ma passando a lettere dopo aver seguito una lezione di Lionello Venturi su Manet. Importanti furono anche i docenti di archeologia Goffredo Bendinelli e di egittologia Giulio Farina, nonché quelli delle materie letterarie, storiche e filosofiche: Vittorio Cian, Pietro Egidi, Francesco Lemmi, Erminio Juvalta, Ferdinando Neri, Arturo Farinelli, Annibale Pastore. Alla formazione universitaria si affiancava la frequentazione del gruppo di giovani riunito attorno ad Augusto Monti: Franco Antonicelli, Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Enzo Monferini, Arnaldo Momigliano, Massimo Mila, che si incontravano al caffè Rattazzi o nello studio di Sturani. Frequentò inoltre Giacomo Debenedetti, Carlo Levi e, tra i compagni storici dell’arte, Anna Maria Brizio, Mario Soldati e Aldo Bertini. Più di tutti fu però determinante il magistero di Lionello Venturi, negli anni cruciali di approfondimento metodologico e militanza critica che vanno dal Gusto dei primitivi del 1926 ai Pretesti di critica del 1929, anni del sodalizio col mecenate Riccardo Gualino (che permise ad Argan di vedere gli spettacoli del teatro di Torino, con scene di Braque e Matisse) e di dure polemiche contro i futuristi e contro Ugo Ojetti, che si conclusero con il rifiuto del giuramento universitario fascista e l’emigrazione in Francia. L’ultima tesi discussa da Venturi fu appunto quella di Argan: La teoria di architettura di Sebastiano Serlio (13 giugno 1931). Già prima della tesi avvenne però l’esordio critico con due articoli che trattavano questioni teoriche dell’architettura antica e moderna, attraverso la storia della critica come storia dei giudizi che individuano il “gusto” dell’artista situandone l’opera in uno specifico Kunstwollen e insieme recuperando elementi eteronomi rispetto all’idea crociana di arte-poesia. Il primo di tali scritti nacque come esercitazione seminariale sulla lettura cromatica e anticlassica di Palladio; il testo, pubblicato da Venturi a insaputa dello studente col titolo Andrea Palladio e la critica neo-classica (in L’Arte, 1930, n. 4, pp. 327-346) fu letto da Erwin Panofsky che, di passaggio a Torino, volle conoscere il giovane studioso, instaurando un legame intellettuale che lo avrebbe poi avvicinato agli studi iconologici.
Il secondo articolo, Il pensiero critico di Antonio Sant’Elia (ibid., n. 5, pp. 491-498), fu scritto in seguito alle polemiche di Venturi con i futuristi, dimostrando quel simultaneo interesse per i fatti del passato e del presente destinato a rimanere una peculiarità di tutta l’attività critica di Argan. Significative furono le prime collaborazioni a riviste come La Rassegna musicale di Guido M. Gatti, La Nuova Italia di Luigi Russo e soprattutto La Cultura, che dopo la morte di Cesare De Lollis e la chiusura de Il Baretti, era diventata il punto di riferimento degli intellettuali torinesi.
Conseguita la laurea, ottenne una borsa del Rotary Club di Torino e nel dicembre 1931 vinse la borsa per la Scuola di perfezionamento in storia dell’arte a Roma, dove entrò in contatto con Adolfo Venturi e Pietro Toesca, del quale divenne assistente volontario (fu inoltre chiamato a collaborare alla Enciclopedia Italiana ed ebbe modo di seguire alcune lezioni di Giovanni Gentile). Durante il perfezionamento, abbandonato nel 1933, Argan strinse amicizia con colleghi di corso come Rodolfo Pallucchini, Carlo Ludovico Ragghianti e Palma Bucarelli, frequentò la biblioteca di Palazzo Venezia, dove conobbe Corrado Ricci e Valerio Mariani, e la Biblioteca Hertziana, dove strinse amicizia con importanti studiosi tedeschi come Richard Krautheimer, Ludwig Heinrich Heydenreich e Rudolf Wittkower; con questi ultimi concordò la stesura di recensioni molto critiche ai libri di professori legati al nazismo e fascismo: Argan stroncò il volume di Albert Eric Brinckmann sull’architettura barocca piemontese, dando vita a una dura polemica in Zeitschrift für Kunstgeschichte. Importanti furono anche i viaggi di studio, da quello a Siena dove conobbe Cesare Brandi, a quello in Val d’Ossola con l’incarico di redigere schede di catalogazione, all’itinerario europeo che lo portò per due mesi a Parigi e Londra. Nella capitale francese rivide il fuoriuscito Lionello Venturi, mentre sul giovane fu aperto un fascicolo della polizia politica per le sospette frequentazioni antifasciste.
Nel 1932 ottenne l’abilitazione per l’insegnamento della storia dell’arte negli istituti medi di istruzione e nel 1934 conseguì anche la libera docenza per tenere corsi all’Università. Tra le collaborazioni più significative va citata quella a Casabella, iniziata nel 1933 con l’articolo Punti di partenza della nuova architettura, chiesto da Giuseppe Pagano ed Edoardo Persico dopo l’intervento di Venturi Per l’architettura nuova: l’architettura moderna andava intesa oltre i limiti dello standard di Le Corbusier e in sintonia con le conquiste dell’impressionismo.
Nel luglio 1933 Argan vinse il concorso per ispettore aggiunto, con destinazione la Soprintendenza all’Arte medioevale e moderna di Torino e incarico presso la Galleria Sabauda, dove restò solo da agosto a ottobre. L’incarico fu interrotto per il servizio militare (ridotto a sei mesi), durante il quale fu trasferito a Trento per sospetto antifascismo, ma la destinazione fu poi commutata in Modena; diresse la Galleria Estense dall’agosto 1934 al marzo 1935, portando avanti progetti di riordino delle collezioni e piani di protezione in caso di attacco aereo; importante fu anche la precoce sperimentazione di radiografie per la conoscenza e il restauro dei dipinti. Oltre a insegnare nel liceo di Modena, Argan continuò la sua produzione editoriale, accettando incarichi per opere divulgative come il Grande dizionario enciclopedico della Utet e i due volumetti della serie Nemi sull’architettura preromanica e romanica e sull’architettura del Duecento e Trecento (usciti nel 1936-37); riprese anche la collaborazione a La Cultura, rilevata dal giovane Giulio Einaudi e fatta chiudere poco dopo dal regime.
La rapida carriera nell’Amministrazione proseguì con il trasferimento presso la Soprintendenza alle Gallerie di Roma e nell’agosto 1935 con la promozione al grado di ispettore. L’anno successivo il ministro dell’Educazione nazionale Cesare Maria De Vecchi, cui lo legavano conoscenze torinesi, lo fece promuovere provveditore agli Studi, con sede ad Alessandria, dove restò da giugno a settembre 1936; infine fu nominato soprintendente di 2ª classe e di nuovo comandato a Roma, dove entrò alle dipendenze del direttore generale delle Antichità e belle arti Marino Lazzari sotto il nuovo ministro Giuseppe Bottai, del quale fu uno fra i collaboratori più impegnati nella serie di riforme legislative e dell’assetto amministrativo della tutela. Il 15 agosto 1938 fu nominato ispettore centrale di 2ª classe e contemporaneamente assunse il ruolo di segretario di redazione di Le Arti, rivista ufficiale della Direzione generale delle Arti, nata dalla soppressione del Bollettino d’arte. Nella rivista trovarono spazio i suoi interventi a sostegno di artisti contemporanei (Carlo Carrà, Arturo Tosi, Lucio Fontana) e intorno al dibattito sulla città e l’architettura razionale (in particolare con il saggio sull’urbanistica del 1939). Del resto proseguiva anche la sua collaborazione a Casabella, che Giuseppe Pagano indirizzava su posizioni sempre più ostili alla retorica imperiale; il legame con la rivista si fece strettissimo dopo l’incontro con la redattrice Anna Maria Mazzucchelli, con cui Argan si unì in matrimonio a Milano il 28 dicembre 1939 e dalla quale ebbe l’anno successivo la figlia Paola.
Sui primi due numeri di Le Arti comparvero anche gli atti del convegno dei soprintendenti (4-6 luglio 1938), per il quale aveva steso la relazione Restauro delle opere d’arte. Progettata istituzione di un Gabinetto centrale del restauro, progetto accolto da Bottai e realizzato in collaborazione con Roberto Longhi e poi, soprattutto, con Cesare Brandi, proposto dallo stesso Argan come direttore dell’Istituto centrale del restauro (ICR). Tra i numerosi incarichi come funzionario vanno ricordati anche il viaggio negli Stati Uniti per accompagnare la mostra itinerante degli antichi capolavori italiani (1939) e la direzione del nuovo Ufficio per l’arte contemporanea (1940). Significativa fu la sua presenza nelle giurie dei due premi per gli artisti voluti nel 1939 da Roberto Farinacci a Cremona e da Bottai a Bergamo: se nella prima compariva come inviato ministeriale e si dissociava dalle posizioni reazionarie sostenute da Ugo Ojetti, nella seconda era diretta espressione del ministro e delle aperture verso tendenze più moderne ed espressionistiche (come Filippo De Pisis, sul quale scrisse un articolo in Primato). Alla giuria del premio Bergamo partecipò anche l’anno successivo, contribuendo alla premiazione di Mario Mafai e Renato Guttuso. Al ruolo ufficiale nell’Amministrazione si accompagnava una costante azione di fronda, come dimostra il legame con l’ambiente artistico milanese della rivista Corrente e la protezione di amici ebrei dopo le leggi raziali.
Nel frattempo proseguiva l’impegno sui temi della scuola e dell’educazione: dal 1936 tenne corsi di storia dell’arte presso l’Università di Roma e dal 1941 all’Istituto italiano di studi germanici; nel 1937-38 pubblicò il secondo e il terzo volume di una Storia dell’arte per i licei, stampata dall’editore Perrella e firmata in collaborazione con l’archeologo Pirro Marconi; su problemi didattici scrisse vari saggi come Educazione artistica (1938), Le università e la cultura (per l’inchiesta di Primato del 1941), L’insegnamento della storia dell’arte nel liceo classico (1942, in concomitanza con la nuova Carta della Scuola). Le sue riflessioni critiche si rivolsero in particolare all’opera di Caravaggio, con la stesura di alcuni articoli e di una monografia, terminata nel 1943 e rimasta dattiloscritta.
I drammatici eventi del 1943-44 lo videro protagonista, insieme a un gruppo di funzionari delle Belle Arti, nel recupero e nel salvataggio delle opere d’arte, convogliate da varie sedi dell’Italia centrale, che Argan (destituito dopo l’8 settembre) riuscì a far trasferire in Vaticano.
Dall’immediato dopoguerra alla nomina a sindaco di Roma nel 1976, Argan continuò a occuparsi di tutela e valorizzazione dei beni culturali, di ricerca storica e divulgazione, di militanza critica a sostegno delle correnti artistiche più avanzate. La vastità e la complessità della sua azione si basava su una unità di fondo della metodologia e su una visione programmatica che era insieme storica, critica, politica e sociale.
Fino al 1955 proseguì il suo lavoro alla Direzione generale delle Antichità e belle arti, occupandosi in particolare di questioni di conservazione e restauro, di esposizioni didattiche, di temi museologici e del rinnovamento della progettazione museografica, del riordino gestionale e dell’innovazione nei sistemi di catalogazione, spesso svolgendo un ruolo in ambito di iniziative internazionali (come per l’ICOM e l’UNESCO); anche dopo l’uscita dall’Amministrazione continuò il suo impegno in difesa del patrimonio artistico, con la lunga permanenza nel Consiglio superiore delle Antichità e belle arti: nel 1958-62 nella sezione II (Arte medievale e moderna), nel 1962-66 nella sezione IV (Arti figurative contemporanee e relative scuole), poi di nuovo nella sezione II per due mandati fino al 1975; un ruolo che sarebbe infine confluito nel diretto impegno politico dell’esperienza di sindaco e senatore.
Nel settore dell’insegnamento, dopo il ritorno di Lionello Venturi nel 1945, gli fu affidato il corso di storia della critica d’arte al perfezionamento dell'Università di Roma «La Sapienza», mentre nel 1947 fu invitato a tenere lezioni presso il Warburg Institute di Londra (instaurando un legame dalle importanti ricadute metodologiche); tenne per molti anni dei corsi presso l’Università per stranieri di Perugia e conferenze presso numerose istituzioni culturali in Italia e all’estero; infine nel 1955 vinse il concorso per la cattedra universitaria di Palermo, passando poi a quella di Roma nel 1959; sul piano internazionale non va dimenticata la sua costante presenza ai corsi della Fondazione Cini di Venezia e ai convegni del Comité international d’histoire de l’art (del quale fu membro per l’Italia dal 1958, nonché eletto presidente nel 1979). L’attività didattica si collegava del resto alle riflessioni sulla funzione educativa dell’arte, che trovavano una sintesi nell’introduzione al libro di Herbert Read, Educare con l’arte, tradotto dallo stesso Argan per volere di Adriano Olivetti e pubblicato nelle Edizioni di Comunità nel 1954.
Per tutti gli anni Cinquanta uscirono numerosi saggi e libri di storia dell’arte rinascimentale e barocca (Borromini, Milano 1952; Brunelleschi, Milano 1955; Fra’ Angelico, Milano-Génève 1955; Botticelli , Milano-Génève 1957; L’architettura barocca in Italia, Milano 1957) che rileggevano l’arte e l’architettura in chiave non esclusivamente formalistica, attraverso una rivalutazione del nesso tecnica-ideologia e delle componenti concettuali, iconologiche e sociologiche dell’immagine. In questo processo di superamento del crocianesimo, Argan attingeva a vaste letture filosofiche di orientamento fenomenologico ed esistenzialista (da Edmund Husserl a Maurice Merleau-Ponty), non senza integrazioni con certo marxismo gramsciano, con l’empirismo americano, poi con la semiotica e lo strutturalismo; ma soprattutto vanno ricordate le meditazioni sui testi di John Dewey e Henri Bergson, nonché i legami diretti con filosofi italiani come Enzo Paci, Luciano Anceschi, Rosario Assunto.
Il definitivo superamento dell’idealismo e del formalismo "purovisibilista" si compie negli anni Sessanta, con la discussione delle teorie sociologiche sull’arte e la città: il campo fenomenico dell’arte non andava limitato ai capolavori o ad alcune categorie di oggetti, era l’intera città che racchiudeva, nella sua estensione stratigrafica nello spazio e nel tempo, la totalità dei contesti e l’intera storia del lavoro. Tali riflessioni trovarono diretta applicazione nelle nuove interpretazioni dell’arte barocca in chiave retorica, nel volume L’Europa delle capitali (Génève 1964), o nella rivalutazione della pittura inglese dell’Illuminismo, dell’arte neoclassica e dell’opera di Antonio Canova, attraverso conferenze e corsi universitari tenuti tra il 1964 e il 1969; infine confluirono nel saggio La storia dell’arte, scritto nel 1969 per il primo numero di Storia dell’arte e considerato il suo più ampio testo programmatico e metodologico.
Argan incentrava il metodo sulla storia delle poetiche, o meglio sullo studio delle possibili relazioni tra le cose che costituiscono la storia dell’arte e le idee che costituiscono la storia del pensiero. L’interpretazione dell’arte costituiva una “storia speciale” all’interno della storia generale, civile e politica; una posizione debitrice verso studiosi come Max Weber (si può dire anzi che Argan passi dallo storicismo crociano della sua formazione allo storicismo weberiano del dopoguerra): l’arte è insieme “determinata e determinante”, la storia dell’arte non si può fare senza inserirla nella storia sociale, ma di questa storia non costituisce un riflesso bensì un agente di trasformazione. Così, la costruzione teologica dell’Angelico, quella neoplatonica di Botticelli, l’abilità persuasiva degli artisti barocchi o l’idealizzazione classica canoviana sono sempre operazioni in cui l’artista elabora una specifica cultura e facendo cultura trasforma la società e contribuisce a costruire i caratteri di una civiltà. A questa linea interpretativa, che ha anche suscitato aspre critiche e contrapposizioni di schieramenti, si deve lo straordinario successo del suo manuale per i licei: i tre volumi della Storia dell’arte italiana usciti per Sansoni (Firenze 1968), seguiti, sempre per lo stesso editore, da L’arte moderna 1770-1970 (Firenze 1970), che per oltre due decenni sono stati il più diffuso manuale scolastico di storia dell’arte (fino al 1985 erano state vendute tre milioni e mezzo di copie, senza contare le edizioni da libreria e quelle a fascicoli poi uscite in edicola).
Non meno decisivo fu il ruolo occupato da Argan nella militanza per l’arte e per l’architettura “moderne”: dalla pubblicazione di importanti monografie (Henry Moore, Torino 1948; Walter Gropius e la Bauhaus, Torino 1951; Scultura di Picasso, Venezia 1953; Pier Luigi Nervi, Milano 1954; Marcel Breuer, Milano 1957, Ignazio Gardella, Milano 1959), ai numerosi saggi e articoli che portarono al centro del dibattito critico la difesa dell’arte astratta e poi al suo superamento (in particolare gli studi su Mondrian e le introduzioni agli scritti di Klee), senza dimenticare il ruolo nel dibattito sull’industrial design e sulle questioni urbanistiche, in particolare attraverso la collaborazione con Adriano Olivetti e il progetto di Comunità. La sua militanza si esplicava inoltre nella partecipazione a giurie per premi e nell’organizzazione di mostre in esposizioni nazionali e internazionali (a partire dalle Biennali di Venezia e dalle Triennali di Milano) e soprattutto attraverso il sodalizio con la Galleria nazionale d’arte moderna diretta da Palma Bucarelli; intensa fu l’attività di collegamento con la situazione artistica degli altri Paesi (spesso promuovendo la libertà di ricerca degli artisti in contesti di repressione come in Spagna, nei Paesi comunisti e in Sudamerica), tramite l’Associazione internazionale dei critici d’arte (AICA), della quale fu presidente della sezione italiana e poi presidente internazionale dal 1963 al 1966.
Continuativa fu la presentazione degli artisti italiani nelle mostre personali e collettive, in cataloghi e libri: nello scorcio degli anni Quaranta scriveva su Mario Mafai, Giuseppe Capogrossi, Giorgio Morandi, Enrico Paulucci, Renato Birolli, Arturo Martini, Roberto Melli, Giacomo Manzù; poi dalla metà degli anni Cinquanta su Afro, Mirko, Giuseppe Santomaso, Alberto Viani, Pietro Consagra, Antonio Corpora, Albino Galvano, Leoncillo, Emilio Vedova, Umberto Mastroianni, Alberto Burri, Piero Dorazio, Ettore Colla, Lucio Fontana, Francesco Somaini, Arnaldo e Giò Pomodoro; seguì poi negli anni Sessanta il sostegno a formazioni come il Gruppo 1 e alle generazioni più giovani, continuando a scrivere anche su molti degli artisti ricordati, come nelle monografie su Capogrossi (Roma 1967) e su Mastroianni (Cuneo 1971). Ma più che attraverso i singoli artisti, è sostenendo movimenti, correnti e gruppi che Argan vedeva la funzione militante del critico e il contributo dell’arte per recuperare un rapporto con la società, cioè una funzione progettuale ed educativa, che contribuisse a una radicale riforma delle strutture della scuola e del museo: dal sostegno alle correnti neoespressioniste (prima e dopo la guerra) e neocubiste (1945-50), passò a quelle astratte o astratto-concrete (1948-58) e informali (1956-62); poi, dal 1962-63, appoggiò e teorizzò le correnti neo-costruttivistiche, da lui ribattezzate gestaltiche (anche attraverso gli annuali convegni di Verucchio, presieduti dal 1963 al 1970).
Alla critica operativa sull’arte programmata e di gruppo si affiancarono vari interventi, spesso polemici, nei confronti delle correnti opposte della Pop Art, del New Dada, del Nouveau Realisme, dell’arte di reportage e poi dell’Arte povera. Proprio con la stroncatura della Pop Art nel 1964 (che segue i precedenti giudizi negativi su Dadaismo, Metafisica, Surrealismo) e poi soprattutto con l’ostilità al ritorno della figurazione, all’Iperrealismo fino al Postmoderno, le posizioni di Argan si fecero sempre più sfiduciate sul futuro dell’arte; dal 1963 riprese la teoria hegeliana della morte dell’arte per portarla a ben altre conseguenze sul piano della contestazione della società di massa. La fine della diretta militanza, messa in crisi anche dai moti sessantotteschi, trovava un primo sbocco nell’elaborazione di saggi (tra il 1969 e il 1975) di grande portata metodologica e critica in difesa della storia e delle scienze umane-umanistiche, contro uno scientismo acritico e dogmatico asservito all’industria, al capitale, al potere di posizioni filosofico-politiche reazionarie e irrazionalistiche, per approdare infine nella diretta militanza politica.
La vasta e ramificata produzione critica di Argan rende impossibile sintetizzare l’incisiva azione di intellettuale da lui svolta nella cultura italiana del dopoguerra: è sufficiente citare alcune delle tante riviste cui collaborò, da La Nuova Europa di Luigi Salvatorelli a Il Politecnico di Elio Vittorini, da Belfagor di Luigi Russo a Letteratura di Alessandro Bonsanti, da L’immagine di Cesare Brandi a Società di Ranuccio Bianchi Bandinelli, da Comunità di Adriano Olivetti a Civiltà della macchine di Leonardo Sinisgalli, da Aut aut di Enzo Paci a il Verri di Luciano Anceschi, da Casabella-Continuità di Ernesto Nathan Rogers a L’Architettura di Bruno Zevi, e ancora Metron, Ulisse, La Biennale di Venezia, La casa, L’Europa letteraria, fino a riviste internazionali come Les Arts Plastiques, Museum, The Burlington Magazine, Quadrum, Zodiac, XXe siècle.
Accanto alle collaborazioni va poi ricordato l’impegno più esplicito che lo vide membro dei comitati scientifici di numerose fra le riviste citate (fino alla fondazione della sua rivista Storia dell’arte nel 1969), come direttore di collane ed enciclopedie (determinante fu il suo ruolo nell’organizzazione della Enciclopedia universale dell’arte, a partire dal 1955) o come consulente di case editrici (in particolare della Einaudi per tutti gli anni Cinquanta e per il Saggiatore di Alberto Mondadori dal 1958 al 1964). L’impegno per la diffusione della cultura e l’intervento nel dibattito critico e politico si manifestò anche nella collaborazione con settimanali e quotidiani, dopo alcuni articoli sull’Avanti! nel 1960-63, ebbero grande visibilità gli elzeviri sul Messaggero nel 1962-64, mentre più saltuaria fu la presenza sul Corriere della sera dal 1974 e poi soprattutto, con l’intensificarsi dell’impegno politico negli anni Ottanta, l’ampia collaborazione a L’Unità; per molti anni curò la rubrica artistica de L’Espresso (1974-86) ma non vanno dimenticati gli interventi radiofonici e televisivi che si susseguirono in modo non sistematico a partire dalla fine degli anni Cinquanta.
Se negli anni del regime non era emersa una particolare fisionomia politica di Argan (a parte una giovanile infatuazione e poi una certa ostilità, soprattutto di taglio culturale, verso il fascismo, pur avendo scelto di stare dentro le istituzioni), durante la seconda guerra mondiale maturò un avvicinamento a posizioni di sinistra, ma sempre in chiave critica, in particolare verso la condanna comunista nei confronti dell’arte astratta. L’orientamento socialista, meno dogmatico della linea filosovietica togliattiana, si chiarì pubblicamente durante la campagna elettorale del 1960 quando apparve un suo articolo nell’Avanti! in cui invitava a votare Partito socialista italiano (PSI); ancora più esplicita divenne la sua adesione alle posizioni di Pietro Nenni nel marzo 1963, quando fu candidato alla Camera dei deputati nelle liste socialiste. Un paio di anni dopo, però, si consumò la rottura sulle scelte del centro-sinistra in merito alla riforma della Scuola e Argan aderì alla sinistra indipendente di Ferruccio Parri (lo testimonia anche la collaborazione alla rivista da lui diretta L’Astrolabio).
Dopo un grave infarto nel 1975 e una lunga convalescenza, Argan decise di accettare la candidatura come “indipendente” nelle elezioni al Comune di Roma dell’estate 1976; la ricerca di una soluzione tra DC e PCI per concordare il primo sindaco non democristiano del dopoguerra si concentrò sull’autorevolezza del suo nome e così, superando non poche reticenze, il 9 agosto fu eletto sindaco di Roma. I tre anni del suo impegno per la Capitale, interrotto per ragioni di salute nel settembre 1979, si collocarono in un momento particolarmente difficile e violento dello scontro politico, che ebbe il suo apice nel rapimento di Aldo Moro. Molto importante fu il dialogo con la Chiesa, in particolare con Paolo VI (Argan fece in tempo a incontrare anche i due pontefici successivi), pur convenendo nella necessità di tenere distinte la sfera laica da quella religiosa. Una fra le principali battaglie come primo cittadino fu rivolta alla lotta contro l’abusivismo edilizio e a risolvere i problemi delle borgate, in particolare cercando di riallacciare la vita delle periferie con la ripresa di attività culturali in tutta la città; in questa azione ebbe particolare successo l’avvio delle “estati romane” promosse dal giovane assessore Renato Nicolini; sul piano culturale Argan investì in iniziative di respiro internazionale (mostre, rassegne, spettacoli), sul recupero del centro storico e dell’area archeologica (anche attraverso la pedonalizzazione), sulla rete di biblioteche pubbliche comunali.
Al momento delle dimissioni la sua azione fu proseguita da Luigi Petroselli e solo in quel momento Argan dichiarò di volersi iscrivere al Partito comunista italiano (PCI), continuando a intervenire con articoli o in dibattiti ma senza un ruolo ufficiale. Nel giugno 1983, però, Berlinguer gli chiese di candidarsi alle elezioni politiche e Argan divenne senatore per la IX Legislatura, venendo poi rieletto nella X Legislatura e rimanendo in carica fino al marzo 1992. Nei suoi interventi, riuniti nei volumi Dodici leggi per i Beni Culturali (Roma 1992) e Discorsi parlamentari (Roma 1994) emerge con determinazione la difesa del patrimonio artistico e la necessità di riforma delle leggi di tutela, dapprima attraverso azioni correttive e poi in un complessivo progetto di riorganizzazione (nel disegno di legge del 1989, scritto con Giuseppe Chiarante) che puntava a un maggiore collegamento col mondo della scuola e dell’Università. Nel 1991 fondò con Chiarante l’Associazione Bianchi Bandinelli, finalizzata a promuovere il dialogo e la cooperazione tra gli ambienti della ricerca e quelli della tutela. L’impegno politico e il prestigio dello studioso si intensificarono soprattutto negli ultimi due anni di vita quando il Partito democratico della Sinistra (PDS) gli affidò l’incarico di “ministro” dei beni culturali e ambientali nel cosiddetto "governo ombra” (1991-92).
Frattanto, negli anni Ottanta, non aveva rallentato la parallela attività di studioso, attraverso conferenze, saggi, articoli e la lunga gestazione del suo ultimo libro, Michelangelo architetto, scritto con Bruno Contardi e uscito per Electa (Milano 1990). Di particolare importanza fu la nomina a presidente della casa editrice Einaudi nel 1987 voluta da Giulio Einaudi in un momento particolarmente difficile per l’azienda.
Non mancarono numerosi riconoscimenti pubblici, che del resto erano iniziati sin dal 1959 con il conferimento da parte dell’Accademia nazionale dei Lincei del “premio Antonio Feltrinelli per la critica dell’arte” (congiuntamente a Cesare Brandi); nel 1967 aveva vinto il XIV premio europeo Cortina-Ulisse (per il volume Progetto e destino, Milano 1965); nel 1976 era stato insignito con la Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte; nel 1983 gli era stato conferito il titolo di professore emerito alla «Sapienza» di Roma. Numerosi furono anche i riconoscimenti da parte di istituzioni italiane e straniere, come la nomina ad accademico dei Lincei, di San Luca, delle Scienze di Torino, del Belgio. Ma più di tutti i titoli onorifici ad Argan piaceva la definizione che il presidente Sandro Pertini formulò in occasione della donazione alla Sapienza della sua biblioteca di studioso (oggi a lui intitolata): aveva capovolto un diffuso tipo di reato, praticando «interesse pubblico in atto privato».
Morì a Roma l’11 novembre 1992.
Le sue più ampie raccolte di scritti sono: Studi e note, Roma 1955; Salvezza e caduta nell’arte moderna, Milano 1964; Progetto e destino, MIlano 1965; Occasioni di critica, a cura di B. Contardi, Roma 1981, Storia dell’arte come storia della città, a cura di Id., Roma 1983; i tre volumi delle “Opere” Feltrinelli: Da Hogarth a Picasso; Classico Anticlassico; Immagine e persuasione, Milano rispett. 1983, 1984 e 1986. Importanti sono anche le riedizioni e le raccolte recenti: Progetto e oggetto. Scritti sul design, a cura di C. Gamba, Milano 2003; L’Europa delle capitali (1600-1700), introd. di C. Gamba, Milano 2004; Promozione delle arti, critica delle forme, tutela delle opere. Scritti militanti e rari (1930-1942), a cura di C. Gamba, Milano 2009; Walter Gropius e la Bauhaus, con introd. di M. Biraghi, Torino 2010.
Per la bibliografia degli scritti di e su Argan si rimanda a Settant’anni di studi. Bibliografia completa degli scritti di Giulio Carlo Argan e dei contributi critici a lui dedicati, a cura di I. Buonazia con la collab. di C. Gamba - C. Stoppani, in G.C. Argan, Storia dell’arte italiana, Milano 2002, pp. XXXV-XCVI (preceduta da un saggio di M. di Macco). Per ulteriori dati bio-bibliografici si vedano: G.C. A. (1909-1992). Storico dell’arte, critico militante, sindaco di Roma, (catal.) a cura di C. Gamba, Roma 2003; G.C. A. intellettuale e storico dell’arte, a cura di C. Gamba, Milano 2012, cui si rimanda anche per una più estesa bibliografia recente. Imprescindibili fonti delle ricerche sono i materiali conservati in Roma, nell’archivio privato di Giulio Carlo Argan; cfr. C. Gamba - K. Quinci, in Studi di Memofonte, VI (2011), pp. 121-132, 133-157.
Si vedano inoltre: Il pensiero critico di G.C. A., Roma 1985; Per G.C. A. 1-2, in Arte Documento, vol. 6 (1992) e vol. 7 (1993); Commemorazione di G.C. A., in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, s. 9, V (1994), pp. 357-387; M. Perelman - I. Buonazia, G.C. A. (1909-1992). Historien de l’art et maire de Rome, Paris 1999; G.C. A.: storia dell’arte e politica dei beni culturali, a cura di G. Chiarante, in Annali dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, 2002, n. 12; Rileggere A.: l’uomo, lo storico dell’arte, il didatta, il politico, Atti del convegno… 2002, a cura di M. Lorandi - O. Pinessi, Bergamo 2003; G.C. A.: progetto e destino dell’arte, Atti del convegno, Roma … 2003, a cura di S. Valeri, in Storia dell’arte, suppl. al n. 112 (settembre-dicembre 2005); Segni multipli. Opere grafiche della Donazione A. (catal.), a cura di L. Ficacci - A. Tosi, Pisa 2007; V. Russo, G.C. A.: restauro, critica, scienza, Firenze 2009; Il “gusto dei problemi”: il manuale di G.C. A. e l’insegnamento della storia dell’arte nella scuola di oggi e di domani, Atti del convegno…, a cura di I. Baldriga, Firenze 2010; Progettare per non essere progettati: G.C. A., Bruno Zevi e l’architettura, Atti del convegno internazionale…, a cura di A. Zevi - C. Gamba, Roma 2010; A. e l’insegnamento universitario. Gli anni palermitani 1955-1959, Atti del convegno, Palermo… 2011, a cura di M.C. di Natale - M. Guttilla, Bagheria 2013; A. et Chastel. L’historien de l’art savant et politique. Le rôle des historiens de l’art dans les politiques culturelles françaises et italiennes, Atti del colloquio internazionale…, Roma… 2012, a cura di C. Gamba - A. Lemoine - J.-M. Pire, s.l. [ma Parigi] 2014.